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Ilaria Cucchi sui carabinieri condannati per depistaggio: “L’odio non mi appartiene, ne sono fiera”

Condannati i depistaggi nel caso di Stefano Cucchi, la sorella Ilaria Cucchi commossa fuori il tribunale aveva dichiarato: “Abbiamo vinto noi e ha vinto lo Stato” e ieri sera a Propaganda Live è tornata sul valore di quella sentenza per tutta la sua famiglia: “L’odio non mi appartiene e ne vado fiera”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Condannati i depistaggi nel caso di Stefano Cucchi, colpevoli gli 8 carabinieri che hanno impedito alle indagini sulla morte del giovane geometra romano di fare il loro corso nella totale trasparenza delle prove acquisite. La sorella Ilaria Cucchi commossa fuori il tribunale ha dichiarato: "Abbiamo vinto noi e ha vinto lo Stato" e ieri sera a Propaganda Live è tornata sul valore di quella sentenza per tutta la sua famiglia, definita "superstite" dopo 13 anni di dolore inferto.

Voglio dirvi che amo mio fratello. Voglio dirvi che io amo i miei genitori, e voglio dirvi che io amo i miei figli. Stefano mi ha resa felice. A volte però ci ha regalato momenti di profonda sofferenza. Io so che lui se ne è reso conto. Io so che mentre moriva lentamente di dolore all’ospedale Sandro Pertini ha pensato di essere stato lasciato solo per questo motivo, per averci traditi, ancora una volta. Io so che ha pensato a nostro padre, deluso ed affranto, ma incapace di volergliene per questo. E io so che ha visto nostra madre e me, sua sorella, cantargliene quattro, ma lui sapeva che eravamo e saremmo sempre stati una famiglia. Mentre moriva, lentamente, da solo, si sarà sicuramente chiesto come mai non fossimo ancora arrivati lì, da lui, al suo capezzale, perché stava male sul serio, e non meritava una punizione simile, dolorosa e spietata. Lui sapeva di morire.

"Stefano chiese una Bibbia, noi lo abbiamo visto solo all'obitorio"

Ilaria torna sulla richiesta di Stefano Cucchi quando era già troppo malconcio per poter essere lucido. Una Bibbia e una lettera scritta a fatica ad un operatore della comunità dove era stato in passato:

Aveva chiesto una Bibbia alla volontaria, ma non voleva morire. Poche ore prima che il suo cuore si fermasse ha scritto una lettera con la quale chiedeva aiuto a un operatore della comunità dove era già stato in passato. ‘Caro Francesco – scrive Stefano – sono al Sandro Pertini, in stato di arresto. Scusami se sono di poche parole, ma sono giù di morale e posso muovermi poco. Volevo sapere se potevi fare qualcosa per me. PS. Per favore almeno rispondimi, a presto. Non sapeva che i suoi genitori erano stati respinti da una cinica e spietata violenza di una feroce burocrazia del tutto priva di ogni senso logico e di umanità. Abbiamo potuto vederlo solo su quel lettino dell'obitorio in quelle condizioni terribili che ormai tutti voi conoscete.

"13 anni di male, ma l'odio non mi appartiene"

Troppo dolore, anni lunghissimi passati a mandare giù ogni livido e ogni parola infamante che potesse insabbiare le prove e far passare Stefano come un "tossicodipente, anoressico e sieropositivo" perché la colpa fosse sua e non degli altri. L'odio non appartiene alla famiglia Cucchi e Ilaria vuole gridarlo a gran voce, chiudendo il monologo rotta dal pianto:

Non dimenticherò mai quei momenti,  orrore e dolore avrebbero dovuto annientarmi, ma non è stato così. Ho reagito come mai avrei pensato di poter fare: Stefano, te lo giuro non finisce qui. Avevo totale fiducia nella giustizia, ho continuato ad averla anche nei momenti più difficili. Lunedì i responsabili della morte di Stefano sono stati definitivamente condannati per questo. Ieri altri otto imputati sono stati condannati per i depistaggi compiuti subito dopo la sua morte. Quanto male ci hanno fatto in questi 13 anni. Oggi, con tutta la mia famiglia, mi sento una superstite. Ma l'odio non mi appartiene, ne vado fiera.

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