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Povertà in aumento soprattutto tra i giovani, sono indigenti 5 milioni di italiani

Secondo la Caritas è la stima più alta dal 2005 ad oggi. A vivere le situazioni più difficili sono le famiglie del Sud, quelle più numerose, quelle di stranieri e quelle in cui il capofamiglia è in cerca di occupazione o ha un lavoro modesto. Ma la difficoltà riguarda anche e soprattutto i giovani: “il vecchio modello di povertà italiano” è cambiato, e oggi la povertà assoluta è “inversamente proporzionale all’età”.
A cura di Claudia Torrisi
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Giovani sempre più poveri e attanagliati dalla crisi del lavoro, italiani sempre più in difficoltà soprattutto al Sud e situazioni di disagio sempre più estremo di rifugiati e richiedenti asilo. La condizione di indigenza è da sette anni in aumento esponenziale: da 1,8 milioni di persone povere nel 2007, il 3,1% del totale, si è passati a 4,6 milioni del 2015, il 7,6%. Il quadro è tracciato dal Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia (e alle porte dell’Europa) 2016 della Caritas, diffuso  in occasione della Giornata mondiale contro la povertà. L'analisi si intitola "Vasi comunicanti" perché, considerata la "particolare congiuntura storico-sociale" in cui ci troviamo, si è voluto affrontare il tema della povertà in Italia allargando lo sguardo oltre i confini nazionali, descrivendo le forti interconnessioni che esistono tra la situazione all'interno del nostro peaese e quelllo che accade alle sue porte.

In Italia, stando alle stime dell'Istat, quasi 4,6 milioni di persone vivono in uno stato di povertà, circa un milione e 582 mila famiglie. Si trata del numero più alto registrato dal 2005 ad oggi. A vivere le situazioni più difficili sono i nuclei del Sud Italia, quelli più numerosi, con due o più figli minori, le famiglie di stranieri e quelle in cui il capofamiglia è in cerca di occupazione o ha un lavoro modesto. Ma la difficoltà riguarda anche e soprattutto i giovani. Come sottolinea il rapporto Caritas, infatti, "il vecchio modello di povertà italiano" è cambiato, e oggi la povertà assoluta – ossia la totale esclusione da quei beni e servizi necessari peruna vita dignitosa – risulta "inversamente proporzionale all'età": diminuisce man mano che si parla di persone più anziane. Questa situazione è causata dalla "persistente crisi del lavoro", che ha "penalizzato (o meglio, sta ancora penalizzando) soprattutto giovanie giovanissimi in cerca di una prima/nuova occupa-zione e gli adulti rimasti senza un impiego".

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Guardando ai dati raccolti nei Centri d'ascolto della Caritas emerge che nel 2015 sono state incontrate 190.465 persone, di cui il 57,2% straniere. La prevalenza di non italiani, però, non è omogenea in tutto in paese. Al Sud, infatti, la percentuale di italiani che si rivolgono agli sportelli è del 66,6%. Per la prima volta, inoltre, risulta una sostanziale parità di genere: dopo una lunga prevalenza delle donne, la presenza di maschi e femmine si è livellata rispettivamente al 49,9 e al 50,1%. L'età media di chi si rivolge ai Centri d'ascolto è di 44 anni; per lo più si parla di persone coniugate 47,8%, seguite da celibi o nubili 26,9%. Il 41,4% ha la licenza media inferiore, il 16,8% quella elementare e il 16,5% quella media superiore. I disoccupati e gli inoccupati rappresentano insieme il 60,8% del totale. A spingere le persone a chiedere aiuto sono per lo più bisogni materiali: casi di povertà economica (76,9%) di disagio occupazionale (57,2%), problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%). Molto spesso, tra l'altro, si sommano due o più problemi: "Su 100 persone (per le quali èstato registrato almeno un bisogno) solo il 38,6% hamanifestato difficoltà relative ad una sola dimensione. Per i restanti casi risultano esserci situazioni in cui sisommano almeno due (29,9%) o più ambiti problematici (31,5%). La sfida più difficile in termini di presa in carico e di sostegno riguarda proprio queste ultime situazioni dove risulta più grave la condizione di deprivazione ed esclusione sociale", si legge nel rapporto.

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A queste situazioni, però, si aggiunge anche il disagio di chi è costretto a fuggire dal proprio paese e, ricorda la Caritas, "vede sommarsi contemporaneamente tante vulnerabilità, prime fra tutte quelle legate ai traumi indelebili di un viaggio spesso fatto in condizioni disperate". Stando ai dati ufficiali, sulle coste italiane sono sbarcati nel 2015 153.842 migranti, originari prevalentemente di Eritrea, Nigeria, Somalia,Sudan, Gambia, Siria e Mali. Le persone che hanno fattodomanda di asilo sono state 83.970, erano poco più di 10 mila nel 2005, dieci anni fa. Nel 2015 7.770 profughi e richiedenti asilo si sono rivolti a Centri di ascolto Caritas: per lo più uomini (92,4%), con un’età compresa tra i 18e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da Stati dell'Africa e dell’Asia centro-meridionale, con una modesta scolarizzazione (licenza elementare 16,5%, licenza di scuola media inferiore 22,8%) e casi di analfabetismo (26%). I migranti hanno manifestato situazioni di povertà economica (61,2%), "coincidenti soprattutto con povertà estrema o con mancanza totale di un reddito". La necessità più comune, comunque, è la mancanza di una casa – un disagio sperimentato da oltre la metà dei profughi (55,8%) – seguita da "situazioni di precarietà/inadeguatezza abitativa e di sovraffollamento" e problemi di istruzione, "che si traducono per lo più in problemi linguistici edi analfabetismo". I migranti che si rivolgono ai Centri di ascolto chiedono per lo più beni di prima necessità (79,1%), come pasti alle mense (34,1%), vestiario (42,3%), prodotti per l’igiene (19,8%), servizi di "pronta e prima accoglienza", interventi di orientamento(19,2%) e di tipo sanitario (13,4%).

A fronte di questa situazione, l'unica strada percorribile è secondo la Caritas "un Piano Pluriennale di contrasto alla povertà, che porti alla introduzione nel nostro Paese di una misura universalistica contro la povertà assoluta". Il piano, si legge nel rapporto, "dovrebbe prevedere, in una prospettiva di medio lungo-periodo, un graduale e progressivo incremento degli stanziamenti in modo da raggiungere tutte le persone in povertà assoluta e – considerate le profonde differenze territoriali nel funzionamento dei servizi alla persona – rafforzare adeguatamente i sistemi di welfare locale. Questa prospettiva di ‘gradualismo in un orizzonte definito' si può realizzare se il legislatore mette a fuoco da subito (nella legge di bilancio 2017): il punto di arrivo del percorso, le tappe intermedie, l’allargamento progressivo di anno in anno della platea dei beneficiari, l’incremento progressivo delle risorse stanziate annualmente". Non solo: occorre l'attivazione urgente di politiche del lavoro per il contrasto della disoccupazione, la promozione "e l’incentivazione di percorsi di studio e formazione per i giovani, soprattutto nelle famiglie meno abbienti".

Per quanto riguarda la questione migratoria, invece, la Caritas nella sua analisi chiede "politiche inclusive, non discriminanti e non categoriali, rifuggendo approcci demagogici" e un sistema di accoglienza "organico e sostenibile, che sia in grado di offrire standard qualitativi uniformi a prescindere dalla fase e dalle modalità dell’accoglienza", in grado di contrastare fenomeni di sfruttamento di cui i migranti cadono vittime, e volti a facilitare "l’inserimento socio-economico abitativo sia dei titolari di protezione internazionale e umanitaria che dei migranti già regolarmente soggiornanti in Italia ad altro titolo". A questo, a livello europeo, si aggiunge "l’apertura di canali sicuri e legali di ingresso nell’Ue sia attraverso l’introduzione di visti umanitari" sia attraverso "l’esenzione dall’obbligo del visto se giustificato da motivi umanitari", l’applicazione piena del "principio di solidarietà intraeuropea nella condivisione delle accoglienze dei richiedenti la protezione internazionale, affinché ogni Stato si impegni a fare la sua parte nell’accoglienza e integrazione dei migranti, data l’assoluta inefficacia dei programmi di ricollocamento finora attuati".

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