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Dal “més que un Club” allo sbando: la crisi del Barcellona non è solo l’addio di Messi

L’addio di Lionel Messi al Barcellona è deflagrato nelle ultime ore incendiando un’estate già caldissima: la ‘Pulce’ certifica così la profonda crisi del club catalano che adesso dovrà davvero ricostruire la propria immagine sia sportiva che societaria. Dai problemi economici ai cambi tecnici, passando dalle onte subite in campo: perché il Barça, oggi non è molto più di un semplice club.
A cura di Alessio Pediglieri
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Lionel Messi ha comunicato via fax al Barcellona che non intende continuare la sua avventura in azulgrana. Basterebbe questo semplice fatto per capire in quali acque si trovi la società catalana che sta vivendo la sua più grave crisi societaria e sportiva. Il Giocatore (con la ‘gi' maiuscola) di un'intera epoca, colui che ha legato il proprio genio al club azulgrana per vent'anni, il punto di riferimento in campo e fuori per decine di altri campioni, l'autore di mille successi – personali e collettivi – saluta con un fax. E non si presenterà agli appuntamenti fissati per l'inizio della prossima stagione oramai alle porte, gettando scompiglio e sgomento in uno dei club storicamente più forti e strutturati dell'intero panorama mondiale. Ma l'addio di Leo Messi non è il solo motivo per dire che oggi, il Barcellona è passato dall'essere "més que un Club" ad una società quasi allo sbando.

La crisi calatana ha radici più profonde rispetto alla punta dell'iceberg: Messi che se ne va è semplicemente la conseguenza di un crollo che nasce da lontano e che si è caratterizzato negli otto gol subiti dal Bayern Monaco in Champions League e confermato dalla scelta di Koeman, allenatore che ha già dettato la rivoluzione tecnica. La società azulgrana sta percorrendo una crisi economica importante, che la pandemia ha evidenziato ancor più. Non è più un club che si possa permettere sempre, tutto e subito (Lautaro insegna) ha necessità di dover progettare a media-lunga distanza, deve ricostruire un progetto che possa risultare vincente e convincente non solo sulla carta

L'altalena dei tecnici in panchina senza trovare una vera guida in grado di far coesistere il proprio pensiero con le tante personalità in campo; le vicissitudini dirigenziali con le sempre più forti spaccature interne; la guida di Bartomeu, ‘tradito' sul campo e sempre più solo alla guida di un club che deve rispondere ai tanti azionisti; i risultati deludenti malgrado la rosa di primo livello, sia in patria (con una Liga persa in una manciata di gare) sia in europa (con l'onta della Champions che ha già fatto storia).

Conseguenza naturale, dunque, vedere anche il più rappresentativo dei giocatori, l'anima e lo spirito del Barcellona alzare bandiera bianca nell'ultima occasione che l'immensa carriera gli offre. Davanti alla mancanza di garanzie – le scelte di Koeman stridono con le volontà e i desideri della ‘pulce' – e alle alternative (il Psg di Neymar, il City di Guardiola, l'Inter anti Juve dove ritroverebbe da avversario Cristiano Ronaldo) l'addio arriva al momento giusto e non si tratta di tradimento. Ma di opportunità: le modalità in cui si sta consumando dimostrano che non c'erano più i presupposti per continuare e adesso il Barcellona dovrà dimostrare di non essere (stato) solo Messi. Ma di tornare a essere "més que un Club".

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