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Matteo Salvini a processo il 19 giugno per vilipendio: “Offese la magistratura durante comizio”

Matteo Salvini comparirà nell’aula 85, quarta sezione penale del tribunale di Torino mercoledì 19 giugno, alle 13.30, per prendere parte al processo che lo vede imputato per vilipendio alla magistratura, reato che avrebbe compiuto nel 2016 quando offese l’ordine giudiziario durante un convegno della Lega a Collegno: “Non ho paura di niente e di nessuno”.
A cura di Ida Artiaco
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Vilipendio della magistratura. È questo il capo di imputazione di cui dovrà rispondere Matteo Salvini nell'aula 85, quarta sezione penale del tribunale di Torino mercoledì 19 giugno, alle 13.30. È questa, infatti, la data fissata per il processo a carico del ministro dell'Interno, che nel corso di un comizio a Collegno del 2016 avrebbe pronunciato alcune violente frasi, considerate offensive per la categoria, in particolare contro i giudici che tenevano sotto inchiesta i politici della Lega, definiti "un cancro da estirpare". In questo caso, a differenza di quello della Diciotti, si tratta di una citazione diretta a giudizio che non passa da alcuna autorizzazione a procedere perché riguarda fatti precedenti la sua nomina. La causa penale potrebbe chiudersi con una multa fino a 5mila euro. "Processo più, processo meno, faccio il ministro e lo faccio con orgoglio – ha commentato il leader del Carroccio, quando ha saputo che sarebbe stato rinviato a giudizio -. Sono assolutamente tranquillo e orgoglioso dei risultati che stiamo raggiungendo quindi non ho paura di niente e di nessuno".

Il procuratore generale Francesco Saluzzo, dopo aver riascoltato quel suo discorso pronunciato durante il congresso del Carroccio, ha respinto la richiesta dei difensori, aprendo la strada al processo per vilipendio della magistratura. La frase al centro del contendere è la seguente: "Qualcuno usa gli stronzi che male amministrano la giustizia, difenderò qualunque leghista indagato da quella schifezza che si chiama magistratura italiana che è un cancro da estirpare", come aveva tuonato il 14 febbraio del 2016, mentre parlava degli sviluppi di un’inchiesta della procura di Genova sulla rimborsopoli dei consiglieri regionali liguri. Parole, queste, che hanno colpito l'attenzione dell'allora procuratore di Torino, Armando Spataro, che immediatamente ha messo sotto accusa il leader politico, prima di andare in pensione e lasciare il lavoro in eredità al procuratore aggiunto Emilio Gatti. Ma solo dopo circa 30 mesi di attesa e 4 sollecitazioni al ministero, il ministro Alfonso Bonafede ha autorizzato i pm torinesi a procedere con l'inchiesta.

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