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Taglio parlamentari bloccato, mancano ancora le firme per il referendum: il 12 scadono i termini

La consegna delle firme in Cassazione, per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari, slitta a domani. Il motivo è il ritiro della firme da parte di quattro senatori. “Non faccio nomi, avremo l’elenco a breve”, ha detto a Fanpage.it il senatore Andrea Cangini, tra i promotori della raccolta. Alla base delle defezioni potrebbe esserci il rischio concreto di un accorciamento della legislatura.
A cura di Annalisa Cangemi
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Mancano le 64 firme necessarie per avviare la richiesta di referendum confermativo sulla legge che ha tagliato il numero di poltrone in Parlamento, legge che è stata approvata lo scorso ottobre. La consegna delle firme in Cassazione, che era stata annunciata per oggi, non avrà luogo. Il motivo è stato il ritiro della firme da parte di alcuni senatori.

"L'appuntamento della consegna firme in per chiedere un referendum sul taglio dei parlamentari è slittato perché alcuni senatori, credo quattro, hanno chiesto di ritirare le firme che avevano apposto, altri stanno chiedendo formalmente di aggiungere le proprie. Quindi per rispettare la volontà di tutti, sia di quelli che hanno avuto dei ripensamenti in positivo, sia di quelli che hanno avuto dei ripensamenti in negativo, abbiamo riaperto i termini. Il nuovo appuntamento è fissato per domani alle 15 in Cassazione – ha spiegato Andrea Cangini di Forza Italia tra i promotori della raccolta, intervistato da Fanpage.itCi è sembrato corretto riaprire i termini della raccolta firme e chiedere un nuovo appuntamento in Cassazione". Prima che si sfilassero quattro senatori, le firme a disposizione erano 66.

"Non faccio nomi, avremo l'elenco a breve", ha detto ancora Cangini. "Finché non avremo depositato le firme in Cassazione, e i termini scadono il 12 gennaio, non possiamo assicurare che il referendum verrà celebrato. Se entro domani alle 15 non avremo le 64 firme vorrà dire che dal 12 la riforma sul taglio dei parlamentari entrerà in vigore così come è", ha spiegato il senatore a Fanpage.it. Se la soglia delle 64 firme fosse raggiunta entro domani significherebbe che gli italiani sarebbero chiamati a esprimersi sulla riforma costituzionale, fortemente voluta dal M5s, tra maggio e giugno.

Una conseguenza del referendum potrebbe quindi essere il possibile accorciamento della legislatura, perché andare al voto subito vuol dire mantenere gli attuali 945 parlamentari, e non eleggere la quota ridotta del 30 per cento come previsto dalla nuova legge. I parlamentari che hanno deciso di ritirare la propria firma potrebbero essere stati spinti dalla paura di andare a casa, e ‘qualcuno', come sembra suggerire lo stesso Cangini, "si sarebbe fatto suggestionare", e starebbe lavorando proprio per boicottare la consultazione popolare: "È un ragionamento probabile. Io però non ho mai considerato reale il legame tra referendum e durata della legislatura – ha detto Cangini – Per me è importante piuttosto che si possa svolgere la campagna referendaria, e si possa fare un dibattito sul ruolo del Parlamento, un dibattito che è mancato, a causa di calcoli opportunistici di tutte le forze politiche".

Tra le firme ritirate, a quanto si apprende, ci sarebbero quelle di Massimo Mallegni, Laura Stabile e Franco Dal Mas, senatori azzurri che fanno riferimento all'area di Mara Carfagna. "Sto valutando se ritirare la firma – ha detto a Fanpage.it Mallegni – Il governo deve andare a casa alla velocità della luce, ma non accettiamo queste furberie. Qualcuno vorrebbe tornare al voto prima del referendum, per mantenere 345 poltrone. Non siamo fessi. Le Camere non possono essere sciolte dal Capo dello Stato se c'è un referendum in vista". Alla domanda sul perché ha messo la sua firma in un primo momento ha risposto così: "Forza Italia ha sempre pensato fosse giusto transitare attraverso il giudizio popolare per far passare una riforma costituzionale così importante. Il Parlamento l'ha votata ma è un Parlamento delegittimato. Ma se questo referendum deve essere utilizzato per tirare a campare o per mantenere 345 poltrone noi non ci stiamo".

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