Federico Pastorello: “Di noi agenti vedono i soldi, ma non sanno cosa c’è dietro. Ho fatto anche divorzi”

Intervista a Federico Pastorello, procuratore tra i più importanti nel mondo del calcio: storie e retroscena della vita di un agente, che racconta senza filtri anche la sua sfera personale.
A cura di Redazione Sport
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di Ilaria Mondillo, Gaia Martignetti, Sergio Chesi

Federico Pastorello arriva a Napoli in tarda mattinata. Passa in redazione a Fanpage.it e ci concede un paio d'ore per una lunga chiacchierata, poi rotta verso lo stadio Maradona per la partita del Napoli e serata in compagnia di Lukaku e Meret, suoi assistiti. L'indomani riparte per rientrare a Monte Carlo, dove vive e ha il centro dei suoi interessi. Il giorno dopo il giro ricomincia con un altro viaggio, altri incontri, altri appuntamenti. È la routine frenetica di uno dei procuratori più importanti del mondo, da quasi 30 anni nel business con la sua P&P Sport Management, con un portafoglio di circa 200 assistiti nel calcio professionistico e svariati uffici sparsi tra un continente e l'altro. A Fanpage.it ha raccontato quello che non si vede del suo lavoro e della sua vita, andando oltre le semplici cronache di calciomercato: aneddoti e retroscena, i segreti del mestiere e i pensieri dell'uomo che si nasconde dietro l'immagine patinata del procuratore. Senza alcuna preclusione: "Volete vedere il mio telefono? Va bene".

Federico Pastorello, procuratore sportivo. Definisci il tuo lavoro senza mai parlare di calcio.
Seguiamo i nostri ragazzi in tutto, non solo per quello che riguarda la carriera che è il main business. Ci occupiamo di tantissime altre cose, dal trovare gli appartamenti, alla logistica, tutto quello che riguarda gli aspetti fiscali, legali, i traslochi, le acquisizioni delle macchine. Ho fatto anche un paio di divorzi per loro.

Si può sapere per chi?
Non posso, dai. La privacy.

Dei procuratori si dice che "sono il male del calcio". C'è qualcosa che dall'esterno non si comprende del vostro lavoro?
Siamo un po' la parte cattiva, no? Il tifoso vuole l'interesse della propria squadra. Noi però ci occupiamo della carriera dei nostri ragazzi, quindi se per un calciatore riteniamo che sia meglio cambiare club, è ovvio che noi dobbiamo farlo indipendentemente da simpatie o antipatie. L'aspetto economico è prioritario perché alla fine per loro è un lavoro. Ed è un lavoro che dura molto poco. Quindi l'ideale è cercare di ottimizzare questo tempo.

Federico Pastorello ad inizio carriera con il padre Giambattista.
Federico Pastorello ad inizio carriera con il padre Giambattista.

Quand'è che hai capito che saresti diventato procuratore sportivo, che avresti fatto questo come mestiere?
Io ho avuto la fortuna di essere figlio d'arte. Papà (Giambattista Pastorello, ndr) ha fatto una bellissima carriera da dirigente sportivo in Italia. Quando avevo 18 anni, dopo aver iniziato l'università, l'ho seguito in alcune trattative: Dino Baggio, Hristo Stoichkov. Però ce n'è una in particolare alla quale ho davvero partecipato, che è quella che portò Fernando Couto dal Porto al Parma. Papà allora era direttore sportivo e mi portò con con sé. Fernando era un ragazzo molto giovane e quando arrivò il suo agente mi disse: "Dammi una mano, già che sei lì su Parma". E l'ho aiutato a trovare l'appartamento. Poi fece un piccolo incidente con la macchina e quindi mi dovetti occupare un po' del discorso con la Stradale, con l'assicurazione. Pensai: "Mamma, che bello". Lì ho capito che quello era il mio lavoro dei sogni.

Di trattative ne hai concluse un'infinità. Qual è quella che vivi come un bivio della tua carriera?
Sicuramente la trattativa che ha portato Stefano Fiore dal Parma alla Lazio nel 2001. All'epoca era la Lazio di Cragnotti, fu un trasferimento monstre: 75 miliardi di vecchie lire per acquisire Giannichedda e Fiore. Non sapevo quanto chiedere e pensai: "Proviamo a sparare una cifra molto alta". Alla fine accettarono e divenne il mio primo contratto importante, 5 miliardi di vecchie lire. Il ragazzo fu contentissimo, non gli dissi nemmeno quanto avrei voluto chiedere. Lui si aspettava decisamente meno. Mi regalò un bell'orologio, che ho ancora conservato.

Sei attivo da 30 anni ormai.
Per la precisione 29, quindi 58 sessioni di calciomercato. Oltre 800 contratti fatti fra rinnovi e trasferimenti. Oggi ho 52 anni, sono ancora relativamente giovane, però ho maturato un'esperienza che mi sta aiutando a rimanere a certi livelli anche dopo così tanto tempo.

Com'è la tua giornata tipo durante le sessioni di calciomercato?
Strapiena perché ci sono spostamenti da fare. Sono una persona che crede molto nel rapporto interpersonale, quindi quando posso vado sempre di persona. Conosco molto bene gli aeroporti. Ultimamente ho preso più di 130 aerei all'anno. Prima era prevalentemente Europa, ora c'è il Brasile, un mercato che stiamo seguendo tantissimo, poi l'Arabia Saudita.

Pastorello in uno dei suoi uffici in Brasile.
Pastorello in uno dei suoi uffici in Brasile.

E la tua routine?
La mattina ci svegliamo molto presto e si va a dormire molto tardi, 4-5 ore di sonno al giorno. La media giornaliera del telefono è 14-15 ore di attività fra WhatsApp, email e tutto quello che serve. Poi riunioni, spostamenti, appuntamenti e trattative. C'è tanto stress perché, nonostante io abbia dei validissimi collaboratori, cerco sempre di fare personalmente il 90-95% delle trattative. I ragazzi scelgono noi anche per il fatto che sanno di essere seguiti da da me direttamente.

Hai parlato di WhatsApp: come sono le chat tra un procuratore e un suo calciatore ?
Ovviamente parlo tantissimo con tutti. C'è chi è più riservato, ad esempio Alex Meret. Lukaku invece è una persona a cui piace parlare, quindi spesso facciamo anche delle telefonate. Ho Stefan De Vrij che chiama sempre in video, perché gli piace avere questo contatto. Però se dovessi scegliere una chat più significativa forse sceglierei quella con Skorupski. Abbiamo un gruppo in cui c'è anche la moglie, molto coinvolta nelle sue scelte, nel quale parliamo di tutto.

Come nasce il rapporto tra calciatore e procuratore?
Io sono un po' della vecchia scuola. Mi rapporto inizialmente con il cuore, visto che i ragazzi diventano la mia famiglia. Dovrò chiedere scusa perennemente alle mie figlie, perché ovviamente per questo lavoro ho dovuto togliere loro molto tempo dell'essere padre. Ma quando ti occupi di questi ragazzi serve essere disponibile 24 ore su 24, Natale, Capodanno, non ha importanza.

Nel calcio moderno questo aspetto è cambiato?
Oggi c'è sempre una figura di intermezzo che può essere un familiare, un amico, un avvocato. Noi agenti siamo più visti come uno strumento per far accadere un trasferimento, un contratto. Nel momento in cui questa cosa non succede, effettivamente c'è la tendenza a cambiare. Io penso di aver perso tre, quattro giocatori in 20 anni e nei successivi 10 ne ho persi 20 e presi altri 30. Il rapporto è diventato un po' usa e getta, più opportunistico. Se il risultato non arriva, purtroppo il giocatore cambia.

Federico Pastorello e la sua famiglia.
Federico Pastorello e la sua famiglia.

Hai svolto anche intermediazioni importanti, ad esempio per Conte al Chelsea. Come nasce questo tipo di situazione?
Dal fatto che ho dei rapporti privilegiati con i "decision maker", le persone che prendono le decisioni all'interno dei club. Ho avuto almeno un giocatore in tutti i grandi club del mondo e a volte agenti, magari più giovani, ci propongono i loro giocatori per provare ad ad aprire un ventaglio di opzioni più grande. Nel caso specifico il Chelsea era orientato sull'Italia. Mi fecero un paio di nomi e dissi loro: "Se dovete prendere un allenatore italiano, prendete lui perché per me è il più bravo". Mi vennero dietro e organizzammo un appuntamento. Diedi qualche piccolo suggerimento su come prepararlo e, da un incontro che doveva durare un paio d'ore, restammo nove ore a casa Abramovich.

Suggerimenti al Chelsea o a Conte?
A Conte. Due anni prima organizzai un appuntamento per mister Spalletti col Chelsea e vidi cosa poteva piacere. Antonio preparò un video con tutti i suoi lavori e gli dissi: "Lo devi mostrare". Abramovich era appassionatissimo di calcio, di tattica. E il mister in questo era straordinario. Fu incredibile vedere le imagini di come, con formazioni diverse tra Juve e Nazionale, le sue giocate memorizzate portavano al tiro giocatori diversi, in momenti diversi, dalla stessa mattonella.

Anche per Simone Inzaghi hai fatto lavoro di intermediazione. Vogliamo chiarire una volta per tutte il timing dell'operazione con l'Al Hilal a ridosso della finale di Champions?
Ovviamente è nata prima, non sono trattative che si chiudono in una settimana. Ma vi posso garantire che la decisione è stata presa successivamente alla finale. Simone stesso mi disse che se avesse vinto quella partita non sarebbe andato via. Quella finale è stata talmente sbagliata, da tutti, che io non posso pensare sia successo a causa dell'allenatore che poteva essere distratto. Mister Inzaghi è un professionista e vincere una Champions fa la differenza nella carriera di qualsiasi allenatore. Io capisco tutto, ma sono storie completamente inventate: lui è rimasto concentrato sull'Inter fino all'ultimo giorno di lavoro. Ha chiuso proprio ogni tipo di conversazione 4-5 giorni prima della finale.

Pastorello con Simone Inzaghi al momento della firma con l’Al Hilal.
Pastorello con Simone Inzaghi al momento della firma con l’Al Hilal.

Ora nella tua agenzia c'è il figlio, Tommaso Inzaghi.
Tommy è un bravissimo ragazzo e il motivo per cui lavora con noi non è il papà, ma la mamma. Conosco Alessia Marcuzzi da tantissimi anni perché è stata fidanzata a lungo con Carlo Cudicini, che era mio assistito ai tempi del Chelsea. Abbiamo fatto feste e vacanze assieme. Chiamò lei per chiedermi se potevo dargli una una mano, perché Tommaso voleva fare questo mestiere. È un ragazzo con tantissimo entusiasmo e molto educato per la posizione che ha, per essere il figlio di chi è. Ha una voglia di fare clamorosa e sono convinto potrà fare una bella carriera da agente.

Specialmente ad inizio carriera sei stato anche talent scout. Forse Evra è il caso più eclatante.
Era al Monza in Serie C e il direttore sportivo dell'epoca mi disse: "Guarda, ti regalo il cartellino, basta che me lo togli da qui perché è un disastro e non lo voglio più vedere". Io ho avuto l'intuizione di portarlo a Nizza. C'era Mister Salvioni che era un uomo di grandi valori e disciplina, secondo me era quello di cui aveva bisogno. Lui giocava esterno d'attacco, ma per emergenza giocò una partita adattato da terzino. Fece una prestazione straordinaria e da lì iniziò a giocare tutte le partite. Fu eletto miglior terzino della Ligue 2 e lo portai al Monaco di Deschamps. Poi da lì è andato al Manchester United di Ferguson e ha vinto 23 o 24 trofei. La sua storia è incredibile: da uno scartato a essere uno dei giocatori più importanti tanti che abbia mai gestito.

Lui è un bel personaggio. Qual è la cosa più folle che ti ha combinato?
Ricordo più che altro una storia da film. Arrivò in scadenza di contratto al Nizza, che era di Franco Sensi, ma il club venne venduto. Pensai: "Ora lo porto al Monaco". Ma la nuova dirigenza voleva far di tutto per provare a venderlo. Arrivarono praticamente a rapirlo: lo caricarono fisicamente in una macchina e lo chiusero per ore in un ristorante, quasi minacciandolo per ottenere la firma sul contratto. Noi non riuscivamo a trovarlo, non rispondeva al telefono. Alla fine firmò qualcosa, ma fortunatamente sbagliarono e non gli fecero siglare tutte le copie, come da regolamento. Quando lo liberarono, lui era in lacrime, aveva 20 anni a quel tempo. Ci disse: "Mi hanno obbligato a firmare, hanno detto che mi vendono al Barcellona". Mandai uno dei miei collaboratori a prenderlo per portarlo da me a Monte Carlo. Non mi fidavo di lasciarlo a casa sua a a Nizza.

Pastorello con Patrice Evra.
Pastorello con Patrice Evra.

Hai seguito per anni Pepito Rossi. Ricordi il momento più difficile della sua sfortunata carriera?
Già il primo il primo crociato è stato una brutta botta, ma l'episodio che lo ha condizionato per sempre è stato il secondo infortunio. Quando si è fatto male la seconda volta ero in sede al Bayern Monaco per chiudere il trasferimento. Avevamo anche trovato l'accordo. Ricordo che lo chiamavo per dirgli questa cosa e non rispondeva. Poi mi arriva un messaggio di Andrea, mio fratello: "Guarda che Giuseppe si è rifatto male". Poi ci siamo sentiti e ovviamente era in lacrime. Si era reso conto subito della gravità dell'infortunio, lo stesso ginocchio operato sei mesi prima. Essendo un ragazzo estremamente intelligente, sapeva cosa cosa sarebbe significato.

Lukaku: da fuori è un gigante, dentro invece?
È un leader. Io ci sono tanto affezionato perché intanto è un padre attentissimo. Fa tante cose per i suoi ragazzi, li segue. Da qui vedi la bontà dell'uomo, della persona. Ed è un ragazzo molto sensibile a suo modo. La gente vede questa sua stazza imponente come un gladiatore, ma nella realtà è un leader con grande sentimento.

Il passaggio dall'Inter al Chelsea è stato un momento complesso.
Quel trasferimento ha sancito anche l'interruzione del nostro rapporto professionale. Poi ci siamo ritrovati a distanza di due anni. In quel contesto lì, quando ti arriva quel genere di opportunità, da professionista è sbagliato non accettare. Abbiamo pensato che potesse essere il momento giusto per capitalizzare tutto quello che aveva fatto. Dopo purtroppo sono successe una serie di cose che purtroppo han fatto sì che non si rivelasse la scelta migliore. In seguito lui fece una scelta, che io ho rispettato (interrompere il rapporto di procura, ndr). Ma il legame affettivo nei suoi confronti è rimasto intatto, tant'è vero che poi a distanza di due anni siamo tornati a lavorare assieme.

Pastorello insieme a Lukaku dopo la vittoria dello Scudetto con il Napoli.
Pastorello insieme a Lukaku dopo la vittoria dello Scudetto con il Napoli.

Quanto è delicato il rapporto tra i soldi e i calciatori?
È un grande nemico. Oggi ci sono ragazzi neanche maggiorenni che arrivano a firmare contratti milionari, magari dopo essere cresciuti in contesti di povertà e difficoltà. E magari ci arrivano per talento, senza aver ancora vinto trofei o aver dimostrato nulla come calciatore. Io su questa cosa lascio estrema libertà, non è il mio mestiere gestire i patrimoni dei miei ragazzi. Ma cerchiamo di dare consigli, come un genitore fa con un figlio.

C'è stato un calciatore che ti ha sorpreso per il modo in cui ha gestito i suoi guadagni?
Bernardo Corradi. Veniva da una famiglia col papà banchiere e il fratello dirigente di Azimut, quindi chiaramente è stato aiutato. Ma si vedeva già che aveva una predisposizione incredibile. Un esempio molto più recente è quello di Roger Fernandez (20enne calciatore portoghese, ndr). Quando facemmo il primo rinnovo col Braga comprò la casa per i fratelli e lui andò a vivere in affitto. Questo ti fa capire dire che il ragazzo è sano e ha i valori giusti.

E tu invece cosa hai fatto quando hai chiuso il primo contratto importante?
Ho fatto un mutuo e ho comprato subito la prima casa. Chiesi un piccolo prestito al papà, che poi ho restituito, e comprai un appartamento dove andare a vivere. Ho sempre avuto questa mania delle case, di investire nel mattone. Sono un po' vecchio stampo.

Tra procuratori siete più rivali o più solidali?
Io credo di avere buoni rapporti col 90% dei miei colleghi e ho la fortuna di essere membro del consiglio direttivo della nostra associazione, l'AIACS. Dopodiché, purtroppo, spesso ci troviamo sugli stessi obiettivi, in situazioni di conflitto, e alcune volte ci si ritrova a discutere. Quindi c'è rivalità, ma anche rispetto.

Pastorello con il premio di miglior procuratore al mondo vinto nel 2021.
Pastorello con il premio di miglior procuratore al mondo vinto nel 2021.

Perdere o acquisire un calciatore: avete delle regole da rispettare tra di voi?
Un giocatore sotto procura non dovrebbe nemmeno essere contattato. L'accesso alle informazioni viene garantito, quindi tu puoi informarti su che tipo di scadenza ha un calciatore col proprio agente, ma devi aspettare che sia libero da procura per contattarlo. Ma non sempre viene fatto, soprattutto dalle nuove leve. I giovani sono molto più "wild"e vanno un po' tenuti a freno. Con gli agenti con cui hai rapporto c'è comunque la tendenza di informare, dopodiché sta tutto nell'onestà intellettuale dell'interlocutore.

È vero che col lancio del contratto di Milito hai cambiato le regole del calciomercato?
All'epoca c'erano i box. L'anno dopo misero delle reti sopra, perché le paratie erano aperte. Poi addirittura li chiusero, spostando tutto all'interno delle stanze. A prova di lancio.

Raccontaci quella storia.
L'idea nasce 24 ore prima, di notte, con Preziosi che mi chiama disperato. Gli erano saltate tutte le trattative per prendere l'attaccante ed eravamo in buoni rapporti. Gli suggerisco: "So che c'è Milito in rotta col Saragozza, vuole andar via". Lui si è infiammato e abbiamo iniziato a lavorare da subito, però c'erano di mezzo 1500 problemi. Il Saragozza doveva un sacco di soldi a Milito e non volevano darglieli. Alla fine riusciamo a trovare la quadra di tutto, ma mancavano cinque minuti alla chiusura (alle ore 19, ndr). La firma del presidente del Saragozza arriva giusto alle 19. Io do il contratto a Lorenzo, un mio collaboratore: "Corri a depositarlo". Nel frattempo avevano comunque depositato il contratto economico tra il ragazzo e il Genoa, quindi mancava l'accordo di trasferimento, che era quello di cui mi occupavo.

Poi, colpo di scena.
Io contento mi avvio al box, saranno state le 19:04, e vedo Lorenzo con il contratto in mano fuori dalla porta: "Eh, ho trovato chiuso". Ero al telefono col presidente del Saragozza, prendo d'istinto il contratto e lo butto dentro, dove c'era il segretario del Genoa. Vado subito via, ma siccome c'erano tutte le telecamere quella roba lì è diventata storica.

E sei diventato "famoso".
Mi chiamò addirittura il capo degli Ultras del Genoa. Divenni l'idolo del tifoso genoano per quel trasferimento, perché poi quell'anno fece 34 gol e venne venduto per 50 e rotti milioni all'Inter. A distanza di due anni poi incontrai Milito in tribuna, perché era squalificato. Noi non ci conoscevamo neanche, perché io avevo parlato col suo agente e col presidente. Ricordo che mi batté sulla coscia e disse: "È a te che devo dire grazie se è successo tutto questo?". Una bellissima storia.

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L'ultimo giorno di mercato regala sempre storie.
Un'altra bella è quella di Candreva. Al Cesena le cose non funzionavano e lo proposi a al presidente Lotito, con il quale ho un legame speciale. Gli dicevo: "Deve prendere questo giocatore, si fidi perché è forte". Tra altre cose, il Cesena accettava lo scambio con Del Nero, quindi c'era la possibilità di fare uno scambio. Dovetti insistere, quasi urlando al telefono, dicendo: "Presidente, questa cosa la deve fare". Alla fine si convinse, ma anche lì all'ultimo: facemmo correre il segretario del Cesena per andare a depositare e ce la facemmo.

Qual è la controparte più arcigna che si può incontrare al tavolo delle trattative?
Devo tirare fuori lo stesso nome. Le operazioni più estenuanti sono sempre state quelle col presidente Lotito. È una persona molto impegnata, fa mille cose contemporaneamente, tre telefonini: è un inferno. Forse è il motivo per cui sono divorziato (ride, ndr), ma ho dovuto fare due volte il Ferragosto a casa sua, a Cortina, per chiudere dei rinnovi. Immaginate la coda in macchina per andare a Cortina a Ferragosto.

Come ti immagini in un'ipotetica vita lontana dal calcio?
Cuoco. Starei a casa a cucinare e a fare il papà. Questo è quello che non sono mai riuscito a fare. Io purtroppo a casa ci passo uno o due giorni alla settimana perché viaggio moltissimo. Per me la vacanza, tecnicamente, è stare a casa.

Abbiamo visto su Instagram le immagini della proposta di matrimonio.
Sì, un momento bello. La vita personale va vissuta e condivisa. La persona che sta con me deve sapere che purtroppo questo lavoro o lo fai appieno o non lo puoi fare. Io poi non non riuscirei a farlo in maniera diversa. Quindi ci si conosce prima, si vede un po' com'è l'andazzo e se va bene, va bene. Speriamo di evitare di fare altri Ferragosto in giro.

Quanto si sacrifica dell'uomo per una carriera come la tua?
Tanto. Il telefono diventa praticamente un compagno fisso, devi essere accessibile e disponibile per tutti. Sempre di buon umore, con la risposta giusta. La gente vede i milioni, le commissioni, i trasferimenti. Ma è un lavoro impossibile da fare per così tanto tempo senza amarlo come lo amo io. Perché ti logora. I tuoi amici sono i tuoi calciatori, che sono comunque clienti. I rapporti con la famiglia sono ridotti all'osso. Da fuori pensano sia tutto facile, ma nella realtà non è così. Io non mi lamento: sono grato di fare questo mestiere, che non cambierei mai.

Federico Pastorello con la compagna Amanda Linnea.
Federico Pastorello con la compagna Amanda Linnea.

Avrai avuto un momento di sconforto.
Ricordo un mercato, in modo particolare, nel quale alcune situazioni proprio non si sbloccavano. Mi fermai in un autogrill a mangiare due gelati, mentre pensavo a cosa non ero riuscito a fare e cosa avrei dovuto fare nei giorni successivi. L'anno in cui Lukaku mi ha lasciato (2021, ndr) c'erano stati dei problemi anche con un altro mio grande calciatore. Vidi i miei collaboratori un po' preoccupati. In quel momento lì la cosa più importante è mantenere i nervi saldi.

Quando ti sei reso conto che ce l'avevi fatta?
Ci sono stati alcuni momenti. Quello di Lukaku dall'Inter al Chelsea è stato un trasferimento lunghissimo, difficilissimo. Quando alla fine ho avuto l'ok è stata una liberazione. Ero a Folgaria, sempre nei giorni di Ferragosto. Lanciai il telefono 10 metri per aria quando Marina Granovskaia accettò le ultime condizioni richieste dall'Inter. E poi quando mi diedero il premio di miglior agente al mondo a Dubai, davanti alla mia famiglia e alle mie figlie. Un momento di grande orgoglio personale.

Ricorda un appuntamento saltato per il quale oggi chiederebbe scusa?
Direi di no, perché nei momenti veramente importanti sono riuscito comunque sempre a esserci. Ricordo la nascita della prima figlia. Ero in macchina con i dirigenti del Saragozza quando mi comunicarono che alla mia compagna si erano rotte le acque. Loro furono molto gentili, nonostante fossimo in tangenziale a Milano. Mi dissero: "Lasciaci qui, prendiamo un taxi, tu corri e vai". E fortunatamente arrivai in tempo.

Quanto hai perso delle tue figlie per questo lavoro?
Tante cose, essendo sempre in giro, nonostante si provi a essere presente nei momenti che contano. Cerco sempre di dedicare il tempo che posso, ma ho due ragazze molto brave, intelligenti, che capiscono. Come la mia compagna: sa qual è il mio lavoro, l'ha imparato a conoscere e a conoscere i sacrifici indiretti che si devono fare. Poi ovviamente ci sono anche i benefici, no?

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