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Salone del libro di Torino, indagini chiuse: tra i 29 indagati anche l’ex sindaco Piero Fassino

Il pm Gianfranco Colace questa mattina ha annunciato la conclusione della maxi inchiesta, contestando i reati di peculato, falso e violazione normativa della legge sui bilanci. Un anno fa Fassino aveva dichiarato: “La mia unica finalità è stata la tutela dell’interesse della città e il miglior andamento del Salone del Libro”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La procura di Torino ha terminato le indagini sulla vecchia gestione della Salone del libro. Fra i reati contestati dal pm Gianfranco Colace, che questa mattina ha annunciato la conclusione della maxi inchiesta, iniziata ufficialmente il 22 maggio 2015, ci sono il peculato, il falso e la violazione normativa della legge sui bilanci. Nei vari filoni di indagine erano stati coinvolti esponenti del mondo politico torinese e piemontese tra i quali anche l'ex sindaco di Torino Piero Fassino, l'assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi, e il suo predecessore Michele Coppola. Nell'elenco figura anche l'ex presidente della Fondazione del libro Rolando Picchioni. Gli indagati in tutto sarebbero 29, tra amministratori pubblici e revisori dei conti, che adesso rischiano il processo. La polizia giudiziaria sta notificando agli indagati gli avvisi di chiusura indagine. Le presunte irregolarità nella gestione dell'evento sarebbero emerse in particolare sui conti della Fondazione tra il 2010 e il 2015.

Un anno fa, dopo il lungo interrogatorio in Procura, Piero Fassino aveva dichiarato: "La mia unica finalità è stata la tutela dell'interesse della città e il miglior andamento del Salone del Libro, garantendo alla Fondazione le risorse finanziarie necessarie e operando per acquisire partner pubblici e privati, in grado di assicurare la continuità, la qualità e il successo del Salone". 

Come ha riportato il Corriere della sera, sono usciti dal gruppo degli indagati tutti i membri del cda della Fondazione che si erano susseguiti negli anni, tra i quali Walter Barberis e il costituzionalista Enrico Grosso. Per loro è stata chiesta archiviazioni. Tra i punti oggetto d'approfondimento c'è anche la sovrastima del marchio, valutato circa 2 milioni di euro nel 2009 e inserito a bilancio la prima volta nel 2010. Il valore, secondo i consulenti della Procura, avrebbe permesso alla Fondazione di chiudere in attivo il rendiconto, che altrimenti avrebbe registrato un rosso di 796 mila euro. Dal 2010 il marchio sarebbe stato inserito nella colonna delle voci attive, anche se il valore veniva lievemente abbassato di volta in volta. In realtà una consulenza disposta dalla Procura ha decretato che i 23 parametri usati per definire la stima del brand non sarebbero stati corretti e per questo il valore sarebbe stato sovrastimato. Il suo reale valore ammonterebbe a circa 350 mila euro.

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