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Opinioni

L’innocente bellezza di The Band, l’anti X Factor che non cerca fenomeni a tutti i costi

Combattendo la naturale allergia della Rai ai talent show, Carlo Conti trova una formula felice, lontana da quell’autoreferenzialità tipica di altri talent che, nel prendersi troppo sul serio, hanno perso il contatto con la realtà (e il pubblico).
A cura di Andrea Parrella
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L'allergia della Rai aiBanda ent show è cosa nota e le perplessità della vigilia nei confronti di The Band, il format del venerdì sera di Rai1 ideato a Carlo Conti, erano tante. Dopo due puntate, si può dire con la massima onestà che The Band è un programma inaspettatamente piacevole, in cui Tale e Quale Show, Ora o Mai Più e i principali titoli lanciati da Conti negli ultimi anni confluiscono, dando vita a uno show sincero e senza fronzoli.

Ogni volta che le reti del servizio pubblico hanno sfiorato il genere del talent negli ultimi anni, il senso di "contraffazione" è sempre stato una premessa e i più grandi ci sono inciampati (Raffaella Carrà in primis). La grammatica televisiva del servizio pubblico, d'altronde, si è spesso dimostrata inadeguata a soddisfare le esigenze del pubblico, quasi andasse fuori tempo rispetto ai ritmi, il dinamismo e lo stile imposti dall'espressione stilistica massima italiana del talent show, X Factor su Sky. Che però negli ultimi anni è caduto nell'errore di iniziare a guardarsi con insistenza l'ombelico, finendo in un vortice di solipsismo che lo ha portato a isolarsi dal pubblico. Il ritorno di Fedez nella prossima stagione sembra proprio un tentativo di tornare ad ampliare il bacino d'utenza, ritrovando una cifra più popolare.

Conti e la giuria di The Band
Conti e la giuria di The Band

La ricetta di The Band doveva essere necessariamente diversa. Qui ci sono musicisti che suonano (il più delle volte cose già sentite e note al grande pubblico), giudici che si dividono dichiaratamente i compiti di poliziotti buoni e cattivi, così da essere severi e ficcanti nelle analisi – come spesso accade a Gianna Nannini – ma anche pacati ed equilibrati per non offendere; allo stesso tempo un gruppo di coach si misura con queste componenti da Tv generalista evitando attentamente i meccanismi forzati della stroncatura e della lite. Spicca tra questi la palla impazzita di Rocco Tanica, genio autentico che Conti ha avuto il merito di coinvolgere in diversi progetti di questi ultimi anni. Si penserà che così ne risente il percorso delle band, la carriera, il cosiddetto progetto, ma sono parole che non rientrano nel frasario di questo programma, che pare concentrato sull'obiettivo di valorizzare l'essenza di una serata: intrattenere.

Rocco Tanica
Rocco Tanica

The Band si rivela così un format che esprime un'innocenza e un candore inattesi, distanti dall'autoreferenzialità tipica di quella deriva del talent che, nel prendersi troppo sul serio, si ostina forzatamente a cercare fenomeni nelle nicchie, deborda di inediti e cerca finezze con allusioni e riferimenti tendenzialmente sconosciuti a chi segue. Chissà, forse Conti ha trovato il migliore dei talent possibili (per Rai1).

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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