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Il ministro Piantedosi dovrebbe dimettersi, ma non cambierebbe nulla: il vero nemico è la narrazione tossica sui migranti

Piantedosi dovrebbe dimettersi, ma cambierebbe poco o nulla. Perché non parla a titolo personale e le sue responsabilità sono quantomeno condivise. La narrazione tossica sui migranti è il vero mostro da abbattere.
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Senza girarci intorno, perché davvero non ce n’è bisogno: nella sua informativa alla Camera dei deputati sui fatti di Cutro, Piantedosi non ha spiegato nulla e ha dimostrato quanto siano fondati i dubbi sulle sue capacità politiche e comunicative. Chiamato a rispondere della gestione di una delle più grandi tragedie del mare degli ultimi anni, il ministro dell’Interno ha mostrato la solita incomprensibile spocchia e poco altro. Ha fatto confusione nella ricostruzione, non è riuscito a delineare con precisione la catena di comando e le responsabilità delle scelte operate nelle ore in cui si è consumata la tragedia; si è lasciato andare a considerazioni tecniche molto discutibili (ad esempio sulla configurazione o meno di un evento SAR) e ha semplificato brutalmente la distinzione fra le operazioni di soccorso e quelle di law enforcement (centrale per capire cosa non abbia funzionato). Un disastro sul piano formale finanche inspiegabile, visto che non parliamo di una conferenza stampa o di dichiarazioni estemporanee, ma di un'informativa preparata per tempo e in un clima che avrebbe richiesto grande attenzione a ogni singolo passaggio.

Non solo, perché il titolare del Viminale è riuscito a sovrapporre gli arrivi di barconi e barchini alla gestione dei flussi regolari, dimostrando di avere una visione limitata (o comunque prettamente ideologica) delle grandi questioni migratorie del nostro tempo. Non si è fatto mancare neanche il riferimento alle responsabilità degli altri Paesi dell’Unione Europea, con tanto di passaggio sui “primi significativi cambiamenti di prospettiva” che l’azione del suo governo avrebbe determinato a livello comunitario (a memoria, siamo al venticinquesimo “primo significativo cambiamento di prospettiva dell’UE” rivendicato dai governi italiani negli ultimi dieci anni). Un intervento intriso di vittimismo e paternalismo, durante il quale Piantedosi si è sentito in dovere di difendere Guardia Costiera e Guardia di Finanza da accuse di scarsa professionalità che nessuno ha mai avanzato, rilanciando persino i punti principali della narrazione con la quale Matteo Salvini ha deciso di tirarsi fuori da una questione che invece lo riguarderebbe in modo diretto. A un certo punto, si è persino messo a fare l'elenco delle tragedie e dei naufragi degli ultimi anni, come se ciò potesse contribuire ad assolvere il governo, piuttosto che rappresentare un manifesto d'accusa nei confronti di chi, negli ultimi anni, ha contribuito a depotenziare la nostra capacità di soccorso in mare.

Le parole di Piantedosi dopo il naufragio di Crotone

Insomma: lacunoso, impreciso, contraddittorio e supponente, così Piantedosi ha scelto di rispondere a chi gli chiedeva conto dei fatti di Cutro, non solo in Parlamento, ma anche nel Paese. Senza un minimo accenno di autocritica, senza piegarsi all’evidenza di una gestione cinica, sprezzante della sofferenza di decine di persone e priva di lungimiranza. Perché, in effetti, il problema non è meramente formale. A noi francamente interessa poco del livello di empatia dei nostri governanti, finché sono in grado di rispettare i principi cardine della nostra società e del nostro essere comunità. Certo, poche volte si era raggiunto il livello di indecenza dei giudizi pronunciati dal ministro mentre ancora non riuscivamo a contare i cadaveri recuperati dal mare.

Il punto è che quelle che oggi il ministro ha derubricato come parole dettate da “commozione, sdegno e rabbia” invece rappresentano la linea politico – ideologica non solo del Viminale, ma dell’intera maggioranza.

La maggioranza ha costruito parte della propria fortuna elettorale sulla narrazione dell’invasione, dell’emergenza continua e della guerra fra ultimi. Per anni politici e giornali di destra hanno intossicato ogni dibattito pubblico, trascinandosi dietro un'opinione pubblica incapace di orientarsi in un mare di disinformazione e propaganda. Una volta al governo si sono incaricati di smontare il sistema del soccorso prima e dell’accoglienza poi, motivando tali scellerate azioni con il clima che loro stessi avevano contribuito a determinare. La presidente del Consiglio, misteriosamente sparita dai radar di giornali e tv in questi giorni complicatissimi (salvo apparire come munifica ed empatica risolutrice di problemi), ha più volte rivendicato con orgoglio una “linea della fermezza” fatta di cinismo, brutale realismo e al tempo stesso vaghe promesse su interventi complessivi. Nei fatti, questo governo non solo crede davvero che sia giusto attaccare chi soccorre naufraghi in mare, ma si è dato come missione politica quella di raffigurare le ONG come complici dei trafficanti di uomini, fino a ostacolarne attivamente l’operato.

Non è Piantedosi a essere convinto che, in fondo, chi si mette in mare un po’ se la cerca: è l’intero impianto concettuale della destra sul tema delle partenze che è impregnato di questa indegna colpevolizzazione delle vittime. Il ministro dell'Interno è solo il volto borioso e supponente da mettere in copertina quando tira una brutta aria. Dovrebbe dimettersi, ma cambierebbe poco. La narrazione tossica sui migranti è il vero mostro da abbattere.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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