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Migranti, per la prima volta un’indagine su respingimenti da nave privata per deportazioni in Libia

La procura di Napoli ha chiuso le indagini ed è pronta a chiudere il processo su quello che ritiene essere un caso di respingimento di massa di migranti in Libia. Sarebbe il primo caso di un’indagine per una nave privata italiana, che secondo la procura sarebbe responsabile di aver portato cento persone in Libia senza aver contattato le autorità di Roma.
A cura di Stefano Rizzuti
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Sarebbe la prima volta: una prima indagine sul respingimento dei migranti soccorsi in mare e riportati in Libia invece che in Italia. La notizia viene data da Avvenire, che sulla base delle indagini parla di un respingimento di massa che avrebbe violato le norme italiane ed internazionali, con anche l’aggravante della presenza dei minori a bordo. Si tratterebbe del primo caso in cui una nave privata italiana potrebbe finire davanti a un tribunale per non essersi coordinata con le autorità di Roma, rivolgendosi invece a quelle libiche e portando un gruppo di 100 migranti nel porto di Tripoli. Tra di loro c’erano anche cinque donne e cinque bambini.

I fatti: l’Asso 28 consegna i migranti alla Libia

I fatti risalgono al 30 luglio del 2018. La Libia non era considerata, neanche allora, un porto sicuro di sbarco. Protagonista della vicenda è la nave di servizio Asso 28, intervenuta per soccorrere circa cento persone in acque internazionali. Una nave battente bandiera italiana, motivo per cui i naufraghi erano sotto la giurisdizione italiana. Secondo quanto riportato nel documento trasmesso agli indagati, l’intervento non venne comunicato alla centrale dei soccorsi di Roma e, inizialmente, neanche alle autorità di Tripoli. Che invece sarebbero poi state coinvolte per il trasbordo dei migranti su una motovedetta, avvenuto quando l’Asso 28 si trovava in acque libiche.

L’armatore è Augusta Offshore. E sostiene di essersi coordinato con il Marine department di Sabratah. Ma ai magistrati questo ente libico non risulta esistere. A guidare le operazioni, invece, sarebbe stato un ufficiale di dogana libico, che sarebbe anche salito a bordo dell’imbarcazione, senza però essere individuato. La procura di Napoli potrebbe quindi indagare il comandante e un funzionario a terra, un responsabile della sicurezza addetto alla piattaforma petrolifera nei pressi della quale è avvenuta l’operazione di salvataggio. Il comandante, due settimane dopo il respingimento, rilasciò a Malta una dichiarazione di “evento anomalo”, in riferimento ai fatti, senza fornire però ulteriori dettagli.

L’indagine della procura di Napoli

L’avviso di chiusura indagini è arrivato dai magistrati Barbara Aprea e Giuseppe Tittaferante, con il coordinamento del procuratore aggiunto Raffaello Falcone. La procura di Napoli, quindi, sarebbe pronta a chiedere il processo. Agli atti ci sono i brogliacci della Guardia costiera italiana, i tabulati delle comunicazioni dalla nave e i tracciati delle imbarcazioni. A prendere nota, registrando tutto, era stata la nave dell’Ong Open Arms, con il suo capomissione Riccardo Gatti che ha ascoltato le comunicazioni. E ha poi fornito le registrazioni delle conversazioni alla procura, rivelatesi decisive per le indagini.

I reati contestati sono l’abuso d’ufficio in concorso, lo sbarco in un porto non autorizzato e l’abbandono di minore. L’atto di chiusura dell’indagine, che prelude la richiesta di rinvio a giudizio per gli indagati, comprende anche la menzione di diverse violazioni del diritto internazionale, a partire dalla Convenzione di Ginevra sui diritti dell’uomo. Se il processo dovesse arrivare in tribunale, sarebbe il primo caso di respingimento collettivo per una nave privata.

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