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Sgombero alla Caffarella: due pesi e due misure

Ieri lo sgombero dell’occupazione Berta Caseres. Ma sette aree pubbliche nella Caffarella, espropriate e indennizzate 17 anni fa dal Comune di Roma, sono ancora occupate da privati a non si sa quali canoni. In alcune di queste aree operano attività commerciali. Quando si tratta di beni pubblici a Roma vigono due pesi e due misure.
A cura di Sarah Gainsforth
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Protesta dopo lo sgombero
Protesta dopo lo sgombero

Dopo neanche un mese di attività ieri mattina l’occupazione Berta Caseres in via della Caffarella 13 a Roma è stata sgomberata. Nell’atto del tribunale consegnato agli attivisti c’è scritto che lo spazio sarebbe stato occupato “al fine di trarne profitto”. Ma un’area al civico successivo, il 15, attende dal 2005 di diventare accessibile al pubblico. È una delle sette aree pubbliche nella Caffarella, espropriate e indennizzate 17 anni fa dal Comune di Roma, ancora occupate da privati a non si quali canoni. In alcune di queste aree operano attività commerciali. Quando si tratta di beni pubblici a Roma vigono due pesi e due misure.

Il 5 marzo gli attivisti per il clima della Rete Ecosistemica hanno occupato una villa in via della Caffarella 13, dal 2006 di proprietà della Regione Lazio, nel cuore del parco della Caffarella, nel primo tratto del Parco dell’Appia Antica. La villa e il giardino che la circonda sono in vendita per 3 milioni di euro, pubblicizzati sui siti di annunci immobiliari come “appartamenti di pregio in un’area di valore storico e paesaggistico”.

La villa era da anni in stato di abbandono come altre lì a fianco. Con la sua riapertura era nata lì una "laboratoria ecologista". Obbiettivo dell’occupazione era infatti richiamare l’attenzione delle istituzioni alla gravità della crisi ecologica e climatica in atto, e al tempo stesso scongiurare la “perdita, per la collettività, di uno spazio collocato in un contesto ecologicamente fragile e da tutelare. L’ennesimo regalo alla speculazione e al profitto privato all’interno di un Parco Regionale protetto”, si legge in un comunicato degli attivisti.

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“La Caffarella è un patchwork di aree sottratte alla speculazione privata” racconta uno degli attivisti, Riccardo Carraro. L’impegno decennale di cittadini e comitati ha permesso di salvaguardare un’area di enorme valore storico e ambientale. È una storia “di lotte, di successi da parte dei cittadini, di abusi da parte dei palazzinari, di vittorie e di sconfitte, di passi avanti e indietro da parte della Pubblica amministrazione” scrive il Comitato per il Parco della Caffarella.

Se la villa è stata sgomberata, la stessa solerzia non è riscontrabile per altre sette aree del Parco della Caffarella. Da 17 anni infatti si attende che queste aree, già espropriate e indennizzate dal Comune, diventino fruibili. Nel 2005 il Comune le ha espropriate per ampliare il Parco della Caffarella ma le ha lasciate in una lunghissima ‘detenzione precaria’ agli ex proprietari. Tra questi un concessionario di moto, due vivai e un’azienda agricola che ha pagato un canone mensile di circa 83 euro per un’area di 8,7 ettari.

Nel corso degli anni il Comitato per il Parco della Caffarella ha fatto accessi agli atti, diffide, esposti e denunce per sollecitare la conclusione di questa vicenda e la restituzione delle aree ai cittadini. Uno degli stabili, quello occupato dalla Hyundai in via Appia Antica 43, dove si formano le file di turisti in attesa del 118, è stato da poco recuperato. Un avviso del Comune di Roma datato settembre 2021 è stato attaccato al cancello ma l’edifico, tutto da ristrutturare, è vuoto. I due vivai in aree espropriate sarebbero forse compatibili con la vocazione del Parco, sostiene Rossana De Stefani del Comitato per il Parco della Caffarella, ma anche qui c’è una situazione di degrado. In uno dei vivai ci sarebbero circa 800 tartarughe che l’inverno vanno in letargo. “Non si capisce come ci sia spazio sufficiente per tutti quegli animali” sostiene De Stefani. Di proroga in proroga, non si sa a quali canoni, queste attività hanno continuato a operare indisturbate dal 2005 fino ad oggi.

Il risultato è che ancora “non c’è un accesso diretto adeguato da Via Appia al Parco della Caffarella”. In una prospettiva di lungo periodo, però, il problema delle aree espropriate appare poca cosa. “Vinceremo anche questa” sostiene Roberto Federici, anima storica del Comitato che insiste da anni, con la tenacità di una goccia cinese, sul tema delle aree espropriate ancora inaccessibili all’inizio del Parco dell’Appia. È grazie alla determinazione e alla pazienza dei cittadini che negli ultimi trent’anni il Parco è stato riqualificato, ampliato e reso fruibile. Il Comitato ha incontrato lunedì scorso l’assessore all’ambiente Sabrina Alfonsi per sollecitare il Comune sul tema delle aree espropriate. “Alfonsi si è impegnata per liberare le aree” afferma Federici. Forse dopo 17 anni, anche i cittadini saranno compensati.

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