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Perché la proposta della Lega sulle gabbie salariali renderebbe il Nord più ricco e il Sud più povero

La Lega vorrebbe dare la possibilità adattare gli stipendi al costo della vita. È un meccanismo simile a quello delle gabbie salariali, che in Italia è stato abolito più di cinquant’anni fa. L’economista Leonardo Becchetti ha spiegato a Fanpage.it perché le gabbie furono eliminate e perché un sistema del genere aumenterebbe le disuguaglianze.
Intervista a Leonardo Becchetti
Professore ordinario di Economia politica all'università Roma Tor Vergata
A cura di Luca Pons
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La Lega ha presentato una proposta di legge per alzare gli stipendi nelle zone in cui il costo della vita è più alto. Il ddl, firmato dal capogruppo in Senato Simone Romeo, permetterebbe di inserire nei contratti collettivi un trattamento accessorio – sostanzialmente una componente in più dello stipendio – da regolare in base al costo della vita nella zona in cui si vive: area metropolitana, urbana, suburbana e così via.

A molti la proposta ha ricordato il sistema delle gabbie salariali, che in Italia è esistito fino al 1969. L'economista Leonardo Beccantini, professore ordinario di Economia politica a Roma Tor Vergata, ha risposto alle domande di Fanpage.it per spiegare gli aspetti sensati e i problemi alla base del disegno di legge leghista.

La proposta della Lega ha suscitato critiche da opposizioni e sindacati. È un'idea sensata?

Nel background di questa idea ci sono due cose vere.

Cioè?

La fiammata dell’inflazione degli ultimi anni ha eroso il potere d’acquisto dei nostri salari, rendendoci tutti più poveri. In particolare Istat ci dice che lo scorso anno più di 300mila italiani sono scesi sotto la soglia della povertà. È anche vero che i divari di costo della vita tra aree geografiche sono significativi. Li riconosce proprio l’Istat, quando calcola la soglia di povertà di ciascuna area del Paese differenziando per area geografica e dimensione del Comune. Tra un piccolo Comune della Sicilia e Milano la differenza è cospicua.

Quindi la proposta della Lega è giusta?

Direi che la sua realizzazione presenta numerosi problemi. Negli ultimi anni abbiamo evitato che un'inflazione avviata da uno shock di offerta (come quella di fine anni Settanta col petrolio invece del gas) diventasse un'inflazione permanente a due cifre proprio evitando di alimentare la spirale prezzi-salari, ovvero con la moderazione salariale. Il sacrificio dei lavoratori è servito a moderare l’inflazione. Si tratta di un sacrificio che potrebbe essere ricompensato solo dopo la certezza di averla sconfitta, proprio per evitare di alimentare quella dinamica perversa.

I detrattori dicono che con questa misura si tornerebbe alle gabbie salariali. Ci può spiegare cosa sono state?

Le gabbie salariali erano meccanismi di indicizzazione dei salari al presunto costo della vita delle diverse zone territoriali del Paese. Furono in vigore dal 1946 al 1969. L'Italia era divisa in tre aree. Fatto 100 la prima delle grandi città del Paese (Genova, Milano, Torino, Roma), c’erano poi le zone 1, 2 e 3 del Centro-Nord con gli indici rispettivamente di 97, 95 e 92 e infine le zone 4, 5, e 6 con indici pari a 89, 84,5 e 80 delle province meridionali e insulari.

Quindi gli stipendi erano più alti nelle grandi città e al Centro-Nord, e più bassi nel Mezzogiorno.

Esatto. In questo modo per una mansione equivalente il salario nel Sud poteva essere fino al 20% inferiore rispetto a quello delle grandi città.

Perché sono state abolite?

Le aree dove i prezzi sono più bassi sono anche le aree più depresse economicamente o quelle dove il lavoro è pagato meno (e questo si riflette nei costi dei prodotti). Abolire le gabbie salariali è una una politica di sostegno ai salari nelle aree meno sviluppate.

È vero che nelle zone più povere basta uno stipendio più basso?

È vero che il costo della vita nelle provincie e nei piccoli centri del Sud è più basso, ma sappiamo anche che chi abita nel Mezzogiorno gode di una qualità di beni e servizi pubblici significativamente inferiore. Che in molti casi deve compensare con spesa aggiuntiva. Non è un caso che le Regioni del Sud siano ai vertici della classifica della migrazione sanitaria (cioè il numero di notti in ospedale fuori Regione). Se nelle Regioni a bassi salari si vuole godere di beni e servizi pubblici di alta qualità nel caso della sanità si è costretti a migrare, sostenendo dunque extra-costi molto elevati che compensano la differenza di pezzo sui beni di consumo. E questo livella i costi della vita tra le aree, riducendo le ragioni per l’introduzione delle gabbie.

Che effetto avrebbe tornare effettivamente a un sistema simile a quello delle gabbie salariali?

Sarebbe di fatto una scelta politica di segno opposto a quelle con cui ci proponiamo di sostenere lo sviluppo del Mezzogiorno. Che, beninteso, passa anche attraverso altre misure diverse da quelle del sostegno dei salari: lo sviluppo delle infrastrutture (alta velocità nel Pnrr), lo stimolo all’innovazione, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata.

Ha ragione chi dice che questa misura aumenterebbe le disuguaglianze economiche? 

Sarebbe senz’altro così. Perché significherebbe di fatto creare un gap di remunerazioni tra Nord e Sud, con effetti depressivi sulla domanda nel Sud del Paese o espansivi sulla domanda del Nord.

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