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Perché il governo revoca la concessione per A24 e A25: nessuna manutenzione e pedaggi record

Il governo ha deciso di togliere per “grave inadempimento” la concessione ad Autostrade dei Parchi per la A24 e la A25, ma la società chiede un indennizzo da 2,4 miliardi.
A cura di Giacomo Andreoli
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La A24 Roma-L’Aquila-Teramo e la A25 (Torano-Pescara) non saranno più gestite da Autostrade dei Parchi, assegnandole alla pubblica Anas. Il governo Draghi, nel Consiglio dei ministri di ieri, ha deciso di revocare la concessione (la cui scadenza naturale era nel 2030) alla società del gruppo Toto. Il motivo formale è "grave inadempimento" delle clausole contrattuali: Autostrade dei Parchi avrebbe presentato un piano inadeguato per la messa in sicurezza delle due tratte, prevedendo contemporaneamente ingenti aumenti nelle tariffe.

Ad illustrare le motivazioni della decisione è una relazione del ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. Secondo il ministro la società non ha applicato la legge 228 del 2012, che impone la messa in sicurezza anti-sismica delle autostrade. Le due arterie aspettano con urgenza un intervento che riguarderebbe i loro 280 chilometri di tratte. Per avviare questi lavori era necessaria l'approvazione del Piano Economico e Finanziario (Pef). Autostrade dei Parchi lo ha presentato, ma il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) lo ha bocciato a inizio maggio. Ad essere criticati dal comitato sono in particolare i previsti aumenti delle tariffe del 15,8% ogni anno fino al 2030. In questa situazione i lavori di messa in sicurezza ancora non sono partiti.

Prevedendo il finale di questa storia, però, la famiglia Toto si era mossa d’anticipo e già lo scorso 21 maggio aveva chiesto con una lettera ai ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture la cessazione della concessione. Non solo, Autostrade dei Parchi invoca un indennizzo da 2,4 miliardi di euro, citando diverse parti del contratto di concessione. Il risarcimento sarebbe la somma di diverse voci, tra cui i mancati incrementi tariffari, gli introiti che non si realizzeranno entro il 2030 e la mancata remunerazione degli investimenti. La concessione era iniziata nel 2000 e, dice la società, in questi ultimi otto anni avrebbe potuto portare ricavi importanti, mentre adesso, con questa revoca, si subiscono delle perdite. Ora, quindi, si potrebbe aprire un lungo contenzioso tra il gruppo e lo Stato, con il primo che parla di "nessun inadempimento", ma anzi "un autentico sopruso al quale reagiremo prontamente e duramente, chiedendo i danni".

Nel frattempo sarà Anas a occuparsi degli interventi di manutenzione ordinaria, "nei limiti delle risorse allo scopo individuate all’effettuazione di ogni ulteriore intervento ritenuto necessario dal Mims". La società pubblica, inoltre, si occuperà di riscuotere i pedaggi. I proventi saranno destinati "alla copertura dei costi di gestione, nonché all’effettuazione degli interventi".

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