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Covid 19

Africa travolta da Omicron: +861% di casi Covid in Zimbabwe, +800% in Gambia e +250% in Sudafrica

Nel continente con il più basso tasso di popolazione vaccinata i contagi Covid nell’ultima settimana sono aumentati a dismisura a causa della diffusione della variante Omicron.
A cura di Davide Falcioni
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La variante Omicron del Coronavirus sta travolgendo l'Africa, continente in cui la campagna vaccinale è appena all'inizio e la popolazione completamente immunizzata contro il Covid è appena del 7,8%. Secondo quanto emerso dalle ultime rilevazioni di Our World in Data, infatti, i contagi sono in netta crescita nell'ultima settimana: in Zimbabwe sono aumentati dell'861%, in Gambia dell'800%, in Mozambico del 704%, in Tanzania del 333% e in Sudafrica del 250%. Quest'ultimo è il paese che nelle scorse settimane ha rivelato al resto del mondo per primo la scoperta di una nuova variante responsabile di una forte crescita dei casi nella regione del Gauteng. Ebbene, quell'aumento si è andato consolidando e le infezioni riscontrate nell'ultima settimana, rispetto a quella precedente, sono oltre tre e volte e mezzo di più.

Omicron, primi dati dal Sudafrica: boom di contagi ma sintomi più lievi delle precedenti ondate

Contestualmente a un nettissimo aumento delle infezioni dal Sudafrica arriva però anche una notizia apparentemente rassicurante: meno di un terzo dei pazienti Covid ricoverati durante l'ultima ondata presenterebbe sintomi gravi. Si tratta di un dato che – se confermato – si rivelerà piuttosto importante visto che nella fase iniziale delle due precedenti ondate la quota dei pazienti con sintomi gravi saliva a due terzi. I dati diffusi dal National Institute for Communicable Diseases (NICD), nell'area di Pretoria, fanno riferimento a 1.633 ricoveri tra il 14 novembre e l'8 dicembre. I casi gravi rappresentano il 31% del totale: si tratta di contagiati che hanno bisogno di ossigeno o ventilazione meccanica. Nelle prime settimane della prima e della seconda ondata, la percentuale arrivava rispettivamente al 67 e al 66 per cento. Tali dati vanno comunque presi con le pinze: fanno infatti parte di uno studio non sottoposto a peer review e non è escluso che possano essere smentiti nei prossimi giorni. Il report non fa riferimento all'eventuale vaccinazione dei pazienti, quindi non è chiaro quanto il vaccino possa limitare la gravità della malattia.

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