
Hanno vinto loro. Non "prima gli italiani" ma "prime le italiane" è la dizione giusta.
Sono Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raphaela Lukudo e Libania Grenot, le quattro donne italiane che hanno vinto l'oro nella staffetta 4X400.
"Non ci sono negri italiani", cantato al ritmo di un battito di mani, quante volte lo abbiamo sentito. Poi arriva la realtà, segna un oro e mette il razzismo nel cestino dei pensieri del secolo scorso.
Guardando il loro abbraccio, di colpo, invecchiano anche le liturgie basate sulla paura, sui passi indietro, sui porti chiusi.
Loro sono avanti, corrono, si danno il cambio e vincono la staffetta.
Loro sorridono, scherzano, fanno squadra, sono campionesse e possiamo dirci orgogliosi di essere italiani, senza escludere – per una volta – nessuno.
La loro foto è quella dell'Italia che dovremmo sognare: un incrocio di storie che vivendosi formano altre storie ancora.
I respinti alle frontiere non sono diversi da queste quattro atlete, potrebbero diventare futuri campioni italiani, panettieri, giudici, avvocate, giornalisti, parlamentari, giardinieri.
Ogni volta che neghiamo lo Ius Soli a chi ha vissuto la sua vita in Italia, addirittura a chi ci è nato, non è solo spregiare una vita, è spregiare il senso dell'umano: permettere alle storie di viversi e formarsi.
Ogni volta che respingiamo un sogno di libertà ci neghiamo la gioia di esultare per il nostro Paese.
Ogni volta che sacrifichiamo un diritto, per un Ponzio Pilato che si fa dettare la linea dalla folla, distruggiamo la foto di queste quattro atlete, che invece dobbiamo incorniciare. Questo è già il presente, il futuro confermerà.
Viva l'Italia. Viva l'Italia!
