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Ibrahimovic uomo del destino, decisivo per lo Scudetto senza giocare: ha vinto nello spogliatoio

Lo svedese lo sapeva già dal giorno del suo ritorno in rossonero: “Riporterò il Milan alla vittoria” ed è stato letteralmente di parola. Due anni e mezzo dopo il miracolo è stato compiuto.
A cura di Enrico Scoccimarro
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Esiste un uomo che ha completamente stravolto il destino del Milan, portandolo alla conquista del suo 19° scudetto, e si chiama Zlatan Ibrahimovic. L'attuale successo dei rossoneri è infatti inciso su un'altra data, oltre a quella di ieri: 1 gennaio 2020, il giorno del ritorno di Ibra nella Milano rossonera che lo riabbracciava. La società meneghina accoglieva così il nuovo anno, ancora inconsapevole che avrebbe comportato, oltre all'inizio di una pandemia, la propria rinascita.

Già il giorno del suo ritorno, infatti, nella conferenza di presentazione, Zlatan lo aveva detto chiaro e tondo: "Riporterò il Milan dove merita, e quindi a vincere il campionato". Le sue parole sembravano pura utopia al tempo, con un Milan completamente allo sbando e il cambio di panchina già pronto con Stefano Pioli messo alla porta e l'ombra di Ralf Rangnick alle sue spalle. "Il solito Ibra" si pensava, sempre pronto ad autoesaltarsi. E invece, il leone svedese non scherzava: ha mantenuto fede alle sue parole e oggi può vantarsi del suo 12º titolo nazionale in carriera, frutto della sua genesi.

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Sin dalla sua prima partita infatti il Milan sembrava subito aver cambiato colore: si percepiva un cambiamento di umore e carattere in tutti i giocatori in campo, ma anche sul volto di mister Pioli. Il diavolo aveva toccato il fondo, perdendo ben cinque gol contro l'Atalanta a Bergamo, sbeffeggiati dai tifosi rivali allo stadio. Già due partite dopo, in casa del Cagliari, alla sua prima da titolare Ibrahimovic aveva messo a segno il 2 a 0 definitivo: rossoneri sembravano già rianimati. Da quel momento, per i rossoneri è cominciata l'ascesa che ha portato al successo di oggi.

Oltre allo stesso Zlatan, le sue intenzioni e capacità erano state preannunciate dal suo storico amico e procuratore Mino Raiola, scomparso proprio poco fa: "Non è un nuovo Ibra, perché per me è sempre quello solito, che ha voglia di vincere". Nonostante i dubbi che c'erano a causa dei suoi 38 anni già compiuti, Raiola era stato chiaro: "Il mio obiettivo invece è quello di farlo finire, se proprio deve finire la sua carriera che io spero non finisca mai, in una delle più grandi squadre d'Europa". 

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Insieme a Raiola c'era proprio Pioli, esaltato e confortato dall'approdo in rosa di un campione del suo calibro: "Ibra è già un punto di riferimento. La squadra si abituerà alla sua presenza". Parole profetiche: lo svedese la scorsa stagione è stato trascinatore dentro e fuori dal campo, mentre questa stagione, seppur presente per pochi minuti sul terreno di gioco, ha dato un apporto decisivo come uomo spogliatoio, come dimostrano le sue parole prima di Verona-Milan, che rimarranno iconiche nella storia rossonera: "Del Milan tutti si ricordano chi ha vinto Scudetti e Champions League, quindi se vogliamo farci ricordare abbiamo tre partite". Missione compiuta, anche grazie a Zlatan.

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