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Non basta aver commesso un reato lieve per lo stop al permesso di soggiorno a un migrante

La Corte Costituzionale ha deciso che lo stop automatico al rinnovo del permesso di soggiorno perché il richiedente ha commesso un reato di lieve entità è illegittimo: deve essere il questore a valutare caso per caso.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro non può essere negato automaticamente a un cittadino straniero per aver commesso reati di lieve entità. A deciderlo è stata la Corte Costituzionale, che ha spiegato come sia illegittimo quanto previsto da alcuni articoli del decreto legislativo 286 del 1998 (Testo Unico Stranieri). Nello specifico, è anticostituzionale il passaggio in cui sono previste, tra le ipotesi di condanna che impediscono in automatico il rinnovo del permesso di soggiorno, anche quelle per piccolo spaccio e vendita di merci contraffatte. Secondo la Consulta deve essere il questore a decidere sul rinnovo, valutando il singolo caso e la pericolosità sociale del richiedente. Poi può negare il rinnovo del permesso, ma non in automatico.

Le questioni di costituzionalità erano state sollevate dal Consiglio di Stato, sulla base di due differenti giudizi originati da ricorsi presentati da due cittadini stranieri a cui era successo proprio questo: rinnovo fermato in automatico per via delle condanne per reati di lieve entità. Spiega la Consulta nella sentenza:

A fronte della minore entità dei fatti di reato considerati (in un caso, illecita detenzione di grammi 19 e cessione di grammi 1,50 di hascisc, nell’altro vendita di prodotti con segni falsi), l’automatismo del diniego è stato ritenuto manifestamente irragionevole, sotto diverse prospettive: sia perché, per le stesse condanne, nell’ambito della disciplina dell’emersione del lavoro irregolare, volta al medesimo scopo del rilascio del permesso di soggiorno, quest’ultimo non è automaticamente escluso, ma implica una valutazione in concreto della pericolosità dello straniero; sia perché l’automatismo del diniego, riferito a stranieri già presenti regolarmente sul territorio nazionale (e che hanno iniziato un processo di integrazione sociale), è in contrasto con il principio di proporzionalità, come declinato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ai sensi dell’art. 8 CEDU.

Perciò una condanna, in questi casi, non determina direttamente un giudizio di pericolosità della persona per varie ragioni: la lieve entità, il tempo trascorso, il livello di integrazione sociale. Sono tutti punti che vanno considerati, e perciò è necessario valutare la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno senza bocciarla a prescindere.

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