Riforma della giustizia, via libera alla Camera: le novità e cosa cambia con la separazione delle carriere

Con 243 sì e 109 no oggi la Camera ha approvato il disegno di legge sulla riforma della giustizia, sostenuto da Forza Italia e dal Guardasigilli Carlo Nordio. A favore ha votato, oltre alle forze politiche del centrodestra, anche Azione. Il ddl contiene la contestata separazione delle carriere, tra magistrati requirenti e giudicanti, ma anche l'istituzione di due diversi Consigli superiori della magistratura e un'Alta corte disciplinare.
Quella di oggi è la terza approvazione a Montecitorio; l'ultima è attesa – entro novembre – a Palazzo Madama, che darà il via libera definitivo. Trattandosi di una riforma costituzionale infatti, l'iter previsto è più lungo: duplice lettura tra Camera e Senato e al momento della seconda votazione è richiesta l'approvazione a maggioranza di due terzi. In caso contraro, viene indetto un referendum. Oggi in Aula il ddl non ha raggiunto i numeri richiesti per l'ok finale e quindi sarà necessaria la consultazione referendaria.
Attorno alla riforma della giustizia si è consumato uno scontro tra maggioranza e opposizione: per i primi servirà a riequilibrare i poteri tra magistratura e politica, garantendo l'autonomia e imparzialità dei giudici; per i secondi invece, si tratta dell'ennesimo attacco alle toghe, oltre che un tentativo di assoggettare i pubblici ministeri all'esecutivo. "Continueremo a lavorare per dare all’Italia e agli italiani un sistema giudiziario sempre più efficiente e trasparente. In attesa dell’ultimo ok da parte del Senato, avanti con determinazione per consegnare alla nazione una riforma storica e attesa da anni", ha commentato sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
In cosa consiste la separazione delle carriere
Oggi le carriere all'interno della magistratura non sono separate. Questo significa che teoricamente un magistrato può scegliere la carriera "giudicante", cioè di essere giudice in tribunale, che "requirente", ovvero di essere il pubblico ministero che conduce le indagini. Nel corso del suo percorso lavorativo, il magistrato può cambiare carriera ma solo una volta e nei primi dieci anni da quando ha deciso di fare il giudice (o viceversa il pm). Con la riforma della giustizia questo cambio, sebbene molto raro (pochissimi giudici scelgono di diventare pm e altrettanti pochi pm decidono di diventare giudici), non sarebbe più possibile. Ci sarebbero due percorsi separati e non sarebbero ammessi passaggi da un ruolo all'altro.
Come cambierebbe il Consiglio superiore della magistratura
Con carriere separate anche il Consiglio superiore della magistratura, cioè l'organo di autogoverno dei magistrati, andrebbe riformato. E cioè diviso in due differenti Csm, uno per i pm e uno per i giudici, entrambi presieduti dal presidente della Repubblica, come già accade oggi. Entrambi manterrebbero le funzioni organizzative, di valutazione e promozione delle toghe mentre quella disciplinare verrebbe affidata a un altro organismo ad hoc, l'Alta corte disciplinare appunto.
Quanto alla composizione, con la riforma presidente della Repubblica e procuratore generale della Corte di Cassazione continuano ad essere membri di diritto, mentre cambiano le modalità con cui vengono selezionati gli altri membri. Oggi due terzi dei componenti sono togati, scelti dagli stessi magistrati; un terzo è laico, nominato dal Parlamento in seduta comune. Il ddl prevede un'estrazione a sorte da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune per la componente laica, mentre i restanti due terzi verrebbero pescati tra i magistrati (requirenti e giudicanti). Una mossa che a detta della maggioranza scongiurerebbe il rischio di un'eccessiva influenza delle diverse correnti politiche in cui è divisa la magistratura all'interno dei Csm.
Che cos'è l'Alta corte disciplinare
Terzo pilastro della riforma è l'istituzione di un'Alta corte disciplinare. Si tratta di un organismo nuovo a cui verrebbe trasferita la funzione disciplinare, oggi in capo al Csm, e che eserciterebbe i suoi poteri sia nei confronti dei pm che dei giudici. L'Alta corte dovrebbe essere composta da 15 membri, di cui una parte nominati dal presidente della Repubblica, alcuni estratti a sorte da un elenco redatto dal Parlamento in seduta comune, altri estratti da i giudici con particolari requisiti e altri ancora dai pubblici ministeri. A presiedere quest'organo un magistrato nominate dal capo dello Stato, o tra quelle individuate dall'elenco parlamentare.
Cosa succede adesso: i prossimi step
Con l'ultimo via libera della Camera, ora alla riforma della giustizia manco un quarto ultimo step, l'approvazione definitiva del Senato. Il ddl infatti, non è una normale legge ordinaria ma una modifica costituzionale che in quanto tale richiede una duplice lettura, alla Camera e al Senato e un'ampia approvazione (due terzi) nella seconda votazione di entrambe le Aule. Poiché tra le due votazioni devono passare almeno tre mesi, Palazzo Madama (che ha approvato la terza lettura lo scorso luglio) potrà dare il via libera non prima del 24 ottobre.
Perché passi dicevamo, è necessaria la maggioranza di almeno due terzi dell'Aula, in caso contrario è previsto un referendum. Oggi a Montecitorio il testo non ha ottenuto l'ok dei due terzi dei componenti e con ogni probabilità sarà sottoposto al voto popolare. Saranno i cittadini ad esprimersi e decidere se bocciare o meno la riforma. Diversamente dai referendum abrogativi , come quelli su lavoro e cittadinanza degli scorsi 8 e 9 giugno, non è previsto un quorum, cioè una soglia minima di partecipazione al voto.
Bagarre in Aula, Braga (Pd): "Governo risponda su Gaza invece di applaudire la riforma)
Dopo il via libera alla riforma della separazione delle carriere, la capogruppo Pd Chiara Braga, ha criticato aspramente i membri del governo presenti per aver applaudito dopo l'ok. A quel punto diversi esponenti delle opposizioni si sono avvicinati ai banchi del governo per protestare. Mentre il presidente di turno Sergio Costa invitava a mantenere la calma, è salita la tensione tra i deputati di diversi schieramenti che stavano per arrivare alle mani. A quel punto la seduta è stata temporaneamente sospesa per poi riprendere dopo qualche minuto.
La deputata, intervenuta una volta ripresi i lavori, ha rinnovato l'invito al governo di "fornire comunicazioni con la presidente del Consiglio Meloni sulla situazione che si sta aggravando a Gaza perché tutti noi leggiamo quel bollettino di vittime inaccettabile". "Seppure con ritardo, l'Europa si muove proponendo l'iniziativa di decidere delle sanzioni. E noi invece dobbiamo assistere al rappresentante italiano nella Commissione (Fitto) che non partecipa alla riunione in Commissione. Perché? Abbiamo il dovere di sapere qual è la posizione del Governo italiano, perché se è vero che sia proprio il Governo a non consentire con la sua posizione ambigua l'assunzione e la deliberazione di sanzioni ad Israele, noi abbiamo il dovere di discuterne qui e voi dovreste garantire al Parlamento di confrontarsi", ha aggiunto la dem.