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Marco Simoncelli è più vivo di prima, la realtà lo inibiva

A un anno dalla morte il ricordo del pilota scomparso il 23 ottobre dell’anno scorso è fortissimo. L’incompiutezza del Sic e la sua bontà d’animo fanno di lui un mito contemporaneo che difficilmente tramonterà.
A cura di Andrea Parrella
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Un anno fa la morte di Marco Simoncelli scuoteva senza distinzione tutta l'opinione pubblica. Il dispiacere globale in reazione ad una morte non è insolito, però dimostra. Nelle strade di Praga, il giorno dopo il tragico incidente, qualcuno inneggiava a Simoncelli; nel frattempo una bambina di dodici anni attaccava la sua foto al muro della propria camera e ancora, una zia oltre i sessant'anni impregnava la sua domenica in famiglia di una tristezza di fondo sostanzialmente inconsolabile. Dotato di un soprannome talmente riconoscibile, Sic, da rimanere calcificato nella mente di chiunque, pure chi non avesse mai guardato l'anomala abbreviazione del suo cognome nella classifica provvisoria di una gara di motociclismo, Sic non aveva bisogno di morire per entrare nelle grazie di un popolo, poco consola che adesso se ne abbia certezza.

La morte di un personaggio pubblico – Metabolizzare la morte di un personaggio pubblico è una pratica che similare e vicina all'idea di vederlo da vicino, dal vivo. Abituati ad uno schermo che ce ne mostri un'immagine, che ce la presenti ingigantita, più che abusata, si percepisce una sensazione di latente distacco dall'idea che il personaggio esista davvero, che sia realmente così come ci appare: la celebrità lo innalza ad una dimensione diversa dalla sfera reale. Credo fermamente che ritenere assurdo accadano morti come quella di Simoncelli venga da un approccio non troppo diverso da quello che genera espressioni e frasi di rito come "da vicino è molto più magro di quanto sembri, la Tv lo snellisce". Assistere alla scena in diretta, apprendere dell'atto ultimo definitivo, ha scaturito in molti spettatori, un'incredulità di base che ancora si sta smaltendo.

Il mito Simoncelli – Si chiama elaborazione del lutto, si sa, ma non è un lutto come tutti gli altri. Resta quello della morte di un ragazzo talentuoso, buono e onesto a detta di chi lo conoscesse dal vivo, altrettanto buono e onesto pure a detta di chi non lo conoscesse di persona e ultimo, ma non in ordine di importanza, restìo a cedere alla banalità, virtù rara e preziosa. Di difetti non si presume non ne avesse, ma ci ha dato poco modo di parlarne e non ne erano di certo i tratti caratteristici. Credo che ad oggi permanga ancora un'incredulità generale che spinge a ricordarlo ad un anno dalla morte. Quando si comincerà a ritenere verosimile la morte di Marco Simoncelli, ad elaborarla come plausibile, il Sic sarà già divenuto, categoricamente, un mito: rimarrà dunque lì dov'è nell'immaginario.

Ora è più vivo di prima – Questo per un semplice motivo: lascia aperta la porta ad ipotizzare cosa sarebbe successo se ci fosse stato, cosa avrebbe potuto fare. Non esiste strumento più efficace dell'incompiutezza a generare un mito. La vitalità del personaggio, quella proverbiale gioia di vivere che lo contraddistingueva, riempie gli appassionati e i non di immenso dispiacere, ma lascia spazio per dire, con la massima bontà d'animo, che "ora è quasi più vivo di prima, la realtà lo inibiva".

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