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Elezioni regionali Lazio 2023

Smeriglio: “Alle prossime elezioni regionali serve l’alleanza con il M5S e una nuova sinistra unita”

L’intervista dell’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, fino al 2019 vicepresidente della Regione Lazio, a Fanpage.it. Al centro l’alleanza con il Movimento 5 Stelle dopo l’esperienza di governo comune, e il futuro della sinistra chiamata a ritrovare “unità e ambizione”.
A cura di Valerio Renzi
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Massimiliano Smeriglio è stato per oltre dieci anni il braccio sinistro di Nicola Zingaretti, e fino al suo sbarco al Parlamento Europeo come indipendente nelle file del Partito Democratico ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della Regione Lazio. Anche da Bruxelles non ha mai smesso di occuparsi della politica locale, punto di riferimento per una parte importante della sinistra romana e non solo. Ci sarà anche lui al dibattito che si terrà lunedì 10 gennaio dal titolo "Insieme per il Lazio 2030", e al quale parteciperanno tra l'altro l'attuale vicepresidente Daniele Leodori, l'assessora alla Transizione Ecologica Roberta Lombardi, ed esponenti dell'impresa, dell'università e del sindacato, tra cui il presidente di Unindustria Angelo Cammili, il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri e la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni.

Partiamo da dove ha lasciato. Nel 2023 si torna alle urne anche nel Lazio. Può reggere a suo avviso un'alleanza con il Movimento 5 Stelle dopo l'esperienza di governo comune?

Nell'iniziativa a cui parteciperò lunedì vive uno spirito importante, quello della coalizione larga che ci ha permesso di vincere nel 2013 e di rivincere nel 2018 in condizioni di estrema difficoltà, ma soprattutto di aprire immediatamente un'interlocuzione positiva con il Movimento 5 Stelle, circostanza che ora appare scontata ma che quattro anni fa non lo era affatto. Alla Regione Lazio ha vissuto in questi anni un metodo di governare e di discutere, che è un fatto politico, ma anche culturale e sociale. Un campo largo progressista, un campo largo che non vuol dire uno straripamento delle alleanze verso destra ma con tre gambe fondamentali: il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e la sinistra civica e politica. Uno schema in cui credo e che ho contribuito a consolidare alla Regione Lazio e poi all'Europarlamento.

Come si riorganizza la "terza gamba" della coalizione, ovvero la sinistra la cui frammentazione è ormai un luogo comune della politica?

Alle prossime elezioni regionali non dobbiamo accontentarci del diritto di tribuna. Alle elezioni comunali di Roma abbiamo visto le potenzialità e i limiti delle aggregazioni in campo (Sinistra Civica Ecologista e Roma Futura ndr). Abbiamo visto la fatica delle forze tradizionali, dei partiti e dei partitini, e la vitalità rappresentata dalle esperienze del III e dell'VIII Municipio di Amedeo Ciaccheri, penso Liberare Roma a cui ho partecipato attivamente e che ha portato al rinnovamento della sinistra in Campidoglio con Sandro Luparelli e Michela Cicculli, ma anche alla campagna elettorale che ha portato Claudia Pratelli a diventare assessora e al ruolo fondamentale di Marta Bonafoni alla Regione Lazio. Dobbiamo investire su processi collettivi e ambizioni radicali. Una sinistra municipalista, ecologista, femminista capace di difendere con le unghie luoghi come il centro sociale Spin Time, e rilanciare sulle pratiche di autogestione sociale. Insomma dobbiamo tutti alzare l'asticella delle ambizioni, procedendo verso la confederazione di queste esperienze. Io pongo solo due condizioni: la prima è l'appartenenza al campo del centrosinistra, ma su questo non mi pare ci siano tentennamenti, la seconda è l'autonomia politica e sociale di questa sinistra. Non basta il buon governo, serve conflitto e trasparenza nei processi democratici per coinvolgere soprattutto chi a votare non ci va più.

L'interruzione dell'esperienza del Governo giallo-rosso è una battuta d'arresto per una nuova alleanza progressista? Tu ti sei posto subito all'opposizione del Governo Draghi…

Il Presidente della Repubblica in quel momento ha dato l'indicazione dell'unità nazionale scegliendo un profilo che ritengo di alto profilo ma di natura tecnocratica, sospendendo di fatto la dialettica democratica. Lo ha scritto molto bene Goffredo Bettini: o la politica ha la forza di ribadire la sua centralità, oppure è inevitabile che la dimensione tecnocratica faccia la partita. Veniamo da una stagione promettente aperta dall'elezione a segretario di Nicola Zingaretti, con il governo Conte Bis pieno di contraddizioni ma che apriva in maniera importante a temi come la transizione ecologica, il reddito di cittadinanza e il sostegno alle nuove povertà. Non ci nascondiamo che il governo giallo-rosso si è esaurito anche per limiti propri, ma spero in un ritorno a una dialettica politica normale nonostante l'emergenza pandemica.

Zingaretti non solo ha portato i pentastellati al governo della Regione Lazio, ma ha anche portato stabilmente il Movimento 5 Stelle nel campo del centrosinistra. Un risultato che non gli è stato forse riconosciuto fuori e dentro il PD…

È un merito che va a Nicola Zingaretti, e a un intero gruppo dirigente collocato in maniera diversa nel centrosinistra, fuori e dentro il PD. Aver portato un movimento contraddittorio, e spesso ambiguo su alcuni valori, stabilmente in un'alleanza progressista è un risultato importantissimo che non è stato riconosciuto adeguatamente a quella stagione. Questo purtroppo fa parte della ruvidità della lotta politica. Tutto questo sembra acquisito, ma non ci scordiamo il fastidio dei grandi giornali quando si cominciava a interloquire con i "barbari", perché l'esito sempre auspicato dei cosiddetti poteri forti è quello a cui si è arrivati con il Governo Draghi, una stabilizzazione liberal-tecnocratica che è quella che stiamo vivendo.

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