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Sciopero generale contro il Jobs Act: Cgil e Uil ok, ma la Cisl dice no

Dopo la Camusso, anche il nuovo leader della Uil, Barbagallo, opta per la strada della mobilitazione contro le scelte del governo sulla pubblica amministrazione, il lavoro e le pensioni. La Furlan (Cisl) però afferma che non parteciperà.
A cura di Biagio Chiariello
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Dopo la Cgil, anche la Uil ha fatto sapere di voler aderire allo sciopero generale per dire ‘no’ alle politiche del governo su legge di stabilità, jobs act e statali. L’obiettivo dei due sindacati è quello di coinvolgere la Cisl, ferma allo stop del pubblico impiego e rimasta isolata dopo la scelta della Uil. Ma in una intevista a Repubblica, Anna Maria Furlan ha fatto ben intendere le sue intenzioni, dicendo che il "Jobs act sta cambiando in meglio. Faremo invece lo sciopero generale per il rinnovo del contratto del pubblico impiego". Oggi, a margine del congresso che vedrà Barbagallo succedere ad Angeletti, l'incontro tra i tre segretari generali per definire una data comune e le modalità della protesta.

La protesta della Uil

“Coerentemente con il percorso messo in atto in questi mesi e avendo esperito tutti i tentativi per ottenere risultati concreti, a questo punto la Uil dichiara lo sciopero generale e proporrà a Cgil e Cisl l’individuazione di una data e di modalità comuni per l’attuazione della mobilitazione ormai non più rinviabile”, si legge nel comunicato diffuso dalla Uil al termine della riunione dell’esecutivo. Il sindacato che si appresta ad essere guidato da Barbagallo ha giudicato “negativamente” l’esito dell’incontro svoltosi nella serata di ieri a palazzo Chigi: “Nessuna disponibilità è giunta dal governo a proposito del rinnovo dei contratti nel pubblico impiego. Nessuna risposta è stata data sulla richiesta degli 80 euro ai pensionati né sul ripristino della rivalutazione delle pensioni né, tantomeno, sui non autosufficienti. Inoltre, resta nebulosa tutta la partita relativa al jobs act, con il rischio concreto che siano messi in discussione le tutele per quei lavoratori che già le hanno. Mancano, poi, le risorse necessarie a garantire una continuità agli ammortizzatori sociali, per la protezione di coloro che rischiano la perdita del posto di lavoro”.

Renzi difende le scelte di Governo sul Jobs Act

Ieri il premier Matteo Renzi ha difeso le azioni di Governo, sostenendo che il Jobs Act non è un provvedimento che "toglie diritti", semmai elimina "alibi" per tutti. Il Presidente del Consiglio lo ha scritto nella consueta newsletter che invia ai suoi sostenitori: "Vedrete che in molti guarderanno al Jobs Act per quello che è: un provvedimento che non toglie diritti, ma toglie solo alibi. Toglie alibi ai sindacati, toglie alibi alle imprese, toglie alibi ai politici".

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