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Daniele Verde a Fanpage: “Ho fatto esultare Ronaldo il Fenomeno, ora sogno con lo Spezia”

Daniele Verde a 24 anni ha già accumulato un vasto bagaglio di esperienze nel calcio. A Fanpage.it ha raccontato il suo percorso, che l’ha portato a ritagliarsi il suo spazio nello Spezia: i sogni da bambino a pochi passi dal San Paolo, gli inizi con la Roma sotto l’ala protettrice di Totti, l’esperienza in Spagna con il Valladolid di Ronaldo e fino all’AEK Atene in Grecia.
A cura di Sergio Stanco
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Cosa può volere di più un ragazzo che è cresciuto nel mito di Maradona, e ha vissuto il San Paolo, che ha sognato di diventare come Ronaldo il Fenomeno, e se l’è ritrovato come Presidente, che ha imitato le giocate di Messi, e con lui ha scambiato la maglietta? “Ora posso anche smettere”. Scherza, ovviamente, Daniele Verde, perché a soli 24 anni ha tutta la carriera davanti e, oggi, sembra aver trovato definitiva consacrazione e la necessaria stabilità. Grazie a Spezia, club e città, ad un Direttore Sportivo che lo ha voluto fortemente e ad un tecnico che ne sta esaltando le doti. Che sono tante, intendiamoci, perché altrimenti uno come Bruno Conti non si scomoda per un provino, uno come Montella non ti fa firmare dopo mezzo allenamento e uno come Totti non ti prende sotto la sua ala protettrice. Dopo diverse (e positive) esperienze all’estero, Daniele ha sentito nostalgia di casa, aveva bisogno di affetto, passione e fiducia. Ha trovato tutto. E oggi vuole ripagare con una salvezza che, alla vigilia, quasi tutti consideravano impossibile. Quasi, perché Italiano e i suoi ragazzi ci hanno sempre creduto…

Allora Daniele, partiamo dall’inizio di questa avventura: come è nata l’opportunità Spezia e cosa hai pensato quando te l’hanno proposta?
“È nata soprattutto grazie al Direttore Meluso, che ha dimostrato di volermi dal primo all’ultimo secondo della sessione del calciomercato. E quando dico ultimo secondo, non esagero. Perché ad un certo punto la trattativa sembrava si potesse arenare, invece lui ci ha creduto fino alla fine ed è andata bene. Devo ringraziarlo per la fiducia e sto facendo di tutto per ripagarla”.

È stata dura lasciare Atene e cosa ti ha convinto?
“In Grecia sono stato molto bene, però è stata complicata dal punto di vista personale. Avevo la famiglia lontana, con una bimba appena nata e che non riuscivo a vedere per via del lockdown. Dal punto di vista professionale, invece, è stata un’esperienza fantastica, appagante e molto formativa. Avevo però voglia di tornare in Italia e riassaporare anche il calcio italiano, che secondo me resta uno dei migliori al Mondo”.

Squadra completamente rinnovata, rosa extra-large: ti saresti mai immaginato di fare così bene fin da subito?
“La verità è che tutti ci davano già per spacciati, forse perché alcuni di noi erano alla prima esperienza in Serie A, o forse perché non ci conoscevano. Certo, considerata la quantità di giocatori nuovi, potevano esserci dei dubbi su come potesse procedere l’integrazione, la coesistenza. Alla fine, però si è creato un bellissimo feeling tra tutti noi e di conseguenza sono arrivati anche i risultati”.

Si dice spesso che la forza di una squadra stia nel gruppo, ma lo Spezia probabilmente ne è la dimostrazione più evidente: tanto impegno e zero prime donne…
“E’ proprio così, è questo il nostro “segreto”, se di segreto si può parlare. E non è vero che lo Spezia non ha campioni, ne ha trentaquattro, che però lottano tutti insieme per lo stesso obiettivo. È questo che fa la differenza, ognuno di noi lascia il segno. Sappiamo benissimo che il talento non basta per ottenere i successi, per cui ce li guadagniamo ogni giorno con il sudore”.

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Di Mister Italiano si parla un gran bene, dal punto di vista professionale e umano: che impressione ti ha fatto, quale credi sia la sua migliore qualità e quanto c’è di suo in questa stagione?
“E’ un grandissimo allenatore che sta dimostrando di poter stare ad alti livelli. Sono sicuro che avrà una carriera importantissima, perché ha già dimostrato le sue qualità e con l’esperienza crescerà ulteriormente. La cosa che più mi ha colpito di lui, è la sua capacità di entrare in sintonia con i giocatori. Forse perché ha smesso da poco e non si è reso ancora conto di essere passato dall’altra parte (sorride, ndr). Comunque, ovviamente, ha grandi meriti in quello che stiamo facendo, perché ha sempre creduto in noi e ci ha trasmesso carica e motivazioni”.

Ultimamente, però, la classifica si è un po’ complicata, la gara contro il Verona ha il sapore della sfida decisiva: con quale stato d’animo affrontate questa gara?
“Noi non ci siamo mai illusi che fosse tutto facile, probabilmente abbiamo abituato tutti troppo bene. Per fortuna, abbiamo tenuto i piedi ben ancorati a terra, sapevamo che avremmo dovuto ancora lottare per arrivare all’obiettivo, quindi la cosa non ci spaventa. Non siamo né preoccupati, né spaventati e, come abbiamo sempre fatto, andremo a Verona a fare la nostra partita: credo che lo Spezia abbia dimostrato di avere la personalità di affrontare qualsiasi avversario con la stessa ambizione, cioè quella di giocarsela a viso aperto. Che si chiami Inter o Verona, per noi non cambia nulla”.

Il Verona nell’ultimo turno ha messo in grande difficoltà proprio l’Inter capolista, cosa ti preoccupa di più della squadra di Juric?
“Il Verona è un’ottima squadra, direi matura. In questo ultimo periodo sta avendo qualche difficoltà, ma anche nell’ultima partita ha messo in difficoltà un avversario fortissimo come l’Inter. Sappiamo che sarà dura e li rispettiamo, ma andremo al Bentegodi a fare il nostro calcio, come abbiamo fatto contro chiunque quest’anno, senza mai snaturarci. Anche questa è stata la nostra forza”.

Tu che hai vissuto San Paolo da spettatore, l’Olimpico da calciatore, hai giocato in Grecia, Spagna, che effetto fa uno stadio senza pubblico?
“E’ davvero strano, complicato, sembra un allenamento ogni domenica, senza tifosi non c’è gusto. Alla fine ci si abitua a tutto, ma io faccio ancora grande fatica. Ho sempre giocato in piazze caldissime, e anche Spezia lo è, e spero davvero che la situazione migliori presto, perché non esiste una partita senza tifosi. Anzi, non esiste proprio il calcio…”.

Ecco, forse qualcuno non sa quanta passione ci sia a Spezia…
“Davvero, qui c’è un calore pazzesco. Ho subito detto che mi sembrava di essere tornato in Spagna per il trasporto e l’affetto dei tifosi. La città è bellissima, la gente è fantastica, i tifosi ci aspettano agli allenamenti e fuori dallo stadio prima delle partite per incitarci. C’è davvero quella passione di cui ho bisogno per esprimermi al meglio…”.

A proposito di passione: napoletano verace, cresciuto a pochi passi dal San Paolo, nel mito di Maradona. Che ricordi hai dei tuoi sogni di bambino? 
“Io sono del quartiere Traiano, quindi proprio vicino al San Paolo. Cioè, per intenderci, quando al San Paolo segnavano un gol, a casa mia tremava la terra sotto i piedi (sorride, ndr). Purtroppo non sono riuscito a vedere Maradona dal vivo, ma l’ho vissuto attraverso il racconto di parenti e amici. E ho consumato le videocassette delle sue magie. I miei erano i tempi del Napoli di Pampa Sosa, andavo allo stadio e ricordo ancora i brividi. Sono sensazioni ed emozioni indimenticabili”.

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Ironia della sorte, però, è la Roma a scoprirti: ci racconti come è andata?
“Bruno Conti è venuto a vedermi nella scuola calcio in cui giocavo e mi ha portato a Roma a fare un provino. Ne ho fatto solo uno. Anzi, metà, perché mi hanno fatto firmare praticamente subito. Io ero davvero confuso: tanta era l’emozione e la gioia, che non capivo cosa stesse succedendo. Il mister del provino, poi, era Montella, un napoletano come me, che fino a qualche anno prima avevo visto giocare e che imitavo facendo l’aeroplanino dopo aver segnato. Mi sembrava tutto così assurdo, invece era tutto vero!”.

Tutta la trafila del settore giovanile giallorosso, poi la prima squadra: raccontami il primo incontro con Totti…
“Era davvero un sogno. Capirai, io vivevo a Trigoria e mi capitava di vederlo e ammirarlo da lontano, ma neanche mi azzardavo ad avvicinarmi. La prima volta in prima squadra ero bloccato, non riuscivo a parlare dall’emozione, ma lui invece è un ragazzo tranquillissimo, che scherza tanto e cerca sempre di metterti a tuo agio. Non ricordo una volta che abbia alzato la voce o abbia sgridato qualcuno, sempre calmo e positivo. Dava suggerimenti e consigli a tutti, ma senza mai mettere pressione”.

A parte Francesco, i tuoi idoli da ragazzino chi erano?
“A me sono sempre piaciuti i “giocolieri”, quelli capaci di inventare, fare la giocata. Il mio idolo da bambino era Ronaldo il Fenomeno, perché faceva cose inimmaginabili col pallone e le faceva ad una velocità devastante. Poi Ronaldinho, perché giocava divertendosi, mentre oggi guardo con piacere Neymar, che mi sembra la sua evoluzione in chiave moderna. Poi, ovviamente, ci sono gli extraterrestri come Messi e Maradona, ma quelli sono di un’altra categoria…”.

Ronaldo l’hai avuto addirittura come Presidente a Valladolid: raccontaci le sensazioni di quando te lo sei trovato di fronte…
“Anche in quel caso mi sembrava tutto così assurdo. Ho sempre sognato di diventare come lui e me lo sono ritrovato come Presidente. Incredibile. Ogni volta che mi capitava di incontrarlo, ero veramente emozionato. La soddisfazione maggiore è stata quando l’ho visto saltare in piedi ed esultare come un forsennato dopo un mio gol all’Espanyol al 92’ su punizione. Mi hanno raccontato la scena e mi son venuti i brividi, quando l’ho rivista in video quasi mi veniva da piangere…”.

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C’è qualcosa che si può raccontare della vacanza ad Ibiza con lui?
“Ma sì, dai, tutto, perché siamo andati tutti insieme, con lo staff e alcuni dirigenti. Ronaldo ci aveva promesso che, se ci fossimo salvati, ci avrebbe portati tutti in vacanza. E a fine campionato ha mantenuto la promessa. Diciamo che ha dovuto tenere un atteggiamento professionale, visto che era il Presidente (ride, ndr)”.

In Spagna hai avuto anche modo di incontrare l’altro tuo idolo Messi: che impressioni e che ricordi?
“In realtà non mi ricordo nulla, nemmeno il risultato. Sono rimasto incantato a guardarlo. E a fine partita sono anche riuscito a scambiare la maglietta con lui, che ora è in cassetta di sicurezza in banca. E guai a chi la tocca. Dico sempre che dopo aver avuto Ronaldo come Presidente, e aver scambiato la maglietta con Messi, ora posso pure smettere”.

Ad ogni modo, forse nemmeno Ronaldo, Neymar e Messi hanno segnato un gol come quello che hai fatto all’Olimpico contro la Lazio in rovesciata: ma cosa ti è venuto in mente?
“Sinceramente non lo so, è stato puro istinto. Conoscevo Fares per aver giocato con lui a Verona, sapevo quanto fosse alto e mi son detto che di testa non l’avrei mai presa. A quel punto ci ho provato, al massimo sarebbe andata in tribuna. E invece è venuto fuori un capolavoro. Devo dire che in allenamento mi diverto a provare le rovesciate, ma sinceramente non avrei mai pensato di poter fare un gol del genere in partita!”.

Se l’avesse fatto CR7 saremmo ancora qui a parlarne, no?
“Può essere, non lo so, ma non importa. Io sono contento di averci provato, perché per me il calcio è divertimento. Sai chi me l’ha insegnato? Mister Garcia. Dopo avermi fatto esordire è venuto da me e mi ha detto: “Se la prossima volta che ti metto in campo giochi ancora con paura e non ti diverti, con me hai finito”. Fu una grande lezione”.

Calciatore lo sei, il gol della vita l’hai fatto, qual è il sogno che vorresti ancora realizzare?
“Voglio restare a grandi livelli il più a lungo possibile, voglio dare tutto me stesso e lasciare il segno ovunque giochi. Mi piace far felici i tifosi, in modo che loro possano avere una bella considerazione di me e io possa lasciar loro un bel ricordo. Questo è quello che mi dà maggiore soddisfazione”.

D’altronde, quante volte ultimamente abbiamo sentito dire che il calcio è dei tifosi, no?

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