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Uccisa di botte davanti ai figli: per l’accusa l’assistente sociale sapeva e non ha fatto nulla

Dovrà rispondere davanti ai giudici di omessa denuncia di incaricato di pubblico servizio l’assistente sociale che aveva in carico la famiglia Pompili. Per l’accusa conosceva le violenze che era costretta a subire Gloria e i suoi figli, ma non le avrebbe segnalate.
A cura di Alessia Rabbai
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Gloria Pompili (Facebook).

L'assistente sociale del Comune di Frosinone che seguiva la famiglia Pompili è finita a processo. La settantaduenne, difesa dall'avvocato Pierpaolo Incitti, deve rispondere davanti ai giudici di omessa denuncia di incaricato di pubblico servizio, in quanto per l'accusa aveva in carico il nucleo famigliare di Gloria, mamma di due figli minorenni, costretta a prostituirsi e uccisa di botte dai famigliari, ma non avrebbe segnalato i soprusi e le violenze che la ventitreenne era costretta a subire.

La donna comparirà davanti ai giudici per rispondere delle accuse a proprorio carico in merito alla drammatica vicenda che ha scosso la Ciociaria e sulla quale si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con sentenza definitiva. L'imputata, al momento in cui sono accaduti i drammatici fatti che hanno portato alla scomparsa di Gloria, come assistente sociale del Comune di Frosinone, aveva in carico la sua famiglia, specialmente i due figli minori di lei. Per l'accusa non avrebbe denunciato i maltrattamenti che la donna subiva da parte della sua famiglia. Inoltre, sempre secondo l'accusa, l'assistente sociale era venuta a conoscenza del fatto che Gloria fosse costretta a prostituirsi ed avrebbe omesso anche in questo caso di denunciarlo.

I fatti contestati e che hanno portato alla scomparsa di Gloria Pompili sono avvenuti nell'arco temporale compreso tra il 2016 e il 2017, quando la donna è stata massacrata di botte e uccisa, perché si era ribellata ai suoi aguzzini e perché non voleva prostituirsi. L'autopsia svolta sulla salma della donna ha confermato che a causarne la morte siano state le percosse ricevute, talmente violente da procurarle gravi ferite interne, senza lasciare margine ai medici per poterla salvare. I giudici della Cassazione hanno confermato la condanna definitiva per il reato di omicidio volontario aggravato a vent'anni di carcere per la zia di Gloria, Loide Del Prete e del compagno di quest'ultima, Saad Mohamed Elesh Salem. Un verdetto che è arrivato a maggio del 2021, a distanza di quattro anni dal delitto.

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