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Manovra 2024

Quali pensioni saranno tagliate nel 2024 e quali no con la nuova manovra finanziaria

Nel 2024 le pensioni saranno tagliate per alcune fasce della popolazione: tutti coloro che prendono più di 2.100 euro lordi al mese avranno una rivalutazione ridotta rispetto all’inflazione, perdendo potere d’acquisto. In più, per alcune categorie di dipendenti pubblici lasciare il lavoro diventerà molto più sconveniente.
A cura di Luca Pons
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Nel 2024, il governo Meloni ha previsto un nuovo taglio per le rivalutazioni Inps delle pensioni. Questo significa che solo alcuni assegni saranno aumentati per restare al passo con l'aumento dei prezzi, mentre altri – quelli medio-alti – riceveranno un incremento solo parziale. Ogni anno, infatti, i prezzi crescono e a misurare questo rialzo è il tasso d'inflazione. Allo stesso modo, ogni anno le pensioni vengono aumentate di una certa percentuale, collegata al tasso d'inflazione. Ma solo alcune avranno un conguaglio pari al 100% dell'inflazione, mentre altre si vedranno di fatto tagliate rispetto all'andamento dei prezzi, perdendo potere d'acquisto.

Il governo Meloni ha deciso, come già fatto nel 2023, che tutte le pensioni che hanno un importo più alto di quattro volte l'assegno minimo (quindi circa 2.100 euro lordi in totale) avranno solamente una rivalutazione parziale. Il motivo è che quest'anno l'inflazione è stata decisamente alta: 5,4%, per la precisione. Quindi, aumentare l'assegno a tutti i pensionati allo stesso modo costerebbe parecchio allo Stato. Così, chi ne ha uno più alto avrà un taglio, che sarà sempre più forte man mano che aumenta la pensione.

Quali assegni saranno tagliati nel 2024, gli scaglioni di rivalutazione fascia per fascia

È possibile stilare un elenco con la percentuale esatta di rivalutazione che ciascuno otterrà nel 2024. Va tenuto a mente che le cifre in euro sono sempre lorde, non nette:

  • fino a 4 volte la pensione minima (sotto i 2.102 euro), la rivalutazione del 100% dell'inflazione, quindi il 5,4% del proprio assegno;
  • tra 4 e 5 volte la pensione minima (tra i 2.102 e i 2.627 euro), la rivalutazione sarà dell'85% dell'inflazione, quindi il 4,6% del proprio assegno;
  • tra 5 e 6 volte la pensione minima (tra i 2.627 e i 3.152 euro), la rivalutazione del 53% dell'inflazione, quindi il 2,9% del proprio assegno;
  • tra 6 e 8 volte la pensione minima (tra i 3.152 e i 4.203 euro), la rivalutazione del 47% dell'inflazione, quindi il 2,5% del proprio assegno;
  • tra 8 e 10 volte la pensione minima (tra i 4.203 e i 5.254 euro), la rivalutazione sarà del 37% dell'inflazione, quindi il 2% del proprio assegno;
  • sopra le 10 volte la pensione minima (sopra i 5.254 euro), la rivalutazione del 22% dell'inflazione, quindi l'1,2%.

Le percentuali erano le stesse anche lo scorso anno, con l'eccezione delle pensioni più alte, che ottenevano il 32% dell'inflazione mentre quest'anno il livello è sceso al 22%. Di fatto quindi solo chi ha una pensione sotto i 2.100 euro lordi al mese non avrà alcun taglio, mentre tutti gli altri vedranno una riduzione.

Perché la rivalutazione Inps delle pensioni è solo provvisoria

L'anno prossimo arriverà poi un ulteriore conguaglio, con tutta probabilità. Bisogna ricordare, infatti, che la stima dell'inflazione al 5,4% per il 2023 è solo provvisoria. L'anno prossimo, con dati più completi a disposizione, ci sarà un numero definitivo. Se fosse più alto del 5,4%, tutti i pensionati avranno diritto a un'integrazione. Ad esempio, se il dato definito fosse al 5,9%, tutti quanti potranno ottenere lo 0,5% in più per la loro pensione. Anche questo conguaglio, però, con tutta probabilità sarà ridotto per gli assegni medio-alti.

Chi ci perde tra i dipendenti pubblici

Oltre alla rivalutazione Inps, c'è anche il caso di alcuni dipendenti pubblici che dal 2024 avranno una forte penalizzazione per la pensione. Si parla di quattro categorie: dipendenti degli enti locali, ufficiali giudiziari, insegnanti delle scuole materne ed elementari e medici. Per loro, gli anni lavorati dal 1981 al 1995 saranno calcolati in modo diverso (con il metodo contributivo) e porteranno di fatto a un assegno più basso.

Saranno esentate le persone che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1981 e chi matura i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2023, mentre gli effetti saranno piuttosto ridotti per chi ha lavorato per pochi anni prima del 1996. Per le persone più colpite, però, i sindacati stimano che questa riforma porterebbe a un taglio pari fino a un quarto della propria pensione, rispetto all'assegno che avrebbero avuto andando in pensione quest'anno.

La riforma ha scatenato le proteste degli interessati, ed è tra i motivi per cui domani si svolgerà uno sciopero di medici e infermieri. Il governo Meloni ha annunciato che intende intervenire, ma non è ancora chiaro come e in che misura.

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