Morto nel deposito Atac, il figlio di Maurizio Di Pasquale: “Una catenella poteva salvargli la vita”

Sarebbe bastata la presenza di una catenella da dieci euro per permettergli di salvarsi. È quanto sostiene il trentottenne Norbert Czaplicki, figlio di Maurizio Di Pasquale, il dipendente Atac caduto in una fosse all'interno di un deposito Atac. "Se fosse stata messa in sicurezza, non sarebbe successo. E lui sarebbe ancora con noi", ha detto.
Il racconto del figlio della vittima, Maurizio Di Pasquale
"Siamo a pezzi. Dalle istituzioni non è arrivato neanche una domanda su come stiamo", ha dichiarato il figlio di Di Pasquale a la Repubblica. I fatti sono avvenuti qualche giorno fa. Dopo la brutta caduta nella rimessa Atac di Roma Est in una buca alta un metro e sessanta e larga uno, Di Pasquale è morto il 4 luglio, una volta arrivato al policlinico di Tor Vergata.
Non si danno pace i figli, avuti da una precedente relazione, la compagna e il figlio, cresciuto dallo stesso Maurizio Di Pasquale. È proprio lui che ha parlato dell'assenza di una catena che avrebbe potuto salvare la vita al patrigno. "La dinamica è la cosa che ci fa più rabbia: sapere che una catena da pochi euro poteva salvarlo è assurdo", dice. Nel frattempo la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio colposo per verificare cosa sia realmente accaduto.
Il silenzio delle istituzioni
Dopo i fatti sono arrivate le condoglianze pubbliche del sindaco. "Ma nessuno si è fatto sentire da noi familiari – continua il figlio di Di Pasquale – Soltanto dopo giorni è arrivata la chiamata di un dipendente di Atac che ci ha chiesto quando fosse morto. Mio fratelli non è riuscito a trattenersi, si è arrabbiato. Non sappiamo chi fosse, ma sicuramente lavora in qualche ufficio di affari burocratici. Ma noi non siamo carabinieri o pm, stiamo soffrendo, non ce lo aspettavamo".