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Covid 19

Quello che dovresti sapere sulla variante Omicron e sul Natale (anche se non ti piacerà)

I primi dati su Omicron ci dicono essenzialmente due cose. La prima è che senza la terza dose la campagna di vaccinazione può considerarsi pressoché nulla. La seconda è che la pandemia è tutt’altro che finita e, senza misure vere, rischiamo sia peggio di prima.
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Lo scorso anno, di questi tempi, il dibattito pubblico era monopolizzato dalle prescrizioni del governo per le festività natalizie: l’intera Italia in zona rossa, raccomandazioni per ridurre al minimo i contatti, inviti alla cautela e alla responsabilità. Il paese viaggiava a oltre 20mila casi e 500 morti al giorno, consentire di festeggiare il Natale senza alcun tipo di restrizione sarebbe stato folle, a maggior ragione perché all’orizzonte cominciava a intravedersi la strada per uscire dalla pandemia. La variante Delta si sarebbe poi incaricata di disilluderci sulla possibilità di raggiungere l’immunità di comunità, ma le restrizioni alla mobilità e alla socialità (per quanto decisamente perfettibili) e soprattutto i vaccini ci avrebbero consentito di abbassare in modo lento ma fondamentale la curva delle ospedalizzazioni e degli ingressi in terapia intensiva, dando respiro al sistema sanitario e salvando decine di migliaia di vite. Se oggi siamo in una condizione diversa, insomma, lo dobbiamo a un insieme di fattori, tra cui spicca l’enorme senso di responsabilità degli italiani, non a caso fra le popolazioni più vaccinate al mondo.

E però quella del Natale 2020 come l’ultimo “sotto osservazione” era una menzogna, dobbiamo esserne consapevoli. Non siamo ancora fuori dalla pandemia, siamo ancora ben lontani da qualunque ritorno alla normalità e stiamo pagando un prezzo altissimo alla scelta di provare “a convivere con il virus”. L’incubo di queste settimane si chiama Omicron e si nutre anche della grande incertezza che circonda le comunicazioni ufficiali su trasmissibilità, severità e tempistiche di diffusione nel nostro Continente. Incertezza in parte giustificata, chiariamolo subito, ma che si sta traducendo in immobilismo o in scelte discutibili e velleitarie.

Cosa sappiamo della variante Omicron

Il 26 novembre l’Oms ha etichettato la variante B.1.1.529 come “variant of concern”. Quella che poi sarà ribattezzata come Omicron è una variante che presenta un alto numero di mutazioni, alcune delle quali riguardano la proteina spike e possono determinare una maggiore trasmissibilità ed evadere la protezione dei vaccini. Al 9 dicembre, casi di Omicron erano stati sequenziati in 63 Paesi, un numero destinato ad aumentare, in considerazione del fatto che tale variante sembra avere un vantaggio evolutivo su Delta (si diffonde rapidamente sia dove tale variante è poco diffusa, come in Sudafrica, sia in posti dove Delta è preminente, come in Uk). A quanto sappiamo ora, Omicron ha una trasmissibilità molto più elevata di Delta finanche nei paesi con tassi di vaccinazione molto elevati: non sappiamo però con precisione se ciò sia costitutivo della nuova variante, dipenda dalla capacità di eludere i vaccini (e/o da un calo di efficacia nel tempo degli stessi) o sia una combinazione di entrambi i fattori.

Ci sono alcuni studi preliminari su questo aspetto, nessuno dei quali foriero di buone notizie. Trevor Bedford ha provato a stimare un Rt specifico per Omicron (nel thread spiega il modello utilizzato e ulteriori implicazioni), comparando i risultati con Delta:

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Ciò equivarrebbe a un tempo di raddoppio dei casi stimato in 3 giorni per il Sudafrica e addirittura 2,2 giorni per il Regno Unito. Dati preliminari, certo, che però destano particolare preoccupazione, anche in esperti solitamente abbastanza prudenti come Roberto Burioni, che spiega: “Se questi dati molto preliminari fossero confermati significherebbe che la variante omicron di SARS-CoV-2 è uno dei virus umani più contagiosi mai apparsi sul nostro pianeta. L’alternativa per ogni terrestre sarebbe solo se incontrarlo da vaccinato o da non vaccinato”. Altri dati confermano la maggiore trasmissibilità della variante, che comincia a raggiungere livelli preoccupanti in diverse aree dell'Africa.

Se è dunque praticamente certo che Omicron sia più contagiosa, c'è grande incertezza sulla severità dell'infezione che determina. Al momento, infatti, non ci sono studi conclusivi (di dati preliminari parliamo più avanti) che possano portare ad affermare che l'infezione produca sintomi più lievi, che sia più gestibile dal punto di vista clinico o che abbia un tasso di letalità più basso. Del resto, bisogna sempre considerare valido il ragionamento che proponeva l'epidemiologo Kucharski quando la Delta si impose come dominante e che verteva sulla considerazione che una variante più trasmissibile rappresentasse paradossalmente un problema maggiore di una più letale. Calcoli alla mano:

Detto in altre parole, una variante che si diffonde a una velocità che Oms definisce "senza precedenti" (ed è quello che stiamo vedendo), anche se dovesse rilevarsi meno pesante per il sistema immunitario, costituisce un problema enorme, che non va affatto sottovalutato. Lo abbiamo visto con Delta, stiamo cominciando a rilevarlo anche con Omicron:

Un aumento dei casi di queste proporzioni metterebbe a rischio qualunque sistema sanitario; senza misure di contenimento del contagio rischiamo che le strutture di ogni Stato siano travolte da un'ondata di ricoveri che farebbe risalire decisamente la già drammatica curva dei decessi. La ricercatrice dell'Università di Calgari Gasperowicz sintetizza con un grafico molto chiaro cosa intendiamo dire quando parliamo degli effetti della diffusione di una variante più contagiosa (qui utilizza solo un 2x, con Omicron potrebbe andare anche peggio), "anche ammesso" che produca sintomi più lievi:

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I primi dati che arrivano dal campo ci fanno pensare che siamo in presenza di uno scenario molto simile. Omicron dovrebbe determinare una malattia meno severa (intorno al 30% in meno), come conferma il ritmo più lento delle ospedalizzazioni in Sudafrica. Ma attenzione, perché gli stessi dati segnalano come sia altissimo il rischio di reinfezione e soprattutto di elusione dello scudo di protezione offerto dai vaccini. Oltre che un aumento della severità dell'infezione nei bambini. Solo per inciso, come ulteriore fonte di preoccupazione, dalla Germania ci avvertono che i monoclonali non funzionano contro Omicron.

La variante Omicron e i vaccini

Il vero game changer nella lotta alla pandemia è stato l'utilizzo dei vaccini, lo abbiamo detto più volte. La vera incognita su Omicron è dunque legata alla loro efficacia; Oms qualche giorno fa spiegava come non ci fossero ancora dati a sufficienza (né alcuno studio peer reviewed), ma che le caratteristiche della variante e alcune evidenze empiriche lasciassero pensare che potesse esserci una riduzione dell'efficacia dei vaccini. I primi riscontri dalla sperimentazione in vitro non sono incoraggianti, come mostra un pre-print di recentissima pubblicazione.

Dopo sei mesi dalle due dosi Pfizer, Moderna o Astrazeneca la protezione dall’infezione scende a 0; con la terza dose le cose migliorano in parte, perché si è protetti al 58% dopo due settimane con triplo Pfizer e al 78% con doppio Moderna + booster Pfizer (qui una delle ricercatrici spiega i dettagli con precisione). L’efficacia dei vaccini, insomma, cala nettamente nel corso del tempo per quanto concerne la protezione dall’infezione.

Ancora più importante è capire però come sia cambiata l’efficacia dei vaccini contro i casi severi della malattia, che spesso richiedono l’ospedalizzazione. Un primo paper (ancora in fase di revisione) ci consente di esaminare l’efficacia di Moderna e Pfizer nel prevenire i casi gravi di malattia determinati dalla variante Omicron. Se anche in questo caso appare evidente come non vi sia alcuna protezione in un intervallo ampio e senza booster, non meno rilevante è ciò che emerge dai dati dopo la terza dose. Con doppia dose Moderna e booster Pfizer, ad esempio, la protezione contro le forme sintomatiche della malattia era 87% / 93,8% (1-2 settimane o dopo 2 settimane) contro Delta, mentre contro Omicron si scende a circa il 71%. Con tripla dose Pfizer si passa dal 92% di protezione al 75,5%.

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Tutti questi dati ci dicono essenzialmente due cose. La prima è che senza la terza dose la campagna di vaccinazione può considerarsi pressoché nulla: i booster vanno fatti e pure il prima possibile, mentre parallelamente la platea dei vaccinati va allargata (peraltro, bisogna fare grande attenzione anche agli effetti di Omicron sui bambini).

La seconda è che non considerare allarmante un calo di protezione vaccinale di questa entità sarebbe un azzardo che non possiamo permetterci. Considerando la velocità del contagio, la perdita di efficacia dei vaccini nel tempo già contro Delta e il calo drastico vs Omicron (tanto per l’infezione che per il caso sintomatico), è necessaria massima cautela nell’affrontare i prossimi mesi e soprattutto le prossime settimane. Le festività natalizie rappresentano la tempesta perfetta per una diffusione senza controllo di Omicron, il rilassamento generale nell'attenzione e nel rispetto delle pratiche quotidiane utili al contenimento del contagio (mascherine, distanziamento e via discorrendo) sono un rischio enorme. Mentre l'attenzione pubblica è concentrata nell'esegesi della parola "emergenza", ci si dimentica di muoversi concretamente per prevenire la vera emergenza. Quella che ci attende se non troveremo le risorse per mettere in sicurezza i lavoratori del comparto ospedaliero, più esposti di prima dato il calo di efficacia dei vaccini. Quella che si prepara in caso di incontrollata crescita dei casi tra i bambini (tra parentesi, il non essere riusciti a migliorare aerazione e distanziamento nelle scuole è colpa grave delle nostre istituzioni). Quella che rischia di travolgere l'intera popolazione se non si farà rapidamente marcia indietro su scelta senza senso, come la cancellazione de facto dello smart working e il mancato contingentamento sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza e l'adeguamento del trasporto locale.

Il Governo ha mostrato di riuscire a muoversi con anticipo nei mesi passati, pur tra mille contraddizioni. Ora è necessario fare un ulteriore step, non meno importante: smetterla di raccontare balle sul ritorno alla normalità, sul Natale diverso da quello del 2020. Non è ancora finita, per quanto non ci piaccia. E se vogliamo evitare un ulteriore disastro, dobbiamo muoverci in fretta e con decisione. Col Covid-19 non si convive, se non al prezzo di decine di migliaia di morti. Certo, il quadro complessivo in Italia è molto diverso tanto da quello sudafricano (per copertura vaccinale e resilienza delle strutture ospedaliere) che da quello britannico (dove per mesi si sono abbandonate restrizioni, lasciando circolare il virus confidando unicamente nei vaccini). Ma restare a guardare senza far nulla non è un lusso che possiamo permetterci.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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