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De Zerbi: “Rabiot e Rowe si picchiavano mentre rianimavamo un compagno: mai visto nulla di simile”

De Zerbi racconta la violenta lite nello spogliatoio dell’Olympique Marsiglia: accuse all’entourage di Rabiot e difesa della scelta del club.
A cura di Marco Beltrami
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Un fiume in piena. Roberto De Zerbi non ha nemmeno aspettato di ricevere la domanda – scontata – sul caso Rabiot e ha iniziato il suo intervento in sala stampa dando la sua versione su quanto accaduto in casa Marsiglia. Un monologo che a tratti ha assunto i contorni di uno sfogo, soprattutto contro l’entourage del centrocampista e in particolare contro la madre, che aveva attaccato la dirigenza dell’OM.

Véronique Rabiot non crede che dietro l’allontanamento del figlio ci sia stata la pesante rissa con Rowe. Se la signora ha minimizzato l’episodio, De Zerbi ha voluto invece offrire una visione diametralmente opposta: "In un posto di lavoro, due dipendenti – due camerieri, due avvocati, deux operai… – vengono alle mani. Come in un pub inglese, una rissa davanti al direttore sportivo, all’allenatore, con un compagno steso a terra perché aveva perso conoscenza. Il club, quindi il datore di lavoro, che cosa deve fare? Ci sono due soluzioni in questi casi: o la sospensione, o il licenziamento".

De Zerbi racconta la rissa tra Rabiot e Rowe

Di fronte alle mancate scuse di entrambi è arrivata l’esclusione, anche per rispetto delle gerarchie interne al club: una decisione che De Zerbi considera più che giusta. Del resto, lo stesso tecnico ha ammesso di non aver mai visto una rissa del genere nella sua carriera calcistica: "È stata davvero una rissa, i bodyguard del club hanno dovuto separarli. È l’unica volta che mi è capitato di assistere a una cosa simile. Non mi scandalizza, vengo dalla strada, sono abituato… ma vedere che i bodyguard, che normalmente devono difenderci da altre persone, sono stati costretti a difenderci da noi stessi…".

Entrando poi nello specifico: "È vero, non si sono rotti i denti in questa rissa, ma una rissa del genere non l’avevo mai vista in tanti anni di carriera", ha ribadito. "Sul momento non sapevo cosa dire né cosa fare. Vedevo il dottore che cercava di rianimare l’altro giocatore (Darryl Bakola, ndr), che era svenuto a terra, e Rowe e Rabiot che continuavano a colpirsi… Perché? Per una partita? Per una gara che secondo me avevamo giocato male, ma era solo l’inizio".

La risposta alla mamma di Rabiot

L’allenatore dell’OM non ha digerito gli attacchi di Véronique Rabiot e ha preso le difese del club, ricordando anche l’aiuto dato al giocatore: "Sua madre ha dimenticato due cose: non ho deciso da solo di escluderlo, ma ho deciso da solo di renderlo capitano a Parigi. E in un anno ho avuto più attenzioni e abbracci per suo figlio che per mio figlio. Quando dice che io urlo, è vero: a volte alzo la voce, perché nelle vene non ho acqua ma sangue caldo. Ma tante altre volte abbraccio, come ho fatto a Parigi quando siamo andati a giocare contro il PSG, cercando di far capire ad Adrien che eravamo tutti dietro di lui. Oppure quando, mi ha detto che stava cercando casa: gli ho detto “se vuoi ti lascio la mia ad Aix-en-Provence e io vado in hotel”. Non lo faccio per Rabiot, lo faccio per Adrien, come persona".

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