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Naufragio di Cutro, cosa è successo: la dinamica e le responsabilità

Cosa è successo nelle acque al largo di Crotone nella notte tra il 25 e il 26 febbraio? Dalla segnalazione di Frontex alle 23.03 fino al naufragio dei migranti alle 4 del mattino, ripercorriamo la vicenda e i suoi punti oscuri.
A cura di Luca Pons
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  • Almeno 94 migranti sono morti nel naufragio di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone, la notte tra il 25 e 26 febbraio 2023
  • Molti aspetti di quanto accaduto nelle ore prima del naufragio non sono chiari
  • Sulla dinamica del naufragio e sui soccorsi arrivati in ritardo ci sono diversi punti oscuri, relativi alle responsabilità di Guardia Costiera e Guardia di Finanza
  • Un caso simile, avvenuto nel 2020, ha dimostrato che ci sono responsabilità da parte del governo
  • La causa principale risiede nel fatto che è scattata un'operazione di polizia, non di salvataggio (SAR, o Search and Rescue)
  • La prima richiesta di aiuto era arrivata 23 ore prima del naufragio

Cos'è successo a Crotone, le notizie sulle indagini dopo il naufragio

Innanzitutto, è utile avere un quadro delle indagini che sono nate dal naufragio. Le prime misure in ambito giudiziario hanno riguardato i tre presunti scafisti che avrebbero guidato il barcone poi affondato a Steccato di Cutro: S. F., turco di 50 anni, K. A., pakistano di 25 anni e G. U., turco di 27 anni ma irreperibile. Con un'ordinanza dal prologo piuttosto insolito il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone ha convalidato il loro arresto l'1 marzo.

Nell'ordinanza, il giudice Michele Ciociola ha  stabilito che per i tre c'era un pericolo di reiterazione del reato se fossero stati lasciati liberi di circolare. Non avendo una fissa dimora in Italia, e avendo invece probabilmente dei "fiancheggiatori sul territorio nazionale", i due arrestati avrebbero potuto lasciare il Paese come aveva già fatto il terzo, irreperibile. Ora, le testimonianze delle persone migranti sopravvissute potrebbero essere ascoltate in sede di incidente probatorio dalla Procura.

Altre indagini sono state aperte dalla Procura di Roma, dopo un esposto presentato dai parlamentari Ilaria Cucchi, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. I tre hanno chiesto di approfondire le responsabilità del ministero dell'Interno e dei Trasporti nel ritardo dei soccorsi nella notte tra il 25 e il 26 febbraio. Non ci sono attualmente indagati né ipotesi di reato, l'indagine è stata aperta come atto dovuto dopo l'esposto. Se Roma deciderà di proseguire, dovrà probabilmente inviare il tutto alla Procura di Crotone, che ha la competenza territoriale.

Proprio la Procura Crotone ha aperto un altro fascicolo di indagine, sulla macchina dei soccorsi. Il fascicolo è ancora contro ignoti e senza ipotesi di reato. Per capire se ci sono state falle nei soccorsi, la Procura sta acquisendo materiale dagli atti della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Dalle informazioni via radio, alle registrazioni audio e fino ai verbali delle telefonate: le comunicazioni di quelle ore saranno analizzate per ricostruire il perché i soccorsi siano partiti così in ritardo.

Negli scorsi giorni alcuni di questi verbali sono stati riportati dalla stampa. Vi si può leggere di una telefonata che potrebbe essere arrivata dalla barca poco prima del naufragio, ma anche di altre telefonate arrivate alla Guardia costiera nel cuore della notte che, citando fonti diverse – un post su Facebook, un parente in Germania – hanno lanciato l'allarme sul naufragio.

La segnalazione di Frontex alle ore 23.03: "Buona galleggiabilità"

Come detto, la barca che portava a bordo quasi duecento persone migranti era partita nella notte tra il 21 e il 22 febbraio da Cesme (Smirne), in Turchia. Dopo tre giorni, alle ore 22:26 di sabato 25 febbraio, un aereo di Frontex l'ha intercettata. Frontex è l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e, per regola, non interviene nei soccorsi ma segnala le imbarcazioni alle autorità competenti. L'aereo Eagle1 ha seguito l'imbarcazione fin quando ha potuto, poi ha dovuto lasciarla per mancanza di carburante.

Alle 23.03, Frontex ha lanciato una segnalazione al Centro di coordinamento internazionale (Icc, International coordination centre). Il Centro ha sede nel Comando aeronavale della Guardia di finanza, a Pratica di mare, vicino a Roma. Frontex ha messo in copia altri 26 indirizzi per conoscenza, tra cui anche quello della Guardia costiera italiana.

Il messaggio dava coordinate precise, a circa 40 miglia dalla costa italiana, indicava la velocità dell'imbarcazione e aggiungeva alcune informazioni: "Giubbetti di salvataggio non visibili, buona galleggiabilità. È stata intercettata una chiamata satellitare dal natante alla Turchia. Una persona sul ponte. Gli oblò di prua sono aperti, con significative tracce termiche dagli oblò – possibili altri sottocoperta".

Una delle foto scattata da Frontex: in nero le persone rilevate dal sensore termico
Una delle foto scattata da Frontex: in nero le persone rilevate dal sensore termico

Da molti di questi elementi – una chiamata verso la Turchia, una sola persona visibile ma molte altre sottocoperta… – è evidente che si sta parlando di una barca che trasporta persone migranti. Il passaggio cruciale, però, è quello in cui Frontex ha parlato di "buona galleggiabilità". Questo sarebbe il motivo per cui la Guardia costiera non è stata fatta intervenire con una missione Sar. Una valutazione che, come la stessa Frontex ha ricordato, spetta alle autorità nazionali.

"L'unità risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave", ha spiegato la Guardia costiera. "A seguito di tale segnalazione, la Guardia di finanza comunicava l'avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l'imbarcazione". Trovare l'imbarcazione è stata considerata un'operazione di polizia per fermare un tentativo di immigrazione irregolare, non una missione di soccorso.

L'intervento della Guardia di finanza a mezzanotte: "Rientriamo per condizioni meteo avverse"

Il portavoce della Guardia Costiera, Cosimo Nicastro, ha detto che il naufragio non era "prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano", perché "gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari". Così, circa un'ora dopo la segnalazione di Frontex è intervenuta la Guardia di finanza. La Vedetta V5006 è partita da Crotone, il Pattugliatore veloce PV6 Barbarisi da Taranto.

Come ricostruito da Repubblica, in quelle ore la boa di rilevamento di Crotone dell'Istituto mareografico nazionale segnalava onde alte tra gli 1,8 e i 2 metri, con raffiche di scirocco. Il bollettino Meteomar dell'Aeronautica militare, aveva segnalato una burrasca prevista nel mar Ionio. Secondo le stime, il mare era a forza 4. Nonostante questo, non si è deciso di far intervenire la Guarda costiera.

Le due navi della Guardia di finanza, a causa delle condizioni meteo, non sono riuscite a raggiungere la barca. Così, si sono attivate le ricerche a terra: ci si aspettava, sostanzialmente, che l'imbarcazione sarebbe riuscita ad arrivare sulla costa e lì si sarebbero potuti intercettare scafisti e migranti. Il portavoce Nicastro ha confermato che c'è stata una "conversazione" tra la Capitaneria di porto di Reggio Calabria e la Guardia di finanza, e ha detto che quest'ultima ha confermato: "Le due unità che si trovavano in mare stavano rientrando per le condizioni meteo avverse e che non c'era una posizione nota dell'imbarcazione"

Perché la Guardia costiera non ha attivato le navi di soccorso: "Abbiamo seguito le regole"

Le motovedette della finanza hanno dovuto tornare indietro perché il mare era troppo mosso, a forza 4. La Guardia costiera, però, ha a sua disposizione delle motovedette dette Classe 300, che sono specializzate nel soccorso di persone e possono affrontare un mare anche fino a forza 8. A Crotone ce n'era almeno una, la CP321. Visto che non è stata attivata una missione Sar di ricerca e soccorso, però, quelle navi non sono mai partite. La competenza è stata data alla Guardia di finanza e non alla Guardia costiera. "Sapete che le operazioni le conduce la Guardia di finanza finché non diventano comunicazione di Sar", ha detto il comandante della Capitaneria di Crotone, Vittorio Aloi. "Io non ho ricevuto alcuna segnalazione. Abbiamo operato secondo le regole e siamo pronti a dimostrarlo".

Circa sei ore dopo la segnalazione di Frontex, la barca è naufragata vicino alle coste di Steccato di Cutro. È stato il secondo naufragio più letale nella storia recente italiana, dopo quello del 3 ottobre 2013 dove al largo delle coste di Lampedusa morirono 368 persone migranti. Anche se, ovviamente, si tratta solo dei morti che si riescono a registrare.

I documenti e le versioni contrastanti

Le relazioni interne di quella notte, pubblicate dal Corriere della Sera, danno dei dettagli aggiuntivi. Alle 3.40, quando i mezzi della Guardia di finanza stavano rientrando, un rapporto della Gdf indica che in questa conversazione con la Guardia costiera i finanzieri "richiedevano alla medesima Autorità (la Guardia costiera, ndr) l’intervento di proprie unità navali per raggiungere il target, senza ricevere riscontro". Dall'altra parte, una relazione della Guardia costiera parla di una comunicazione alle 3.48 con cui "la Guardia di finanza di Vibo Valentia informa i nostri di Reggio Calabria che i mezzi stanno tornando indietro per le condizioni avverse del tempo. Ci hanno chiesto se avevamo unità operative nella zona, noi abbiamo risposto che al momento non ne avevamo in attività operativa ma che le avremmo impiegate se ci avessero chiesto soccorso".

Sono due versioni evidentemente diverse. La Guardia costiera non ha dato "riscontro" alla Gdf che chiedeva un suo intervento, oppure ha detto che non aveva unità operative nella zona ma che era pronta a mandarne in caso di necessità? La Procura di Crotone ha aperto un fascicolo d'indagine contro ignoti: sta lavorando per ricostruire la catena dei soccorsi e avrà il compito di chiarire anche questo aspetto.

Le operazioni di soccorso partite troppo tardi

Infine, la stessa relazione della Guardia di finanza già citata indica che "alle ore 03.50 la Sala Operativa del Provinciale GdF di Vibo Valentia, mediante la postazione della rete radar costiera, acquisiva un target verosimilmente riconducibile alla segnalazione Frontex". Alle 3.50, quindi, i radar avrebbero individuato un'imbarcazione che poteva essere quella che trasportava quasi duecento persone migranti. In quel momento, mancava meno di mezz'ora al naufragio. Perché, però, la Guardia costiera ha detto di aver ricevuto la prima segnalazione su una "imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa" non prima delle "4.30 circa", da parte di "soggetti presenti a terra"?

La segnalazione è arrivata da alcuni carabinieri presenti, dato che nel frattempo la Guardia di finanza aveva rinunciato alle ricerche in mare e stava aspettando la barca arrivasse a terra per intercettare i migranti irregolari. Solo dopo il loro allarme è partita la missione Sar della Guardia costiera. La Capitaneria di porto di Crotone ha detto nella sua relazione di aver ricevuto la prima segnalazione alle 4.37. La prima pattuglia di terra della Guardia costiera sarebbe arrivata alle 5.35. Era, evidentemente, troppo tardi.

Le parole del ministro Piantedosi in Parlamento sulla catena dei soccorsi

Dopo la strage avvenuta a Cutro, la prima reazioni da parte del governo Meloni è stata quella del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, andato in visita a Crotone. Piantedosi è formalmente responsabile della Guardia di finanza, e ha firmato il decreto che ha reso più rigide e punitive le norme sul salvataggio in mare da parte delle Ong. Nella sua visita, il ministro ha scaricato parte della colpa sulle persone migranti che si trovavano a bordo della barca, dicendo che "la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo le vite dei propri figli". Le parole di Piantedosi, per le quali lui non si è scusato, hanno causato forti polemiche e anche alcune richieste di dimissioni.

Il ministro ha riferito in Parlamento, martedì 7 marzo, per un'informativa su quanto è accaduto. Nel suo discorso, il ministro ha iniziato con "il cordoglio personale e del governo" e ha chiarito che non aveva intenzione di "colpevolizzare le vittime", dicendosi dispiaciuto che il senso delle sue parole "sia stato diversamente interpretato". Piantedosi, poi, ha ricostruito il viaggio della barca e la catena dei soccorsi di quella notte.

"La traversata parte dalla Turchia alle 3 del 22 febbraio, in condizioni meteo che dopo due o tre giorni peggiorano. Erano presenti circa 180 persone, oltre a 4 scafisti. Avviene un trasbordo su un'altra nave per via di un guasto al motore. Dopo una navigazione di quattro giorni il 25 febbraio gli scafisti decidono di aspettare davanti alla Calabria, poi decidono di sbarcare in un luogo più sicuro di notte", ha detto il ministro.

È arrivato così il momento del naufragio: "Intorno a l'una e trenta, nonostante le condizioni meteo, gli scafisti decidono di riprendere la navigazione". Le navette della Guardia di finanza sono partite, ha confermato il ministro, ma sono poi rientrate per le difficili condizioni meteo.

Secondo la ricostruzione basata anche sui racconti dei sopravvissuti, ha detto Piantedosi, "la navigazione era proceduta fino a vedere gli abbaglianti sulla costa, ma gli scafisti hanno effettuato una brusca virata temendo la presenza delle forze dell'ordine. In quel momento probabilmente la barca ha urtato la secca e iniziato a imbarcare l'acqua. Uno scafista si è lanciato in acqua, un altro è stato bloccato sulla barca. Un altro scafista sarebbe riuscito ad allontanarsi a bordo di un piccolo gommone. Un'onda avrebbe poi colpito la barca, ribaltandola e distruggendola". Nella sua ricostruzione, il ministro Piantedosi non ha chiarito come sia stata presa, e da chi, la decisione di non far intervenire la Guardia costiera nonostante le condizioni meteo e le condizioni della barca.

L'intervento di Giorgia Meloni dopo il Consiglio dei ministri a Cutro

Dopo la riunione del Consiglio dei ministri avvenuta a Steccato di Cutro il 9 marzo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato la line del governo sul tema, in una conferenza stampa piuttosto nervosa per presentare il nuovo decreto sull'immigrazione. I fatti del naufragio, ha detto, "non ci fanno cambiare la nostra linea sulle migrazioni. Anzi, dimostrano che non c'è politica più responsabile di quella che rompe la tratta degli scafisti. Non lasceremo che i trafficanti di morti agiscano indisturbati, come accaduto in passato".

Meloni ha difeso anche il suo ministro dell'Interno: "Mi stupisce l'atteggiamento di quelli che in questi giorni ci hanno attaccato. Il ministro Piantedosi ha dimostrato che il governo non potesse fare nulla per salvare la vita di queste persone. Le stesse persone che se la prendono con il governo non spendono una parola contro i trafficanti".

Svolta nell'inchiesta, i primi indagati per mancato soccorso

Nei primi giorni di giugno 2023, la Procura di Crotone ha iscritto nel registro degli indagati sei persone. In tre casi si tratta di componenti della Guardia di finanza: un colonnello, un tenete colonnello, l'operatore di turno nella notte del naufragio. Dalle prime fasi delle indagini sarebbe emerso, secondo quanto fatto trapelare dagli inquirenti, che nella notte della strage una delle motovedette si sarebbe trovata ancora nel porto di Crotone, a differenza di quanto dichiarato.

Il sostituto procuratore Pasquale Festa ha parlato di "significative anomalie" nel registro di bordo di una delle vedette impegnate. In particolare, alcune annotazioni sarebbero state aggiunte a posteriori, ma datate prima del naufragio, per coincidere con la versione poi raccontata sull'accaduto. Le indagini sono ancora in corso.

Nel frattempo, la Procura ha anche disposto una serie di perquisizioni e interrogatori, che non hanno coinvolto l'agenzia europea Frontex, come invece era parso in un primo momento. Sono stati perquisiti, invece, Guardia di finanza di Vibo Valentia e Guardia costiera di Reggio Calabria: qui sarebbero stati sequestrati anche hard disk e telefoni cellulari.

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