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Covid 19

Tamponi, vaccini e quarantena: gli errori del governo su Omicron hanno mandato in tilt il Paese

Code per i tamponi, incertezza su quarantena e vaccini, prezzi alle stelle: la variante Omicron ha mandato in tilt il sistema Italia. Almeno smettiamola di dire che va tutto bene e che il governo ha tutto sotto controllo.
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Bisogna essere davvero scollegati dalla realtà per non accorgersi del caos in cui è sprofondato il Paese in questi giorni. Centinaia di migliaia di persone alla disperata ricerca di un tampone, milioni di euro buttati in test privi di affidabilità, code interminabili all’esterno di farmacie e laboratori, prezzi fuori controllo per molecolari o sierologici così come per le Ffp2, centralini delle Asl perennemente occupati e personale impossibilitato o incapace a fornire indicazioni utili su contatti e isolamenti, confusione sull’applicazione delle nuove regole delle quarantene, medici di base sommersi dalle chiamate, code ai (pochi) centri vaccinali che continuano a erogare il servizio durante le festività natalizie: sono solo alcuni degli aspetti del naufragio del sistema Italia al tempo di Omicron. Perché al quadro complessivo bisognerebbe aggiungere l’incredibile confusione determinata dalle misure del governo e l’imbarazzante comunicazione delle istituzioni sanitarie e delle Regioni, incapaci di fornire chiarimenti utili e univoci a cittadini confusi, disorientati e giustamente spaventati (si veda, a mero titolo di esempio, le differenze fra il decreto dell’esecutivo e la circolare attuativa dell’Iss sulla quarantena).

Il caos di questi giorni è solo in parte attribuibile alla dominanza della variante Omicron. Perché il governo Draghi ha di fatto scelto la strada dell’infezione di massa senza pianificarne efficacemente la gestione. Dopo aver perso settimane prima di affrontare il problema Omicron, confidando in un vantaggio che probabilmente non c’è mai stato, l’esecutivo si è presentato con un “piano” che prevedeva l’utilizzo delle mascherine all’aperto e poco altro. Il secondo intervento è stato anche peggio, se possibile. Cambiare da subito le regole sulla quarantena e posticipare al 10 gennaio l’ulteriore allargamento dell’utilizzo del super green pass e i booster a 4 mesi, senza impostare alcun piano di contenimento è un vero segnale di resa alla variante e una decisa scelta delle priorità: prima la salvaguardia del sistema produttivo e degli equilibri sociali, poi il resto. L’idea di fondo è che, al punto in cui siamo e per le caratteristiche di Omicron, ogni intervento sia pressoché inutile o addirittura controproducente per la stabilità del sistema economico e sociale. Una scelta legittima, basata sulla convinzione che gli effetti siano “leggeri” sui vaccinati e che il sistema sanitario possa reggere l’aumento dei casi e delle ospedalizzazioni, ma che almeno andrebbe accompagnata da una serie di interventi per mitigarne l’impatto e soprattutto da una campagna di comunicazione degna di questo nome.

Perché se era difficile prevedere con mesi di anticipo lo tsunami Omicron, molto più semplice era ipotizzare cosa sarebbe successo nel caso in cui si fosse optato per la circolazione incontrollata di un virus come il SarsCov2. Omicron, che magari (si spera) è meno grave di Delta, non è certo "un raffreddore" e la sua letalità non è per nulla paragonabile a quella della normale influenza. Scegliere di non prendere misure adeguate per contenerne la trasmissione significa mettere in conto che ci siano centinaia di migliaia di contatti di casi e potenziali tali al giorno, persone cui non si può dire semplicemente “non fate la fila per i tamponi perché altrimenti ingolfate il sistema” (anche perché dovrebbe essere fondamentale diagnosticare in fretta la malattia e coi tempi di attesa per un molecolare delle Asl…). È vero, nessun sistema di test and tracing può reggere a una simile domanda, ma probabilmente si trattava di considerazioni da fare a monte, non quando ormai gli argini sono rotti e il fiume è esondato. Così come andava gestita con maggiore linearità la campagna per la terza dose (fondamentale, in ragione dell'efficacia del booster e della perdita di forza nel tempo della copertura dei vaccini), magari rompendo gli indugi sull'obbligo vaccinale sui luoghi di lavoro.

Ed è chiaro che non si può stare tranquilli nel pensare che una tale assenza di pianificazione possa riguardare anche ospedali e terapie intensive: abbiamo un piano per gestire gli accessi delle prossime settimane? C’è una valutazione sull’impatto di Omicron su ricoveri e ventilazioni? C’è un piano B nel caso in cui le strutture sanitarie dovessero andare in affanno? Davvero pensiamo di poter gestire questa fase basandoci su ciò che resta del “sistema a colori”, ormai svuotato di senso e significato da decreti e ordinanze, al punto che non vi sono praticamente più differenze fra zona bianca, gialla e arancione?

Scommettere sulla tenuta del sistema di fronte all’ondata Omicron (che speriamo davvero sia breve e meno intensa) senza averne prima verificato la forza è stato un azzardo che gli italiani stanno già pagando in termini di stress emotivo, esborso economico per test e dispositivi di protezione, contagi probabilmente evitabili. Passi la cautela nel valutare una situazione complessa e in divenire, va bene la comprensione per i ritardi e gli errori di un esecutivo che non ha le mani libere per agire e ha poche certezze sul piano scientifico, ma che almeno la si smetta di raccontare una realtà che non c'è.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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