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Opinioni

Maschi Veri è il copia incolla di Machos Alfa, un’occasione persa per parlare del maschio italiano in crisi

Netflix lancia “Maschi Veri”, remake identico della serie spagnola “Machos Alfa”. Un’operazione pigra che tradisce la creatività italiana e affronta la mascolinità contemporanea con stereotipi superficiali e zero originalità.
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La domanda che mi pongo davanti a Maschi Veri, l'ultimissima produzione Netflix Italia, è semplice: a chi diavolo è venuto in mente di prendere una serie spagnola di grandissimo successo come Machos Alfa e limitarsi semplicemente a tradurla in italiano?

I quattro protagonisti si muovono su un copione già scritto

Siamo nel 2025 e Netflix ha deciso che il pubblico italiano è talmente sprovveduto da non accorgersi che questa "nuova" serie è semplicemente un copia-incolla di qualcosa che potevamo già vedere, con sottotitoli, nella versione originale nella sua stessa piattaforma. Perché sprecare risorse così, invece di investire in contenuti originali? L’incipit è esattamente identico – battute comprese: quattro quarantenni in crisi esistenziale vengono catapultati in un corso di "decostruzione della mascolinità". Gli stessi personaggi, le stesse battute, le stesse situazioni della serie spagnola, ma con facce italiane. Cambiano gli attori (Sermonti, Lastrico, Martari e Montanari), ma i loro personaggi si muovono come marionette che ripetono un copione già scritto, con qualche spruzzata di italianità. Sermonti è un mite padre di famiglia che ha una vita sessuale a pezzi con la moglie Tiziana; Montanari è un traditore seriale pronto a fare il grande passo del matrimonio che finisce in crisi appena la sua compagna gli propone di aprire la coppia; Lastrico è il separato che viene spinto dalla figlia a cercare nuove donne su Tinder e dimenticare finalmente sua madre; Martari è il ‘maschio alpha' in purezza, dirigente televisivo licenziato per una produzione sessista e rimpiazzato proprio da una donna.

L'incipit della serie: i quattro protagonisti al corso di decostruzione della mascolinità.
L'incipit della serie: i quattro protagonisti al corso di decostruzione della mascolinità.

Ilary Blasi fa la battuta sul caffè e Selvaggia Lucarelli ha un programma tutto suo

L'unica variazione sul tema? I camei di Ilary Blasi e Selvaggia Lucarelli, che interpretano se stesse. Ilary Blasi può fare l'ennesima battutina sulla storia del caffè con Iovino: "No, proprio il caffè, no. Come se avessi accettato". Selvaggia, invece, finalmente ha successo con la conduzione di un programma. Si chiama ”Battaglia Selvaggia” e fa chiaramente il verso a “Belve”. Nella realtà sappiamo come sono andate le cose: grandissima giornalista, ottima opinionista, giudice insostituibile di Ballando, podcaster seguita e riverita, ma conduttrice proprio no. Il suo "Celebrity Now – Stanza Selvaggia”, anno 2012, poteva andare molto meglio.

Il vero dramma della serie è che affronta un tema interessante come la mascolinità contemporanea in un modo già stereotipato e sorpassato. Si potrebbe esplorare davvero le contraddizioni del maschile odierno, ma ci ritroviamo invece una serie di stereotipi che non fanno ridere né riflettere. I quattro protagonisti sono quattro caricature che perdono alla grande il confronto con la serie originale, che è arrivata alla terza stagione e continua a rinnovarsi, riuscendo a prendere in giro sia i maschi “alpha”, sia un certo femminismo di partito. Trattandosi di una copia, la serie italiana ripete anche alcuni errori di senso che la serie spagnola commette. Parliamo di inezie funzionali al motore comico, macigni se ci trovassimo a ragionare tra amici (e amiche) a un aperitivo: tutto quello che esce fuori dal modello normativo della coppia viene affrontato in maniera superficiale, pertanto quello che resta fuori viene ridicolizzato. Te lo aspetti da un cinepanettone, meno da una serie come questa.

C'è qualcosa di maschilista nel modo in cui la serie è stata concepita

C'è qualcosa di ironicamente maschilista nel modo in cui questa serie è stata concepita: l'idea che basti prendere qualcosa che ha funzionato altrove, cambiare le facce e servire lo stesso piatto. È l'equivalente televisivo del maschio che copia i compiti dal compagno più bravo senza nemmeno provare a nasconderlo. In Spagna, però, i fratelli Laura e Alberto Caballero hanno saputo scrivere qualcosa di autentico. Qui, appunto, siamo alla copia carbone. Il tema del maschio italiano in crisi meritava un'esplorazione autentica e originale. Avrebbero potuto osare, rischiare, persino sbagliare – ma almeno sarebbe stato un tentativo onesto. Invece ci troviamo davanti all'ennesima dimostrazione che quando si tratta di innovare, in Italia preferiamo ancora la strada sicura della copia. Se questo è l’andazzo, abbiamo davvero bisogno di un corso di decostruzione, ma per i produttori, non per i personaggi.

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Gennaro Marco Duello (1983) è un giornalista professionista. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Lavora a Fanpage.it dal 2011. Ha esordito nella narrativa nel 2022 con il romanzo Un male purissimo (Rogiosi). California Milk Bar - La voragine di Secondigliano (Rogiosi, 2023) è il suo secondo romanzo.
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