Gian Piero Ventura a Fanpage.it: “Italia-Svezia figlia di tante cose extra-calcio”
"Questa è la prima volta, dopo 36 anni, in cui non ci sono per scelta". Archiviata l'esperienza alla Salernitana e in attesa di una nuova panchina, Gian Piero Ventura sta osservando quasi dall'esterno l'evolversi dal calcio italiano, alle prese con la pandemia e le sue svariate conseguenze. L'attualità, oggi, parla di tamponi e protocolli, quasi più che di campo. Tre anni fa, di questi tempi, si parlava invece soltanto di Italia-Svezia e dell'eliminazione degli azzurri dai Mondiali del 2018. Una ferita ancora aperta per tanti appassionati. E, inevitabilmente, per Ventura, ct di quella Nazionale: "Io sinceramente quella gara di Milano l'ho cancellata dalla mia memoria".
A tre anni di distanza fa ancora male.
"È stata una partita segnata in partenza, perché l'ambiente era estremamente negativo. Ricordo invece con più sofferenza l'andata, in cui abbiamo perso 1-0 senza aver subito un tiro in porta, con un tiro deviato, dopo aver sbagliato due gol a porta vuota e dopo aver preso un palo, con la palla che ha camminato sulla linea. Quella la ricordo con rammarico, l'altra si era invece creata una situazione di forte difficoltà, figlia non tanto di un aspetto calcistico ma di tante altre cose di cui preferisco non parlare più".
Visto da fuori, che effetto le fa questo calcio in ostaggio del Covid?
"Mi mette tristezza, perché è un calcio che non è calcio. Senza pubblico è un calcio senza entusiasmo. È un calcio in cui gli allenatori hanno avuto pochissimo tempo per programmare e lavorare, un calcio di positivi che quindi sfalsano completamente qualsiasi tipo di programmazione. È un'annata che va presa per com'è, qualsiasi cosa accada va accettata sapendo che ci sono talmente tanti ingredienti che vanno a ‘cozzare' contro quella che è la regolarità e l'essenza di un campionato di calcio di Serie A".
Che idea si è fatto sul famoso protocollo? Lei l'ha testato sul campo.
"Il calcio italiano ha reagito come poteva reagire, per quelli che erano i mezzi a disposizione. Juventus-Napoli? È una situazione difficile da commentare. Come dicono tutti se ci sono le regole vanno rispettate. Al di la di quell'episodio, credo che il protocollo per il calcio sia fatto abbastanza bene. Noi facevano un tampone ogni 4 giorni, e se tu dopo 2 settimane sei negativo parti dal presupposto che vai in campo da negativo. Poi con squadre che hanno 18/19 positivi chiaramente è un campionato che dal punto di vista numerico viene falsato. Queste però sono le regole del gioco e se vogliamo portarlo a termine bisogna attenersi a queste regole. Magari se non ci fossero stati gli Europei ci sarebbe stato un pizzico di tempo in più per programmare più di un rinvio per partita, però il tempo è ristretto e la situazione va accettata cosi com'è, con i pro e i contro".
Come si è conclusa l'esperienza alla Salernitana?
"A Salerno secondo me hanno funzionato molte cose. Non eravamo partiti per vincere il campionato, anzi la Salernitana arrivava da una salvezza conquistata ai rigori ai playout, con una squadra devastata dal punto di vista psicologico e una società in forte difficoltà. Mi hanno chiesto di dare una mano, perché ho molti amici lì, e l'ho fatto con piacere. Non posso pensare che qualcuno dica che la mia è stata una stagione negativa, quando un giocatore reduce da 2 retrocessioni consecutive in C a gennaio rifiuta 9/10 milioni di euro, o quando Akpa Apro oggi gioca in Champions League dopo essere stato in squadra con noi, o quando giocatori che venivano dalla C sono stati mandati in Under 21. L'unica cosa che c'è mancata è stato l'accesso ai playoff, che sarebbero stati la chicca finale di una stagione in alcuni casi importante, in altri molto importante. Secondo me si sono gettate le basi per un buon futuro".
In Serie A sta vedendo qualcosa di bello?
"Il Sassuolo. Credo che a livello di gioco si stia assestando su delle posizioni importanti. Al di là dell'ultima partita che non è stata straordinaria, ha sviluppato un calcio assolutamente propositivo e in alcuni casi molto divertente. Il tutto tenendo presente la qualità della rosa che non è come quella di altre squadre. Questo è un campionato dove, non avendo fatto preparazione e amichevoli, le squadre che sono partite con lo stesso allenatore dell'anno prima sono partite nettamente avvantaggiate".
Come il Milan…
"L'esempio del Milan e del Sassuolo è chiaro, così come in senso inverso è chiaro quello del Torino o quello della Juventus di Pirlo, che conosce bene l'ambiente ma che ha avuto poco tempo a disposizione per lavorare. Chi ha iniziato ex novo è evidente che è partito un poco ad handycap, non avendo avuto la possibilità di lavorare sul campo. Anche da questo punto di vista è un campionato anomalo".
Lei conosce bene Immobile. Perché con la Nazionale non riesce a rendere come con la Lazio?
"Immobile è un giocatore estremamente specifico. Se fa le cose che sa fare, credo che sia un giocatore straordinario, uno dei migliori d'Europa sotto questo aspetto. Quando è arrivato a Torino gli abbiamo fatto fare le cose che sa fare ed è diventato capocannoniere. Poi è andato al Borussia Dortmund a fare cose che non era abituato a fare e giocava poco e niente. Alla Lazio fa le cose che sa fare e infatti continua a fare gol. È un giocatore che va sfruttato per quelle che sono le sue caratteristiche. Ci sono squadre che usano gli attaccanti in un modo, altre invece in un altro. Ognuno fa le sue scelte, ci mancherebbe, ma detto cosi sembra che Ciro non sia all'altezza della Nazionale. Invece io credo che abbia qualità straordinarie, altrimenti non avrebbe vinto la Scarpa d'Oro l'anno scorso".
Quando la rivedremo in panchina?
"Ho avuto 2/3 possibilità, ma dopo il lockdown e dopo il campionato scorso per la prima volta ho sentito un po' di stanchezza e ho scelto dopo tanti anni di recuperare. Dopo quelle offerte che mi sono arrivate, una anche discretamente importante, non ero proprio in condizioni di ripartire immediatamente perché mi sentivo stanco. Sono contento di aver fatto questa scelta, ne avevo bisogno. Adesso sto bene, ho ricaricato le batterie e adesso sì che mi manca il calcio e che sono pronto a ripartire. Non ero abituato a star fermo, perché per tanto tempo ho avuto la fortuna di fare sempre il lavoro che mi piaceva. Oggi ho ancora lo stesso entusiasmo di prima, vediamo che succede nel prossimo futuro anche se la situazione difficile ha cambiato gli scenari".