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Quanto deve alzare la spesa militare il governo Meloni e dove può trovare i miliardi che servono

Il governo Meloni ha detto di aver già raggiunto il 2% del Pil in spesa militare, cambiando il modo in cui la si calcola. A fine mese, però, il vertice Nato fisserà un paletto molto più ambizioso: il 5%. Per l’Italia questo significherebbe aumentare la spesa di 100 miliardi di euro, secondo l’osservatorio Milex. Per arrivarci potrebbe usare gli strumenti proposti dall’Ue, ma questo avrebbe un peso sui bilanci pubblici.
A cura di Luca Pons
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L'Italia è già arrivata a spendere il 2% del proprio Pil per la difesa, o comunque lo farà entro la fine dell'anno. Questo è il traguardo che il governo Meloni rivendica, e che metterà sul tavolo al prossimo vertice della Nato, in programma all'Aia il 24 e 25 giugno. Come l'Italia ci sia arrivata, è noto: ha usato un ‘trucco' contabile, iniziando a considerare come spese per la difesa anche una serie di cose che fino a oggi non lo erano (le pensioni dei militari, i costi di Carabinieri e Guardia di finanza, investimenti in infrastrutture, cybersicurezza e così via).

Ma il problema è che presto non basterà più. La Nato con tutta probabilità fisserà un nuovo traguardo per i suoi membri: il 5% del Pil. Per arrivarci servirebbero cento miliardi di euro. E il governo potrebbe essere disposto a fare dei sacrifici, come proposto dall'Ue, per avvicinarsi all'obiettivo.

L'ultimo rapporto dell'Ufficio parlamentare di bilancio tratta anche il tema delle spese militari. In particolare, il piano europeo per aumentarle e le condizioni in cui si trova l'Italia oggi.

L'Unione europea ha lanciato il piano Rearm Europe, che prevede alcune possibilità diverse per gli Stati membri. La più significativa sarebbe di attivare la cosiddetta clausola di salvaguardia nazionale. In sostanza, si tratterebbe di accettare di spendere più di quanto concordato (fino all'1,5% del Pil in più) per aumentare le spese per la difesa, anche a costo di aumentare il debito pubblico e quindi andare contro i paletti europei sul bilancio.

Quanto spende l'Italia oggi, davvero

L'Ufficio parlamentare di bilancio, peraltro, ha chiarito quanto spende effettivamente l'Italia in ambito di difesa. Applicando il metodo che usa la Nato per calcolare la spesa militare, l'Italia l'anno scorso è arrivata all'1,5% del Pil. Nel 2014 era l'1,1%. Quest'anno, come detto, il governo afferma invece di essere riuscito a raggiungere il 2% aggiungendo una serie di uscite all'elenco delle spese militari. Nel frattempo, siua la Francia che la Germania superano il 2%, la Polonia è oltre il 3%.

Come era divisa questa spesa per la difesa lo scorso anno, in Italia? Quasi il 60% del totale andava al personale militare e civile: una proporzione ben più alta rispetto alla media Nato, che è ferma al 38%. Al contrario, l'Italia spendeva solamente il 22% per l'equipaggiamento militare (cosa che include anche le attività di ricerca e sviluppo) contro il 32% del resto della Nato, e solo il 16% per manutenzione e logistica (contro il 25%). Lo squilibrio, va detto, si è ridotto negli ultimi dieci anni.

Quanto deve aumentare la spesa militare

Al momento, la previsione del governo è di aumentare la spesa per la difesa di 3,9 miliardi di euro quest'anno, di 3,3 miliardi l'anno prossimo e di 4,6 miliardi nel 2027, ha ricordato l'Upb. Da qui al 2039 sono stanziati 35 miliardi di euro.

A calcolare quanti soldi servirebbero per raggiungere il 5% del Pil ci ha pensato l'osservatorio Milex. Per raggiungere questo traguardo entro il 2035, bisognerebbe passare dai 45 miliardi all'anno che si spendono oggi a ben 145 miliardi di euro. Un incremento di oltre cento miliardi di euro in dieci anni.

Per farlo servirebbe un aumento di circa 9-10 miliardi di euro all'anno, di cui 6-7 miliardi assegnati al settore della difesa in senso stretto e altri 3-4 miliardi che ricadano comunque nell'ambito della sicurezza. L'osservatorio ha previsto  che la spesa aumenti man mano negli anni, passando dagli attuali 9,7 miliardi per la sicurezza a oltre 43 miliardi di euro, e dai 35 miliardi dedicati alla difesa a oltre 100 miliardi all'anno.

Gli effetti della clausola Ue

Il problema, se il governo vuole raggiungere questo obiettivo, è come trovare i soldi necessari. E una possibilità sarebbe proprio quella offerta dall'Ue, ovvero attivare la famosa clausola di salvaguardia e indebitarsi di più. L'Upb ha stimato che effetti avrebbe questo sui conti pubblici.

Farlo in modo "moderato", cioè sforando di poco i paletti di bilancio già concordati con l'Unione europea, ci sarebbe un leggerissimo miglioramento della crescita del Pil nei prossimi anni ma poi ci vorrebbe più tempo per rimettere i conti in ordine. Tutto sommato, l'impatto sarebbe limitato.

Se invece l'Italia decidesse di attivare la clausola e sfruttarla appieno, quindi indebitarsi il più possibile per aumentare la spesa militare, gli effetti si farebbero sentire molto di più. Il Pil crescerebbe più in fretta, ma allo stesso tempo aumenterebbero il deficit e il debito pubblico.

Insomma, se si scegliesse questa strada il governo dovrà trovare un modo per "non compromettere la sostenibilità delle finanze pubbliche" nei prossimi anni. E secondo Lilia Cavallari, presidente dell'Upb, questo significherà anche fare "scelte difficili": fare tagli alla spesa pubblica o aumentare le tasse.

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