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La Serie B su Sky Sport, Daniele Barone: “Questo campionato non è una sottomarca della Serie A”

Intervista al giornalista di Sky Sport che da anni racconta il campionato cadetto, chiuso con il finale emozionante della scorsa stagione e pronto a un’annata tra le migliori di sempre: “È una competizione speciale per una caratteristica unica: è impronosticabile”.
A cura di Andrea Parrella
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In una stagione calcistica anomala, che verrà interrotta dai primi Mondiali di calcio giocati in periodo invernale, non si fermerà la Serie B, che parte venerdì 12 agosto con Parma-Bari e verrà raccontata, come nella scorsa stagione, sui canali Sky Sport (oltre che da DAZN ed Helbiz Live). In tutto 380 match stagionali, oltre a playoff e playout. Tra i volti principali del racconto del campionato cadetto ci sarà ancora una volta Daniele Barone, che con la sua “B Side” condotta da Daniele Barone, in onda ogni lunedì alle 18 su Sky Sport 24 e on demand, racconterà il campionato attraverso highlights, interviste, collegamenti e servizi speciali con focus dedicati, di volta in volta, a una squadra diversa. Abbiamo intervistato Barone a pochi giorni dalla partenza del campionato.

Un dato oggettivo di questa estate è il caldo asfissiante, crede che condizionerà le prime giornate sotto il profilo tecnico e atletico?

Secondo me non tanto, nel senso che in realtà il campionato parte una decina di giorni prima rispetto agli altri anni. Le squadra si sono adeguate con una preparazione anticipata, fa molto caldo ma non è che gli altri anni fosse molto più fresco di così. La vera incognita resta sempre che in queste prima giornate di mercato le squadre sono ancora in costruzione e devono prendere forma. Passate le prime quattro o cinque giornate, tutto si metterà a posto e finirà la fase di studio.

La serie B dovrebbe fungere da laboratorio per il movimento calcistico. Quanta sinergia effettiva c'è con la Serie A?

La sinergia c'è, ci deve essere e deve continuare ad essere molto forte. Ricordiamoci che i migliori giovani prodotti dal calcio italiano in queste ultime stagioni sono ragazzi mandati in B a studiare e farsi le ossa. La nostra under 21 continua ad essere una nazionale molto legata alla B, che continua ad essere la palestra, il laboratorio sia per la Serie A, ma anche per i ragazzi pescati in C da bravi dirigenti.

In termini di racconto televisivo pesa molto il modello. Quello della B, con il sistema dei playoff, dà margini molto ampi. Crede si possa estendere alla Serie A per renderla più avvincente?

Sì, se è vero che la Serie A ci ragiona da un po' di anni, visto che ogni tanto questa storia dei playoff riaffiora. Sicuramente i playoff hanno dato alla Serie B un valore supplementare in questi anni, di cui l'ultimo è stato incredibile per carico di emozioni. In effetti la massima serie è caratterizzata dal fatto che a marzo-aprile c'è una fascia di squadre che ha già chiuso il campionato. Pur nel rispetto della sacralità di certi meccanismi, il discorso playoff sarebbe interessante. Poi va detto che se in nessun massimo campionato europeo questa formula non c'è, evidentemente non viene ritenuta così decisiva.

Cosa rende speciale la Serie B?

La B è un campionato impronosticabile. In Serie A sappiamo che, salvo sorprese, a giocarsela per la vittoria è una di quelle 4-5 squadre. In Serie B almeno una dozzina di squadre, ai blocchi di partenza, se la può giocare. Tutte si sentono coinvolte, al di là delle risorse tecniche.

Sovente le squadre che salgono dalla B diventano le cosiddette "materasso" in Serie A. 

Il gap tra i due campionati persiste sicuramente, quando si arriva in Serie A, salvo tu non sia una società come il Monza che può permettersi di fare un mercato strepitoso, devi già mettere in preventivo la sofferenza del riuscire a salvarti e magari non riuscirci. Ci sono delle belle eccezioni, come lo Spezia che si è salvato negli ultimi due anni.

Crede sia un problema da risolvere, o una semplice caratteristica?

In effetti le squadre che arrivano dalla B hanno un Everest da scalare davanti. Anche quelle che si salvano restano in quella dimensione, sono condizioni difficilmente scalabili. A me piacerebbe vedere un campionato di Serie A più snello, ridotto, leggero, con meno squadre, riforme di cui Gravina parla da tempo. Oltre a una migliore sostenibilità economica ci sarebbe anche un maggior livellamento tecnico e a livello distributivo, in termini di risorse.

I modelli esteri possono essere un riferimento?

Beh, se penso a campionati come la Premier, dove la distribuzione di danaro è molto più ampia, mi pare che a contendersi il campionato siano sempre quelle squadre lì.

Si dovrebbe immaginare un sistema simile alla NBA, con un blasone costantemente in discussione. 

Quello mi sembra impossibile per cultura, tradizioni. Non accadrà mai che ci sia un Draft europeo in cui lo Spezia, dico per esempio, vada a prendere il Cristiano Ronaldo di turno. Accade in America perché hanno quella testa lì, noi abbiamo un approccio diverso.

Giornalisticamente ritieni la Serie B limitante rispetto alla Serie A?

Affatto. La Serie B non è un A2, il concetto della sotto marca della Serie A non mi piace. Questo è un campionato con le sue caratteristiche, una competizione che quest'anno è arricchita anche dal blasone di piazze meravigliose, forse la migliore degli ultimi vent'anni sulla carta.

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