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Luca Ravenna in tour, la stand up comedy scappa dalla Tv e cammina con le sue gambe

Il comico milanese porta in giro per l’Italia il suo spettacolo “568”, riempie teatri e palazzetti e prova che un genere comico si è consolidato da solo, lontano dal mainstream che ha provato a sporcarlo.
A cura di Andrea Parrella
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In un universo fatto di etichette Luca Ravenna sarebbe "quello di LOL", partecipazione allo show di Amazon che lui stesso ha definito non memorabile. Oltre il mondo delle definizioni a tutti i costi c'è però un comico che alla Casa della Musica di Napoli ha parlato per un'ora e più a mille persone circa di un'età media che, a occhio, non superava i 35 anni.

Il dato anagrafico, se pure approssimativo, ha una sua rilevanza. Assistere a uno spettacolo di stand up comedy oggi, si tratti di un piccolo club o un palazzetto, oltre ad un momento di intrattenimento è un'esperienza sociologica che mette davanti a un dato di fatto: c'è vita oltre la televisione. Dettaglio che conta proprio perché questo genere, che pure a un certo punto la televisione aveva provato ad agganciare, è sfuggito alla logica per cui la comicità debba necessariamente passare per la Tv pur di consacrarsi e avere un riscontro numerico fuori da essa, nei luoghi fisici, quelli in cui le persone sono disposte a pagare per vedere uno show dal vivo. La stand up in televisione non ha funzionato ma ha un pubblico e in platea, non a caso, pareva esserci quella generazione che dalla televisione ha preso le distanze da tempo, che si è formata coi social, le serie Tv, le piattaforme.

Cosa c'entra questo preambolo con lo spettacolo di Ravenna?, vi starete chiedendo. C'entra perché lo show del comico milanese parla una lingua comprensibile a chi sa di poter ascoltare certe cose lì e solo lì. Non è solo una questione di volgarità, ma di codici. Ravenna, come molte colleghe e colleghi, ha una modalità espressiva che non potrebbe essere mediata da un controllo centralizzato come quello della Tv, pena uscirne gambizzata e disinnescata. Come la tradizione della stand up vuole il comico milanese scava dentro sé e sputa fuori ciò che trova, parla della sua famiglia, della madre no vax, del padre anaffettivo. Non disdegna i temi sessuali e irrita qualcuno in sala quando cita la frase tristemente nota riconducibile a Tiziana Cantone, tema che è ancora difficile da toccare con ironia soprattutto a Napoli e dintorni. Ma funziona così, l'incoscienza è nella cifra di questo stile comico.

In termini di ingredienti c'è il menu base della stand up al completo, compreso l'elemento scatologico-intestinale, parte anatomica collegata da un filo diretto a quella da cui si genera la risata. Alla fine conta come si mescolino gli ingredienti e Ravenna dimostra di saperlo fare con mestiere. Sciorina un repertorio che è aperto a variazioni e disposto a cambiare direzione quando c'è da interagire con il pubblico. Proprio lui chiama uno spettatore sul palco in suo aiuto e la protagonista della serata diventa la risata di una persona in platea, un "delfino in sala" la battezza Ravenna. Il suo monologo ha un tono colloquiale, un'analisi di sé che all'ingaggio nella risata alterna l'aneddotica e il racconto, così come l'attualità.

La battuta d'arresto pandemica sembrava aver tagliato le gambe alla stand up comedy, reduce da un triennio di crescita, attesa come il genere destinato a diventare mainstream, oppure a scoppiare come una bolla. Lo spettacolo di Ravenna, show attuale e contemporaneo, espressione di una realtà consolidata che ha trovato spazio fuori dalle coordinate abituali, si tratti dei podcast, del passaparola, piattaforme streaming o social, ci dice che oltre al trionfo e al fallimento c'è la terza via del consolidamento in autonomia. La stand up comedy in Italia cammina sulle sue gambe e il comedian milanese è solo uno dei tanti esempi a supporto della tesi.

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