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Bonansea a Fanpage: “Abbiamo lottato, oggi il calcio femminile in Italia è sulla strada giusta”

Barbara Bonansea è uno dei punti di riferimento del calcio femminile italiano e a Fanpage.it ha espresso il suo punto di vista sullo stato attuale del movimento, si è soffermata sulla sua grande passione e ha ribadito la sua voglia di lottare contro ogni tipo di pregiudizio.
A cura di Vito Lamorte
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Efficace e mai banale. Così in campo, così fuori. Parole come dribbling che ti lasciano sul posto o come conclusioni che terminano la loro corsa in fondo al sacco, imprendibili. Barbara Bonansea non è la classica atleta che ripete a tappeto quelle due-tre cose che si sentono dire continuamente in tv o che vediamo sui social ‘a repetiscion’, è precisa e trova sempre le parole giuste per esprimere quanto ha vissuto lei e la sua generazione per poter giocare a calcio senza pregiudizi. Sembra qualcosa di impossibile ma fino a poco tempo fa il fatto che una ragazza amasse indossare gli scarpini e dare calci ad un pallone era visto come una cosa ‘strana’ e ancora oggi c’è chi la pensa così, sia per lo sport più seguito del mondo che per altre discipline. In alcuni paesi le donne non possono assolutamente praticarne uno, è proibito. Negli ultimi tempi sono stati fatti enormi passi in avanti e a contribuire a questi progressi nel nostro paese ci ha pensato anche questo ragazza di Pinerolo insieme a quel fantastico gruppo che ai Mondiali del 2019 ha fatto innamorare l’Italia intera. La Coppa del Mondo giocata in Francia è stata una spinta incredibile per il movimento calcistico femminile azzurro: boom di iscrizioni, club che hanno iniziato a lavorare sul serio e tra poco anche il professionismo.

La jolly offensiva della Juventus e della Nazionale Italiana è sempre al servizio della squadra grazie alle sue doti fisiche e una buona dote di gol che fa felice chi l’allena. Punta centrale? Fatto. Attaccante esterno? Fatto. Bonansea non si tira indietro. A Fanpage.it la calciatrice piemontese, protagonista della docu-serie ‘Campionesse’ in uscita dal 2 dicembre su Rakuten TV, ha parlato della passione per il calcio che lega tre generazioni di calciatrici di otto diverse nazionalità: storie uniche, proprio come quella di Barbara che ha affrontato battaglie personali, sociali e culturali per non sentirsi discriminata e che insieme a tante altre ragazze continua a lottare contro i pregiudizi che ancora resistono nella società. Tanto è stato fatto ma il viaggio è appena iniziato.

Quello fatto da ‘Campionesse' è un viaggio attraverso tre generazioni di calciatrici e il filo conduttore molto forte è quello della passione e la voglia di andare contro ogni stereotipo: lei quando ha iniziato a giocare e in che modo si è avvicinata al calcio?
"In un modo molto semplice. Ho iniziato a giocare perché mi piaceva, ho iniziato a camminare e c’era la palla, quindi calciavo il pallone. Probabilmente un po’ spinta da mio fratello che già giocava in una squadra del mio paese. Ho iniziato così e quando si è piccoli non si pensa molto agli stereotipi ma si capisce il motivo per cui non avrei potuto giocare a calcio. Quando si è piccoli questo problema non esiste, io andavo al campo ed ero con i miei amici, non c’erano problemi. In realtà anche quando andavo a giocare con le altre squadre il problema era la gente fuori che vedeva una ragazzina, non quelli in campo. Tutto questo non sussiste, il calcio, come lo sport in generale, è una cosa che tutti devono poter essere in grado di fare perché ti rende felice. Non dovrebbe essere questo il filo conduttore ma purtroppo è così”.

Nel 2020 è diventata la prima italiana ad essere inserita dalla FIFPro nella formazione delle migliori calciatrici dell'anno: cosa ha significato per lei quel riconoscimento?
"In realtà quando me l’hanno detto ma non ci credevo. Poi ci siamo documentate e abbiamo visto che ero nelle undici. È bellissimo, ma ero felice che l’Italia sia stata messa in mezzo ai mostri sacri come l’America e le altre potenze. La mia vittoria è stata quella di vedere che anche il calcio italiano può stare ad alti livelli. Probabilmente nessuno credeva nel calcio femminile italiano e vedendo questo forse si è ricreduto. Non è un riconoscimento a me ma a tutto il movimento".

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Come sta oggi il movimento calcistico femminile in Italia per Barbara Bonsansea?
"Finalmente a buon punto. Abbiamo fatto tante guerre, tante lotte, però siamo sulla strada giusta. Ci sono tante società che stanno facendo un lavoro serio con il calcio femminile e sono felice che la Juventus abbia dato una spinta per vedere quello che di buono c’è in questo mondo. Il passo più importante è quello che spero e credo arriverà la prossima estate con il professionismo, perché c’è bisogno di tutele. Personalmente, io dico sempre che sono fortunata a fare quello che faccio e quello che sta per venire sarà un buon punto di partenza per il futuro".

Si è spesso soffermata sulla diversa percezione tra calcio maschile e femminile: in che modo si può operare per far cambiare questo pregiudizio?
"Non si può entrare nella testa delle persone però quello che mi inorgoglisce è ascoltare persone che sono venute a vederci, a volte anche casualmente, e sono andate via riconoscendo che abbiamo qualcosa di speciale. Il pregiudizio e l’ignoranza ci saranno sempre ma siamo migliorati. È facile stare dietro al pc o seduto su un divano perché lì non puoi sbagliare: noi ci mettiamo in gioco e lo facciamo fino in fondo. Stiamo combattendo nella maniera giusta".

Sono passati quasi due anni da quel Mondiale che è stato una grande vetrina per il calcio femminile in Italia: c’è una cosa in cui sperava e che non si è ancora verificata dopo quell’evento?
"La qualificazione alle Olimpiadi. Non ci siamo arrivati per un soffio e probabilmente non ci abbiamo creduto fino in fondo. Per il resto, credo che la cosa più bella sia stata l’altissima percentuale di ragazzine che hanno iniziato a giocare calcio. Per tutte noi è stato un successo enorme. Questa la cosa più bella. La situazione è scemata un po’ e poi è arrivato il Covid ma noi non molliamo e stiamo risalendo. Abbiamo lottato tutta la vita per questo".

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Tra qualche mese anche per voi si aprirà l’era del professionismo: qual è la conquista più grande che vi porterà?
"Credo che ci faccia fare un salto di qualità anche agli occhi degli altri. Noi adesso stiamo parlando sul campo e stiamo facendo bene ma con il passaggio al professionismo potrebbe esserci una ulteriore crescita per arricchire il nostro movimento con esperienze, sia di campo che non, dall’estero. Forse lo farebbero più volentieri se anche qui vi fossero delle tutele. Il passaggio fondamentale potrebbe essere questo. Siamo cresciute come livello, perché si vedono delle buone partite, ma se vogliamo raggiungere gli altri dobbiamo migliorare ancora e questo passaggio ci può aiutare".

La sua tesi di laurea si intitola: “Donne in maglia: il risultato del loro lavoro nel calcio. Un’analisi comparativa tra i campionati inglese e italiano”. Si vede all’estero un giorno?
"Non nego che mi ha sempre ispirato per mettermi alla prova ma sinceramente io qui sto benissimo. Il mio sogno più grande è vincere la Champions League e farlo con la maglia della Juventus sarebbe il massimo. L’estero attira, ma ci sono poche squadre al mondo che fanno le cose come le fa la Juve. Sto bene qui".

Estate 2022 gli Europei, estate 2023 i Mondiali. Da qui a due anni cosa sogni di aver conquistato?
"Io ho due grandi sogni: uno è la Champions e l’altro è riuscire a vincere qualcosa con la Nazionale. Non è facile ma crederci ti porta lontano: il Mondiale scorso per me è stato una grande vittoria e ci ha dato un grande insegnamento. Tra due anni spero di avere realizzato uno di questi sogni".

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