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Ambrogio Beccaria farà il giro del mondo in mare: “Tre mesi da solo, anche mangiare sarà complesso”

Ambrogio Beccaria è un velista italiano, ha già raggiunto grandi traguardi, il 2025 sarà un anno intenso ma anche di preparazione per la Vendee Globe, il giro del mondo in solitario senza scalo.
A cura di Alessio Morra
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Ambrogio Beccaria è un velista italiano, è milanese, ha 33 anni, ed ha già un curriculum lungo e di alto livello. Naviga anche, tanto, in solitario. Il 2025 sarà un anno importante per Beccaria, che a Fanpage.it ha parlato dei suoi progetti, delle importanti regate che vivrà da protagonista e pure del grande progetto della Vendee Globe, il giro del mondo in solitario. Beccaria, protagonista al Festival Internazionale Kids 2025, ha raccontato cosa si prova a navigare in solitario, ma ha parlato anche dell'esperienza con Emergency e dello stato di salute del mare.

Sei un velista, navighi, hai fatto e farai regate in solitario, ma per mare ti sei trovato pure ad aiutare Emergency, come mai lo hai fatto?
Ovviamente è qualcosa di molto diverso da quello che faccio di solito, è una cosa che ho fatto l’anno scorso. Un po’ perché nel mondo del mare ho tanti amici che sono vicini a Emergency ma poi è accaduto un episodio durante una traversata che stavo facendo dai Caraibi verso le Canarie. In quella traversata abbiamo incontrato una barca di migranti che era partita dalla Mauritania, è che stava andando alle Canarie, è stato impressionante. Perché io ero a bordo di una grossissima barca, molto lussuosa, che stava facendo una regata e in quel momento si sono incrociate queste due barche, una di fronte all’altra, che rappresentavano due mondi diversi, ed è stato abbastanza impressionante. Alla fine è difficile da capire perché uno si trova su una barca e uno sull’altra. Quell'evento mi ha fatto venire voglia di provare a capire cosa succede nel Mediterraneo, che è il mare che mi ha fatto crescere come marinaio.

Il 2025 sarà impegnativo, in estate disputerai l'Ocean Race?
Quest’anno lancio un nuovo progetto, molto ambizioso. Navigheremo su delle barche molto grandi, da 60 piedi, le barche più veloci, sono quelle più tecnologiche che esistano nell’ambito della vela oceanica. Già essere a questo punto è una cosa incredibile. La carriera nella vela oceanica non sai mai quanto può durare, non sai mai se riesci a fare il passo successivo. Ora sta andando tutto bene. Abbiamo un nuovo progetto. Stiamo lavorando alla barca, poi inizieremo gli allenamenti in acqua, faremo dei test in acqua, con i foil, che sono delle ali sottomarine che ti permettono di volare. Faremo navigazioni con foil diversi, per capire i diversi comportamenti della barca. Dovrò imparare a volare e a gestire una barca così potente e così complessa. L'Ocean Race prevede cinque tappe, partiremo da Kiel e arriveremo in Montenegro.

Mentre in autunno prenderai parte alla Transat Café l'Or, che invece è più impegnativa in quanto è una competizione transatlantica.
Quest'anno ha cambiato nome, la Transat è una manifestazione storica. Si parte da Le Havre in Normandia per arrivare in Martinica, si corre in doppio, io avrò la fortuna di farla con un navigatore francese Thomas Ruyant che ha vinto tutte le Transat che ci sono, è uno dei più forti in assoluto, potrò imparare tantissimo da lui. Sarà un privilegio per me. Se si ha la possibilità di stare vicino a chi ha talento è il massimo.

Avevo una curiosità sul meteo. La tecnologia ovviamente oggi è predominante e aiuta. Ma ti è capitato mai di fare come chi navigava una volta che non aveva strumenti e interpretava vento, nuvole e correnti per capire come sarebbe cambiato il tempo? 
In realtà, è un misto. In questo sport le previsioni meteo sono la cosa più importante in assoluto, perché il meteo ti dà un vantaggio strategico, perché tu devi riuscire a fare la rotta più breve possibile. Noi non andiamo dritti, è tutto in funzione del vento, dell’angolo, della velocità del vento, delle nuvole. Per noi è fondamentale sapere cosa succederà tra cinque minuti, tra un’ora, domani, tra una settimana. Quindi è un misto tra esperienze diverse: un po’ da nonno come dici tu, un po’ magiche, di quando viene fuori l’istinto. In fondo passando tante ore in mare ti torna un po’ l’istinto da marinaio antico, che non è niente altro che l’istinto di un animale che vive nel suo ambiente, riesci a leggere meglio le nuvole. C’è una parte di tecnologia che ci aiuta e ci consiglia nella nostra strategia, abbiamo tanti dati, abbiamo dei software di bordo che ci aiutano ad analizzare. La scienza della meteorologia resta inesatta.

E c'era pure, un tempo, naturalmente la notte, che ci si regolava guardando le stelle.
(Ride) All’epoca era tutto molto istinto. Mi sono letto il diario di bordo del viaggio di Magellano, il primo a fare il giro del mondo, uno dei primi europei a navigare nel Pacifico, partendo dal Sudamerica per andare fino all’Indonesia di oggi, alle Filippine. Se leggi il diario di bordo la loro ‘strategia’ era tutta basata sull’istinto, non avevano informazioni.

Nel 2028 prenderai parte al Vendee Globe e dovrai governare gli IMOCA 60, quali sono le difficoltà nel navigare con quel tipo di imbarcazione? 
Il Vendee Globe è il giro del mondo in solitario senza scalo, è un evento che si fa ogni quattro anni, il prossimo sarà nel 2028. Noi abbiamo iniziato il progetto con questa barca. Ora il punto è usare questa barca, allenarci, fare tante regate, vincerne qualcuna, magari.

Il Vendee Globe si fa in solitario e con gli IMOCA 60. Saremo oltre 40 partecipanti. Queste sono barche molto estreme, 60 piedi, in solitario diventa molto impegnativo. Sono barche ormai sono velocissime, con i foil, e che di fatto riescono a volare, le condizioni a bordo diventano sempre più toste per il marinaio.

La tematica ambientale è importante, fortunatamente oggi se ne parla tanto. Navigando tanti mari hai anche una percezione dello stato di salute del mare, come siamo messi?
Dopo ogni regata devi pulire le appendici perché c'è qualcosa che si incastra. Noi finiamo incastrati sempre dentro a qualcosa, come le tartarughe, a ogni regata dobbiamo togliere spazzatura o detriti da pesca dalla barca, nell’ultima regata si è incastrata una vecchia rete da pesca nella chiglia.

Come è navigare in solitario?
Il fatto è che sei solo, non hai nessuno che ti aiuta. Chi naviga in solitario deve rendere la barca facile e deve far sì che si possa riparare qualsiasi cosa a bordo, se sei in doppio, è diverso. Ci si prepara in un modo semplice. Si bada al rapporto tra chi naviga e la barca. In generale questa cosa devi avercela un po’ dentro. Io mi sono ritrovato a fare la vela in solitario perché mi piaceva l’idea di cercare l’idea di imparare e conoscere il più possibile del mare, farlo nel modo più efficace era quello della vela in solitario. Perché devi imparare a fare tutto da solo: timonare, regolare le vele, portare la barca, a scegliere, tutto, qui sei completamente padrone del tuo destino. Le paure? Le angosce della solitudine sono una cosa che devono partire da te stesso quando sei ‘terrestre'. Se uno non si sente a suo agio nei momenti solitari nel quotidiano è da sconsigliare questo, devi stare bene con te stesso di base, ti deve piacere passare del tempo da solo, non devi avere la smania di riempire il tempo con altre persone o altre attività. In mare il tempo è lungo, le regate che faccio sono molto lunghe: da quattro giorni a due settimane a tre mesi come il Vendee Globe.

Navigare in solitario è complicato, non solo perché sei da solo per giorni e in mare. Ma è complicato pure per le piccole cose, anche mangiare non è semplice?
(Ride) Tutto è complicato, lo stress vero è quello, le 24 ore della giornata sono dense, anche alcune cose che sembrano facilissime hanno tutte un loro peso. Mangiare è un problema, è difficile mangiare, si muove tutto, cucinare è difficile, il cibo che ci si porta, non avendo frigo, è quello che è, in realtà ti rendi conto di quanto sia bello mangiare tre volte al giorno.

Hai mai sofferto di mal di mare?
Mi è venuto qualche volta, mi è venuto prima delle partenze delle regate importanti, ma è legato allo stress, ci sono tantissimi navigatori che lo soffrono tanto, io per fortuna no.

Durante i tuoi viaggi in mare, le tue regate hai mai avuto incontri particolari?
Ho incontrato balene, megattere, che sono saltate fuori dall’acqua. La prima traversata oceanica che ho fatto nel 2017, partenza a Cap Finisterre, in Spagna, dove inizia l'oceano aperto, per andare ai Caraibi, ero su una barca di 6,5 metri e sulla barca è saltata una megattera, è stato un momento denso che ho fotografato nella mia mente.

Come è nata la tua grande passione per il mare?
Sono nato e cresciuto a Milano, ma avendo viaggiato, un po’, dopo il liceo ho deciso di andare a vivere a La Spezia per studiare ingegneria nautica e perché volevo vivere vicino al mare, studiare da vicino il mondo delle barche. Ma io già anche nelle vacanze estive sentivo il sale il vento, mi piaceva vedere le persone che abitavano in posti di mare. Volevo essere più in quel mondo lì che in quello che vivevo io a casa d’inverno. Questa passione mi ha cambiato la vita. In casa nessuno è ‘barcaiolo’, ma nonostante ciò i miei genitori sono sempre stati contenti che avevo trovato la mia passione.

Navighi da tanti anni, sicuramente hai dovuto affrontare delle tempeste. Te ne ricordi una in particolare?
Nel Nord Atlantico, uno degli oceani più duri che ci siano, stavo facendo una regata che andava dalla Bretagna a New York, più vai a Nord e più le tempeste sono violente. Quella regata è quella che mi ha insegnato di più a capire, ad attraversare sistemi meteo così difficili, a dosare le forze, a capire quando il mare è forte, a capire come si può dosare la forza del vento. Perché puoi ridurre le vele, ma le onde non le puoi molto dosare, perché una volta che sei dentro una zona con 10 metri d’onda, puoi solo cercare di prenderle con l’angolo giusto. A volte ci sono dei momenti in cui è terrorizzante, a volte la barca prende dei colpi e sembra che prendi dei cazzotti pure tu.

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