Ricatto a Raoul Bova, l’attore potrebbe non essere l’unico: l’ipotesi di un sistema di estorsioni ai danni dei vip

La denuncia presentata da Raoul Bova alla polizia postale ha dato il via a un’indagine che, giorno dopo giorno, si arricchisce di elementi potenzialmente esplosivi. Al centro, un tentativo di estorsione partito da un numero spagnolo e legato alla presunta relazione dell’attore con la modella 23enne Martina Ceretti. Secondo gli inquirenti, però, potrebbe non trattarsi di un caso isolato: l’ipotesi investigativa è che ci si trovi di fronte a un vero e proprio sistema organizzato, studiato per colpire i vip attraverso la minaccia di diffondere contenuti privati e compromettenti.
I messaggi minatori e la scelta di denunciare
Tutto ha inizio a luglio, quando Bova riceve una serie di messaggi da un numero sconosciuto. Le richieste sono esplicite: un “regalo” in cambio del silenzio sulla relazione con Ceretti. L’attore, invece di cedere, decide di rivolgersi alla polizia postale, denunciando il tentativo di estorsione. In uno dei messaggi, scrive al suo interlocutore: “È un reato quello che stai facendo e io non cedo a nessun ricatto”.
In soli due giorni, Bova riceve circa 40 messaggi. Il contenuto è esplicito: “Capisci che se tutto questo diventa pubblico e quindi lunedì arriva a Falsissimo è un problema?”. L’attore replica: “Io non sono più in una relazione da tempo, quindi non è una cosa che crea disastro”.
Le versioni discordanti di Martina Ceretti e Federico Monzino
Le indagini si sono concentrate fin da subito sul 29enne Federico Monzino, Pr milanese e amico della modella. È lui ad aver consegnato il materiale a Fabrizio Corona, come confermato da quest’ultimo in una Instagram story: “L’audio e le chat di Raoul Bova mi sono stati consegnati volontariamente da Federico Monzino e Martina Ceretti”.
Ma le versioni dei protagonisti non coincidono. Ceretti, che al momento non risulta indagata, sostiene di aver inviato i file all’amico “in buona fede e senza secondi fini”. Monzino, invece, afferma di averli condivisi con Corona in accordo con lei, per assecondare il suo desiderio “di diventare famosa”. Aggiunge che “il materiale non è stato rubato o trafugato, ma condiviso volontariamente: Martina era con me, a casa mia, ed era consapevole di quanto facevamo insieme”.
Entrambi i telefoni sono stati sequestrati per ricostruire la catena di comunicazione che ha portato alla diffusione delle chat private tra Bova e Ceretti.
La Procura ipotizza l’esistenza di un sistema organizzato
Secondo la Procura di Roma, coordinata dalla pm Eliana Dolce, il caso Bova potrebbe non essere isolato. Il sospetto è che esista un meccanismo più ampio, pensato per colpire altri vip attraverso le medesime dinamiche: relazioni riservate, raccolta di materiale compromettente, minacce di pubblicazione e richieste di denaro o altri vantaggi.
I tabulati telefonici e le conversazioni sequestrate rafforzerebbero l’ipotesi di una trappola preparata “in attesa che Raoul Bova commettesse un errore”. L’obiettivo ora è stabilire se altri personaggi noti siano rimasti vittime delle stesse dinamiche.