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Uccide a coltellate l’ex Romina De Cesare e scappa al mare, condannato a 24 anni Pietro Ialongo

Condannato a 24 anni per aver ucciso la ex compagna e convivente Romina De Cesare: questa la sentenza nei confronti di Pietro Ialongo.
A cura di Beatrice Tominic
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È stato condannato a 24 anni Pietro Ialongo per il femminicidio della ex compagna Romina De Cesare, uccisa il 3 maggio del 2022 nel suo appartamento nella centralissima vi del Plebiscito a Frosinone con almeno 15 coltellate. La sentenza è arrivata oggi davanti alla Corte d'assise di Frosinone: per lui il pm aveva chiesto 23 anni.

La ragazza, come lui originaria del Molise ma da anni residente in Ciociaria, lo aveva lasciato e da poco aveva iniziato un nuova relazione con un'altra persona: questo sarebbe il movente dell'assassinio. Lui non sarebbe riuscito ad accettare la fine della relazione.  Dopo aver ascoltato 44 testimoni e i consulenti la decisione è stata presa: Ialongo è stato condannato a 24 anni.

Il ritrovamento del corpo nell'appartamento in centro

Il corpo di Romina è stato rinvenuto il 2 maggio. È stata uccisa dopo l'ennesima discussione avvenuta al rientro a casa, dove i due vivevano dopo la fine della relazione:"Cercava una nuova casa, aveva paura", ha spiegato una testimone. "Abbiamo sentito gridare, poi il silenzio", hanno aggiunto i vicini.

La donna è stata raggiunta da almeno 15 coltellate di cui, quella fatale, dritta al cuore. Alle 0.27, come mostrano le videocamere di sorveglianza posizionate lungo la via, Romina stava per rientrare a casa. Appena 10 minuti dopo, invece, hanno ripreso la fuga di un uomo, poi identificato con Ialongo.  È salito sulla sua Audi A4, intestata a Romina e si è messo in viaggio. Alle 2.55 è stato visto ad un distributore sui Monte Lepini, a Terracina alle 3.36 e alle 3.48. Poi, il pomeriggio successivo, è stato notato sulla spiaggia di Torre Paola, a Sabaudia nel tardo pomeriggio, seminudo e in stato confusionale.

Nell'automobile sono state ritrovate diverse pagine di un bloc notes, dove pare avesse scritto la sua confessione. Una versione che avrebbe reso anche ai carabinieri, intervenuti prima per calmarlo e poi per riportato a Frosinone, in stato di fermo. "Non si è reso conto di cosa diceva – ha poi commentato l'avvocato dell'uomo commentando l'interrogatorio – Non era in sé quando parlava".

Il processo

Oggi, a quasi due anni da questa terribile vicenda, si è arrivati a sentenza. Nell'ultima udienza, il mese scorso, il consulente tecnico d'ufficio il medico Peppino Nicolucci, incaricato di verificare le condizioni psicofisiche dell'imputato. "Ha agito per possesso", ha dichiarato però il consulente, ritenendolo capace di intendere e di volere. Così è stato autorizzato il cambio di capo di imputazione a cui sono state aggiunte le aggravanti di stalking, il rapporto di convivenza e l'attuale relazione affettiva.

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