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Bruno Vespa: “Se fossi stato di sinistra la mia carriera sarebbe stata più agevole”

Bruno Vespa compirà 80 anni lunedì 27 maggio. In una lunga intervista al Corriere parla della sua carriera giornalistica e non nasconde che, in tanti anni, il suo credo politico possa essere stato anche limitante.
A cura di Ilaria Costabile
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Bruno Vespa compirà 80 anni il prossimo 27 maggio, un compleanno importante che il giornalista con molta probabilità festeggerà in televisione, il suo habitat naturale da quando giovanissimo ha iniziato a lavorare nelle radio locali o a scrivere pezzi per alcuni testate. Da quel momento non si è più fermato, interessandosi alla cronaca, alla politica e diventando uno dei volti cardine della Rai.

Bruno Vespa e il bilancio sulla sua carriera

"Il giornalismo si fa con la testa, che ancora funziona bene. Il ritiro lo deciderà il mio editore di riferimento: il Padreterno" così ha risposto Bruno Vespa quando gli è stato chiesto il momento in cui andrà in pensione, per il giornalista ci vuole ancora del tempo. Tante le esperienze fatte nelle sua carriera, durante la quale non sono mancati alti e bassi: "Non lo si può chiamare rimpianto perché mi è andata benissimo. Ma sono convinto che, se fossi stato di sinistra, la mia carriera sarebbe stata più agevole. Per esempio, non avrebbero ridimensionato o cercato di chiudere Porta a porta". In merito al suo credo politico il giornalista risponde candidamente: "Sono un moderato. E se mi chiede che cosa s’intende per moderato le rispondo che sono decenni che mio figlio Alessandro ogni volta mi chiede per chi ho votato. Non l’ha mai scoperto". Dal momento che il suo talk in seconda serata è da sempre megafono della politica, quando gli fanno notare che in molti hanno creduto potesse essere il consulente della comunicazione di Giorgia Meloni, ha dichiarato:

È ridicolo anche solo pensarlo. Nella Prima repubblica, al contrario di tantissimi altri colleghi, non ho mai partecipato a riunioni politiche e mai incontrato in privato un solo esponente politico. Tranne una volta, Giulio Andreotti. Volevano impormi al Tg1 la nomina di una caporedattrice di scarso valore dicendo che la voleva il presidente del Consiglio. Andai a Palazzo Chigi per chiedergli se era vero, Andreotti non ne sapeva nulla.

Tra le tante dicerie sul suo conto, quella che lo vuole figlio del Duce, quando in realtà come lui stesso racconta "i conti non tornano". Il padre era un rappresentante di medicinali, mentre la madre maestra elementare, lui nacque nel maggio 1944: "Si sposarono il 24 luglio 1943. Con gran tempismo, direi. Non tornano i conti. Mia madre andò a insegnare ad Assergi, ultimo paese prima della funivia per Campo Im- peratore, dove avevano mandato Mussolini, solo nel 1949. Quando “papà” (sorride, ndr) era già morto da qualche anno. Mi fa sorridere. A mio fratello Stefano, invece, questa cosa lo faceva imbestialire". 

Gli inizi in radio e l'approdo in Rai

La carriera giornalistica è iniziata molto presto: "A sedici anni, avevo iniziato a fare corrispondenze dall’Aquila per il Tempo" e nel frattempo lavorava anche per testate radio locali. Nel 1968 vinse il concorso alla Rai: "Mi assegnarono al telegiornale. Alla prima telecronaca, alla regata delle Repubbliche marinare di Pisa, Tito Stagno mi accompagnò perché non si fidavano a manda- re da solo uno così giovane. Mi insegnò due cose: quando sei seduto metti la giacca sotto il sedere; e poi, dai mance laute ai camerieri perché da te se lo aspettano". Tanti gli incontri politici della sua carriera, da quello con Aldo Moro di cui annunciò per primo il sequestro, fino a Berlinguer: "Intervistarlo era affascinante: padronanza assoluta di linguaggio, mai una contestazione a una domanda, mai un appunto. Solo che non faceva interviste in diretta: “Non mi gioco la carriera politica per un aggettivo sbagliato". E poi, dalla sua discesa in politica, Silvio Berlusconi, fu proprio grazie ad una sua intervista che dopo un periodo di oblio, riuscì a tornare in pista:

Nel 1994 non mi fecero condurre la diretta per le elezioni ma mi spedirono al quartier generale di Forza Italia dove Berlusconi mi dette la prima intervista. Il giorno do- po i risultati, senza avvertire il direttore del Tg1 Demetrio Volcic, mi telefona Gianni Locatelli, direttore generale del- la Rai: “Bruno, in seconda se- rata c’è uno spettacolo di Re- nato Zero. Perché invece non organizzi una trasmissione politica?” Andai da Berlusconi a via dell’Anima, che si mise una risma di fogli bianchi sulle ginocchia: “Vede, sto già la- vorando al programma di governo!”. Vennero lui, Fini, Bossi, Occhetto, tutti. Martinazzoli annunciò in diretta che si sarebbe dimesso e non sarebbe più tornato a Roma. Ripartii da lì.

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Come nacque Porta a Porta

Infine, la nascita di Porta a Porta, uno dei talk più longevi della televisione che ancora resiste in seconda serata: "Ero a Palermo per seguire il processo Andreotti. Una se- ra, in albergo, vidi per caso uno spot della Rai che diceva “la seconda serata è… Carmen Lasorella!”. A quel punto vado dalla presidente Moratti e le dico: la Rai mi ha tolto dal Tg, dalla prima serata, da tutto. A questo punto, fate fare qual- che seconda serata anche al sottoscritto. Ne diedero tre a Carmen e due a me. Sono passati ventotto anni. Porta a Porta sta ancora là"

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