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Salvini dice che non vuole né Draghi né von der Leyen a capo della prossima Commissione europea

Matteo Salvini ha dichiarato che non appoggerà Mario Draghi per un ruolo di vertice nella prossima Unione Europea, così come non ha alcuna intenzione di sostenere un bis di Ursula von der Leyen. Ecco tutte le ipotesi sul futuro della presidenza della Commissione e sul ruolo che potrebbe avere l’ex premier.
A cura di Luca Capponi
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Matteo Salvini ha dichiarato che non darebbe il suo sostegno a una candidatura di Mario Draghi per un ruolo ai vertici dell'Unione Europea. "Puntiamo a una maggioranza di centrodestra", ha dichiarato il leader della Lega, che aveva invece appoggiato Draghi nei suoi quasi due anni da presidente del Consiglio. L'ex presidente della Bce è considerato il profilo giusto per il ruolo di presidente della Commissione europea o del Consiglio europeo da alcuni partiti dell'opposizione, a cominciare da Italia Viva. Inoltre, su di lui punterebbe molto il presidente francese Macron, come confermato da un eurodeputato di Renaissance.

Le dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture arrivano dopo il recente strappo di Salvini e Marine Le Pen nei confronti degli alleati tedeschi di Alternative für Deutschland, per delle dichiarazioni filo-naziste del suo capolista alle Europee. Ma seguono anche le parole di Ursula Von der Leyen, che ieri ha aperto le porte a una possibile alleanza di governo con Fratelli d'Italia, sbarrando invece la strada a Identità e Democrazia. Su questo Salvini è stato altrettanto chiaro nella conferenza stampa di oggi: "Se Von der Leyen non vuole avere a che fare con me e Le Pen direi che il giudizio è reciproco – ha ammesso, per poi aggiungere -: Non la voterò mai perché la sua Commissione ha fatto più danni della grandine ed è stata una delle peggiori da quando esiste l'Ue".

Le ipotesi su un ruolo da protagonista di Mario Draghi nella prossima legislatura europea si sono fatte più forti dopo che circa un mese fa la Commissione Ue lo aveva incaricato di scrivere un rapporto sulla competitività europea. Quel documento ha fatto sì che si tornasse a parlare di lui all'interno del dibattito politico, anche se più per tracciare le prospettive personali di Draghi che per il contenuto di quel rapporto. Giorgia Meloni, ad esempio, lo aveva usato a suo favore per dimostrare, a suo dire, di non essere più la sola a dire che l'Europa non funziona perché "finalmente lo dicono anche persone che sono considerate europeiste" (anche Enrico Letta, oltre a Draghi, aveva dovuto scrivere un report simile, ndr). Nella sua relazione, l'ex premier aveva infatti rimproverato le classi dirigenti europee per essersi sostanzialmente fatti la guerra tra loro, considerandosi gli uni i concorrenti degli altri invece di guardare alla concorrenza verso l'esterno, soprattutto quella di Stati Uniti e Cina.

Mario Draghi in Ue, tutte le ipotesi

Prima di guidare il governo italiano, Mario Draghi è stato presidente della Banca centrale europea dal 2011 al 2019. Conosce molto bene i meccanismi che guidano l'Ue ed è considerato quasi all'unanimità una figura di grande autorevolezza. Anche all'estero: a inizio anno il Presidente francese Emmanuel Macron aveva fatto il suo nome per il ruolo di presidente del Consiglio europeo. La stima del presidente francese sembra essere rimasta immutata, così come il suo interesse a trovare un ruolo per Draghi nella prossima legislatura, stando a quanto recentemente dichiarato dall'europarlamentare del partito di Macron, Pascal Canfin: “La Francia e tutti nell’ecosistema presidenziale vorrebbero che Draghi giocasse un ruolo”, ha dichiarato a Politico. In Italia, se è vero che in pochi hanno mai negato la credibilità dell'ex presidente del Bce, è altrettanto vero che Lega e Movimento 5 Stelle ne sbarrarono la corsa al ruolo di Presidente della Repubblica e lo stesso fece Fratelli d'Italia, che non appoggiava il suo governo.

Pieno appoggio nei confronti di Draghi, anche per il posto da successore di Von der Leyen, è invece sempre stato garantito da Matteo Renzi e da Carlo Calenda. Il primo non ha mai nascosto la sua ammirazione nei confronti di Mario Draghi, il cui nome compare spesso anche nel programma elettorale di Stati Uniti d'Europa. L'ex ministra Teresa Bellanova, in un'intervista a Fanpage, ha parlato chiaramente dell'obiettivo della neonata lista fondata da Bonino e Renzi di portare Draghi al vertice della prossima Commissione Ue. Ancor più esplicito è stato Carlo Calenda, che alla presentazione delle liste del suo partito ha detto: "Faremo di tutto per portare Draghi in Europa". Il leader di Azione non si è però voluto sbilanciare su quale ruolo sia più indicato per l'ex premier tra il presidente della Commissione e quello del Consiglio europeo. Va detto che le condizioni per cui Draghi possa essere il successore di Ursula Von der Leyen sono tutte da chiarire. Se dal voto europeo uscisse fuori la stessa maggioranza che ha caratterizzato il Parlamento uscente, è probabile che i partiti spingeranno per la riconferma di Von der Leyen, che del resto è la candidata ufficiale dei Popolari europei. Draghi dovrebbe al massimo sperare in un bel risultato di Renew Europe e poi nel sostegno di Macron, affinché spinga per il suo nome come compromesso tra lo spitzenkandidat di Renew, l'italiano Sandro Gozi, e la stessa Von der Leyen. Si tratta, al momento, di scenari da fantapolitica, visto peraltro che secondo i sondaggi il gradimento di Macron è sempre più in calo.

Se poi dalle urne risultasse chiaramente una maggioranza di destra, l'ipotesi Draghi si farebbe ancora più difficile. Giorgia Meloni non si è mai dimostrata aprioristicamente contraria nei confronti dell'ex premier, ma ha bollato come "filosofia" il dibattito su di lui ai vertici Ue. "Io sono contenta che si parli di un italiano – ha dichiarato – ma la tendenza di decidere prima che i cittadini votano non mi troverà mai d’accordo". Da Salvini, invece, intervistato da Avvenire, non c'è stata nessuna apertura. Alla domanda su un'eventuale appoggio a Mario Draghi in Europa, ha risposto: "No, in Europa puntiamo a una maggioranza di centrodestra come in Italia". Ecco allora che il suo nome risulterebbe più spendibile per il Consiglio europeo, organo che, per usare le parole di Calenda, è quello "problematico dell’Ue". Per poi aggiungere che "l’auctoritas di Draghi potrebbe essere decisiva per sbloccarlo”.

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