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Casamonica, ex moglie denuncia il clan: “Costretta a gestire l’usura, non potevo uscire di casa”

La donna, che nel 2017 si è rivolta a un centro antiviolenza, ora vive in una comunità protetta insieme alle figlie. È una delle teste chiavi nel processo a Casamonica e Di Silvio.
A cura di Natascia Grbic
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"Preferivo morire piuttosto che continuare a vivere così. Ho preso le bimbe, abbiamo fatto finta di andare a scuola, con due zainetti abbiamo lasciato quella casa". A dichiararlo, nell'aula di tribunale dove si celebra il processo ai clan Di Silvio e Casamonica, è l'ex moglie di Raffaele Casamonica, oggi testimone di giustizia. La donna, che vive con le due figlie in una comunità protetta, si è rivolta tempo fa a un centro antiviolenza, chiedendo di essere aiutata a uscire dal clan. Oggi è una dei teste chiave nel processo che vede imputati diversi membri dei clan, accusati di usura, estorsione, spaccio e altri reati.

A riportare la notizia è Il Messaggero. La donna ha raccontato di aver iniziato la relazione con Raffaele Casamonica nel 2004, quanto aveva diciannove anni, e di essere venuta in Italia per stare insieme a lui. Inizialmente pensava fosse un imprenditore, ma poi dopo poco la verità è venuta a galla.

Inizialmente la donna aveva accettato di gestire i giri d'usura insieme al marito. Poi, una volta che l'uomo è stato arrestato, il suocero l'ha costretta a continuare, nonostante lei non volesse più farlo.

La donna ha raccontato di essere stata vessata dalla famiglia del marito. Non poteva uscire di casa, se non per fare la spesa, avere amiche e avere a disposizione del denaro. In più di un'occasione sarebbe stata minacciata dai suoceri: soprattutto la madre di Raffaele Casamonica in un'occasione le avrebbe puntato un coltello al volto davanti alla figlia piccola, oltre a minacciarla che l'avrebbe sfregiata con l'acido. Il marito ha poi deciso di divorziare, scelta di cui i suoceri hanno incolpato la donna, rendendole ancora di più la vita impossibile. Dopo essere stata minacciata con il coltello, la decisione di rivolgersi a un centro antiviolenza e denunciare il clan.

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