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I 45 anni di Francesco Totti, l’uomo che ci ha fatto conoscere la luce e il suono del gioco

Oggi Francesco Totti compie 45 anni e siamo sicuri fosse stato per lui sarebbe ancora su un campo di calcio. Invece il 28 maggio 2017 ha detto addio, spegnendo la luce e lasciandoci al buio. Non abbiamo più visto nessuno con la sua morbidezza nel calcio e con le sue improvvise idee illuminanti. Nell’attesa che qualcuno riempia questo vuoto, possiamo ricordare tutto quello che abbiamo sentito.
A cura di Jvan Sica
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Il 28 maggio 2017 si è spenta la luce. Si è staccata di netto e anche se tutti sapevamo purtroppo che sarebbe un giorno successo, abbiamo comunque avuto paura del buio, immalinconendoci mentre cercavamo e cerchiamo un altro lume. Il 28 maggio 2017 Francesco Totti si è ritirato dal calcio giocato e tutto quello che abbiamo visto con gli occhi e ammirato con tutti gli altri sensi, come pochi altri nella storia del calcio italiano sono riusciti a stimolare, si è eclissato con lui.

Totti era un’esperienza sinestetica perché non era un calciatore che si doveva solo guardare su un campo di calcio, quello che il pallone faceva insieme a Totti era un’esperienza più completa. Cerca di spiegarlo un suo compagno di squadra degli ultimi tempi, Gervinho, con queste frase: “Giocare con lui è stata la cosa più bella del mondo, ti mandava in porta con gli occhi”.

Il colpo al pallone di Francesco Totti era parte del campione e del suo gioco. L’udito doveva essere aguzzo perché in base al rumore, sordo, morbido, pieno o sghembo che il pallone calciato da Totti restituiva, così compagni e avversari dovevano muoversi e di conseguenza gli spettatori dovevano predisporsi. Il pallone colpito da Totti aveva sempre un canto speciale, una melodia rotonda, un musicologo troverebbe centinaia di similitudini in musicisti ispirati di tutto il mondo.

Questa naturalezza acustica del calcio di Totti è molto probabilmente dovuta all’idea che Gigi Riva aveva di lui: “Sembra quasi che quando è nato, il Padreterno gli abbia detto: vai giù e gioca a pallone e basta. E lui ha fatto quello che gli è stato ordinato”.

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Il calcio di Totti poi era anche tatto, fatto di eleganza popolare nel gesto, di imperiosità sottile nei movimenti e di dolcezza bronzea nel calcio. Quando toccava la palla il cuoio e la pelle avevano una relazione differente rispetto al normale, più intima, più vera. Questo incontro era figlio di un’altra pelle e di una carne speciale, quella dei piedi, capace di far passare l’impulso nervoso dal cervello al pallone senza limitarne il desiderio.

Totti era anche un odore, gli avversari se ne sono accorti nelle serate di grandezza e gli addetti ai lavori lo hanno compreso. Un odore mai sentito, come indica Matteo Marani quando scrive: “Non si era mai visto prima di lui un "10" fisicamente così forte, un fantasista con stazza da bomber. Come del resto non si era mai visto un centravanti con quei piedi”.

In poche parole, per descrivere Totti dovremmo utilizzare il concetto di “forma pura”, ovvero di un elemento unico e molto particolare che non può essere più ripetuto. Dalla forma pura possono venire fuori dei modelli magari avanzati in alcuni particolari, ma mai un esemplare conforme alla purezza che Totti esprimeva senza lesinarsi mai, partita dopo partita. La purezza di Totti è riscontrabile in parte nelle parole di Cesare Prandelli: “Vedeva spazi e traiettorie che non erano pensabili, ma lui le semplificava in modo disarmante. Quando lo vedevamo all'opera, io e i miei collaboratori, restavamo colpiti da questa sua immensa dote di giocare il pallone senza nemmeno vedere il posizionamento del compagno. Lui sapeva già dove mettere la palla, con precisione estrema”.

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Siamo al buio quindi, qualcuno accenderà ancora una volta la luce in futuro, è sempre accaduto nella storia del calcio. Ma per adesso siamo qui, aspettiamo e molti di noi brancolano, muovendo in maniera scomposta le braccia. Ricordando però quel 28 maggio 2017 non siamo solo a bagnomaria nella malinconia, tutti hanno flash, hanno lampi tottiani nella testa, momenti precisi che riverberano quella luce. E allora non c’è tristezza, perché quegli attimi di luce che restano fanno dolce il ricordo e serena l’attesa.

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