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Valditara insiste con la linea dura: “Studenti che boicottano Maturità non possono farla franca, è diseducativo”

Dopo i casi di studenti che si sono rifiutati di sostenere l’orale della Maturità 2025, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara annuncia una norma per bocciare chi replica gesti simili. In un’intervista al Corriere della Sera spiega le novità in arrivo, i motivi della stretta e la sua visione dell’educazione scolastica.
A cura di Francesca Moriero
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Dopo i casi di alcuni studenti che, durante la sessione d’esame della Maturità 2025, hanno scelto deliberatamente di non presentarsi al colloquio orale, o, in alcuni casi, di restare in silenzio per protesta, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara interviene con fermezza. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il ministro sottolinea infatti che dal prossimo anno chi rifiuterà di sostenere l’orale dell’Esame di Stato sarà automaticamente bocciato. Una misura che, nelle sue intenzioni, vuole tutelare il senso dell’esame come momento educativo e simbolico, nonché riaffermare il rispetto delle regole all’interno della scuola. Ma l’intervento normativo sarebbe solo una parte di un discorso più ampio; Valditara lega infatti l’episodio a una riflessione di ordine culturale e pedagogico: secondo il ministro, i comportamenti di rifiuto rappresentano il sintomo di un disagio più profondo che investe il rapporto tra i giovani, la scuola e l’autorità. Per questo propone di recuperare anche la vecchia dizione di “Esame di Maturità”, non più solo “Esame di Stato”, e punta a rafforzare il significato del colloquio orale come strumento per valutare il percorso umano, oltre che scolastico, degli studenti.

L’intervista tocca anche altri punti chiave, come i risultati preoccupanti delle prove di Italiano e Matematica, soprattutto nel Mezzogiorno, e l’efficacia delle prime misure adottate con il piano Agenda Sud. L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di coniugare rigore e sostegno, in un sistema scolastico che – nelle intenzioni del ministro – deve tornare a educare al senso di responsabilità.

I docenti non potevano fare diversamente

Rispondendo a chi ha criticato le commissioni d’esame per aver comunque promosso alcuni studenti “ribelli”, Valditara chiarisce che gli insegnanti hanno agito secondo le norme in vigore, che non prevedono la bocciatura automatica in casi simili. La nuova disposizione introdurrà però una regola esplicita: chi non partecipa all’esame orale senza giustificato motivo non potrà conseguire il diploma.

Cambia l'orale e torna il nome "Maturità"

Ma la stretta normativa non sarebbe l’unica novità in arrivo: il ministro spiega infatti che da tempo era al lavoro su una riforma dell’orale: "Deve servire a valutare non solo conoscenze e competenze, ma il grado di maturità dello studente". Verrà inoltre recuperata la denominazione storica di “Esame di Maturità”, in sostituzione di “Esame di Stato”, introdotta nel 1997 da Berlinguer. Una scelta dal valore simbolico, che punterebbe a ribadire la funzione formativa e non solo certificativa della prova.

Il rispetto della regola come "principio democratico"

Per Valditara, il gesto degli studenti va letto in una cornice più ampia: "C’è un problema importante nella società italiana ed è il rapporto con la regola". Secondo il ministro, boicottare l’esame significa non solo mancare di rispetto ai docenti e ai compagni che si sono impegnati, ma anche mandare un messaggio sbagliato: che si possa rifiutare tutto ciò che non piace, senza conseguenze.  Il ministro non nega che dietro il gesto possa esserci una difficoltà individuale, anche emotiva. Ma insiste sul fatto che il rifiuto dell’esame non può essere legittimato. "Se si consentisse di rifiutare senza conseguenze, sarebbe legittimo rifiutare tutto", osserva. E aggiunge che esistono strumenti democratici per cambiare le regole, a partire da quelli offerti dalla scuola stessa.

No alla "cultura del no", serve responsabilità

Valditara coglie l’occasione per rilanciare un messaggio più ampio: bisogna uscire, dice, da quella "cultura che ha paura del giudizio, che rifiuta il concetto di autorità e rifugge dai divieti". Secondo il ministro, questo atteggiamento diffuso finisce per alimentare l’irresponsabilità. La scuola, invece, dovrebbe essere il luogo dove si impara anche ad affrontare le difficoltà e ad assumersi responsabilità.

I divari scolastici e l’impegno sul Sud

Alla domanda sui risultati complessivi degli studenti italiani, Valditara non nasconde le criticità: la metà dei maturandi, circa 250mila su 500mila, ha ottenuto risultati insufficienti in Italiano e Matematica. Un dato preoccupante, aggravato da forti squilibri territoriali. "Al Sud la situazione è ancora peggiore", ammette il ministro, riconoscendo che i divari di apprendimento restano una delle sfide principali del sistema scolastico italiano. Eppure, sottolinea, ci sarebbero segnali incoraggianti. Il piano Agenda Sud, varato dal suo ministero con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze educative nel Mezzogiorno, starebbe dando buoni frutti. Nelle scuole coinvolte nella sperimentazione, afferma Valditara, gli studenti hanno registrato miglioramenti concreti nelle competenze di base. Risultati che, se confermati nel tempo, potrebbero dare impulso a una revisione più strutturata delle politiche educative per le aree svantaggiate: "Investiremo sempre più risorse su Agenda Sud", annuncia il ministro, aggiungendo che una riforma dei programmi scolastici, in particolare nelle due discipline fondamentali, Italiano e Matematica, sarà indispensabile per colmare i gap formativi. L’obiettivo, in linea con i parametri europei, sarebbe quello di ridurre la dispersione scolastica sotto il 9% entro il 2030, ma anche rendere la scuola italiana più equa ed efficace nel trasmettere le competenze essenziali.

Per Valditara, insomma, sarebbe proprio attraverso le prove, come l’Esame di Maturità, che i ragazzi imparano a diventare cittadini responsabili. Il rischio, sostiene, è quello di scivolare in una società che rifiuta il giudizio, l’autorità, le regole. Una società in cui tutto può essere messo in discussione senza offrire alternative, dove il “no” diventa un fine e non un punto di partenza per un confronto.

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