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Così il clan Ciarelli ha fermato i Casalesi a Latina: i rapporti con i servizi deviati e Cosa Nostra

Dall’inchiesta che ha portato agli arresti nei confronti del Clan Ciarelli emerge la storia del clan, di come abbia fermato l’espansione dei Casalesi di Sandokan nella provincia di Latina e i rapporti con uomini dello Stato e dei servizi che ne avrebbero coperto l’ascesa.
A cura di Emilio Orlando
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Carmine Ciarelli, detto "Porchettone", e Ferdinando Ciarelli detto “Furt”
Carmine Ciarelli, detto "Porchettone", e Ferdinando Ciarelli detto “Furt”

Per "combattere" la scalata criminale nel Lazio dei Casalesi, concorrenti negli affari criminali dei Di Silvio e dei Ciarelli, i boss dei due temutissimi clan sinti avevano chiesto copertura e aiuto alla mafia e ad alcuni settori deviato dello stato, con il ricatto che se non fosse stato raggiunto un accordo sarebbe scoppiata una sanguinosa guerra criminale.

"Tu non sai chi sono io…vado a prendere il fucile e gli sparo… mi devi chiedere scusa in ginocchio perché se non lo fai ti sparo con il fucile…la tua famiglia piangerà un morto". Era una delle minacce con cui Ferdinando Ciarelli intimidiva le vittime prima di picchiarle a sangue. La prima richiesta estorsiva, la inviava con un messaggio che mandava da un profilo "Facebook" che si chiamava "Puro Sangue Ciarelli". Ma il modus operandi delle due organizzazioni smantellate ieri mattina non si limitavano solo a questo. Non solo estorsioni, truffe, violenze private, danneggiamenti e lesioni e reati aggravati dal metodo mafioso, ma anche rapporti opachi con apparati dello Stato e delle istituzioni.

Fiumi di cocaina lasciati "scorrere" senza problemi, tra la provincia di Latina e la Capitale in cambio di una pax criminale che avrebbe garantito un "quieto vivere" a tutti. Sono le rivelazioni inquietanti, raccontate nelle cento ottantacinque pagine di ordinanza di custodia cautelare, che ieri mattina all'alba stata notificata a ventuno indagati, quindici dei quali finiti in carcere e che ha svelato l'ennesimo spaccato di connivenza tra malavita organizzata, politica ed imprenditoria nel basso Lazio.

Da destra Ferdinando Ciarelli, Carmine Ciarelli e Pasquale Ciarelli
Da destra Ferdinando Ciarelli, Carmine Ciarelli e Pasquale Ciarelli

La genesi dell'impero criminale dei clan Di Silvio e Ciarelli

I collaboratori di giustizia Agostino Riccardo, Renato Pugliese e Andrea Pradissitto, questo un ex luogotenente del clan Ciarelli, hanno ricostruito la genesi malavitosa e la scalata al potere dei Ciarelli che erano riusciti ad estromettere il Clan dei Casalesi e Francesco Schiavone detto Sandokan, conquistando anche il business del traffico illecito di rifiuti e il controllo degli stabilimenti balneari. A delineare i rapporti di forza ai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Roma è stato Andrea Pradissitto, genero di Ferdinando Ciarelli "Furt", e marito della figlia Valentina. L’ex affiliato, dopo essere stato arrestato per l’omicidio di Massimiliano Moro ha iniziato a collaborare con la giustizia svelando i segreti di su Carmine Ciarelli, conosciuto anche come "Porchettone"o "Titti". "Il professore di diritto", così lo definisce Renato Pugliese (altro collaboratore di giustizia), che lo ritiene un uomo colto ma spietato.

A cavallo tra il 1996 e il 1997, Ettore Mendico, descritto da Pradissitto (e non solo) come esponente dei Clan dei Casalesi, si presentò a casa di Carmine Ciarelli, tramite Matteo Baldascini, altro noto personaggio legato ai clan di Caserta. "L’obiettivo – ha spiegato Pradissitto ai sostituti dell'antimafia– era che la famiglia Ciarelli si alleasse con il clan dei Casalesi di Francesco Schiavone ( Sandokan)…erano presenti altri esponenti per conto della famiglia Schiavone di cui non ricordo il nome. Dopo avere occupato il sud pontino tramite la cellula di Mendico, i Casalesi volevano una percentuale sui profitti illeciti e un appoggio militare in caso di una guerra criminale". Dopo quella riunione non venne raggiunto nessun accordo, dagli altri due fratelli, Ferdinando detto Furt e Luigi Ciarelli, che andarono a Borgo Carso da Baldascini sparando quindici colpi di pistola per ucciderlo. Non riuscendo ad ammazzarlo, i Ciarelli, temendo una reazione dei Casalesi, “si organizzarono per una risposta insieme a Pino Pes, Alessandro Artusa e Tozzi (condannati per l’omicidio di Saccone)".

L'espansione criminale dei Di Silvio e dei Ciarelli non si ferma e i capi famiglia chiedono protezione a Cosa Nostra."Proprio in quei giorni – sottolinea ancora il collaboratore di giustizia Paradissitto – Carmine Ciarelli chiese l’intercessione della famiglia Lo Piccolo di Palermo per bloccare il tentativo dei Casalesi di occupare la città di Latina. Questa mediazione andò a buon fine. Devo aggiungere che la famiglia Ciarelli diede ospitalità a Latina, per circa un anno, a due soggetti appartenenti alla famiglia Lo Piccolo latitanti. Credo fosse il 1994 o il 1995. Per questo fatto la mafia siciliana rimase riconoscente alla famiglia Ciarelli e si impegnò a impedire l’ascesa dei Casalesi".

I rapporti con gli apparati dello stato e i Servizi deviati

I rapporti con alcuni appartenenti alle forze di polizia corrotte davano, sempre secondo i collaboratori, impunità agli affiliati al clan che importavano droga a livello internazionale. Ferdinando Ciarelli detto "Furt", considerato il fondatore del clan Ciarelli e con Carmine "Porchettone" era molto legato a persone importanti a livello istituzionale di Roma, tanto che una volta, nel 2004, venne fermato all’aeroporto di Fiumicino con uno zainetto con 250mila euro, grazie all’intercessione di una persona di nome "Lorenzo" (un personaggio originario di Milano ), con cui era in affari e "che aveva la possibilità di disporre di una clinica sulla Portuense". "Lorenzo disse a mio suocero – spiega ancora Paradissitto alla DDA – che le persone che erano con lui appartenevano ai Servizi ed erano gli amici che fino a quel momento lo avevano sempre protetto. In effetti mio suocero non ha mai subito indagini. Mio suocero non accettò l’offerta e da quel momento sono iniziati i guai". L'offerta sarebbe stata una protezione a caro prezzo da parte di un pezzo degli apparati dello Stato.

Gli arresti del Clan Ciarelli

Gli investigatori della squadra mobile di Latina, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia capitolina hanno arrestato Manuel Agresti, Matteo Ciaravino, Carmine Ciarelli detto "Porchettone" con i figli Ferdinando detto Macù e Pasquale Ciarelli. Stessa sorte è toccata ad Antonio Giorgio e Ferdinando Ciarelli detto "Furt", Roberto Ciarelli (classe 1996), il figlio di Armando alias "Lallà", Gianluca Di Silvio, Costantino Di Silvio detto Patatone, Francesco Iannarilli, Rosaria Di Silvio, Maria Grazia Di Silvio e la narcotrafficante Valentina Travali. Agli arresti domiciliari è finito Ferdinando Ciarelli.

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