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Incinta non vaccinata morta di Covid: per la Procura gli ospedali non hanno responsabilità

La Procura di Roma ritiene che gli ospedali in cui si è recata Adriana Tanoni prima di morire, non hanno responsabilità. Le indagini proseguono invece sull’intervento dei sanitari che l’hanno visitata con l’ambulanza nel giardino di casa senza ricoverarla.
A cura di Alessia Rabbai
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Gli ospedali presso i quali si è recata Adriana Tanoni, la ventottenne di Aprila incinta e non vaccinata, che ha contratto il Covid-19, non hanno responsabilità della sua morte. È quanto sostiene la Procura della Repubblica di Roma nei confronti delle tre strutture dove si è recata con la febbre, Policlinico Gemelli, Umberto I e Noc di Ariccia. Nei primi due non risulta al triage, nel terzo, in cui il nome di Adriana compare al pronto soccorso, secondo quanto dichiara l'ospedale, una volta arrivato il suo turno non era più nella sala d'attesa. Su questo primo aspetto rispetto alla denuncia per omicidio colposo dunque si procede con l'archiviazione, perché non ritenuta penalmente rilevante.

Le indagini continuano per quanto riguarda i soccorsi prestati dai sanitari intervenuti con l'ambulanza nel giardino della sua abitazione il 5 gennaio scorso, che avrebbero visitato Adriana senza portarla in ospedale per il ricovero e che se ne sarebbero andati senza verificare se avesse la polmonite bilaterale interstiziale da Covid-19, le cui complicanze hanno portato poi al decesso, sopraggiunto nella notte tra il 20 e il 21 gennaio.

L'avvocato: "Se Adriana fosse stata curata per tempo non sarebbe morta"

"La famiglia è profondamente amareggiata per il fatto che si sarebbe aspettata che la Procura avesse svolto tutte le indagini che come legale ho suggerito, indagini che sono state invece disattese – ha dichiarato ai microfoni di Fanpage.it l'avvocato della famiglia di Adriana Tanoni, Sebastiano Russo – Ho esternato le mie perplessità, per il fatto che non siano stati ascoltati i famigliari che sono vissuti a stretto contatto con lei gli ultimi giorni della sua vita e del compagno, anch'egli positivo, che l'ha accompagnata in ospedale.

Non è stato inoltre ascoltato il personale sanitario, né nominato un medico legale al quale sottoporre le cartelle cliniche sequestrate dai vari ospedali, né sono stati acquisiti i video registrati dalle telecamere di videosorveglianza. Se Adriana fosse stata curata per tempo, il 3 gennaio, a questo punto avremmo raccontato un’altra storia, ovvero non ci sarebbe stata nessuna morte".

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