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L’Iss dice che non possiamo paragonare tampone e vaccino: “Test non protegge da niente”

“Il tampone ci dice solo se quella persona che ha fatto il test alberga o no il virus. Ma potrebbe contrarre il virus qualche ora dopo. Si assume che, visto il tempo di incubazione, la possibilità di trasmissione sia bassa. Ma la persona non è protetta”: lo ha detto il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, rispondendo a una domanda di Fanpage.it sul vaccino e il tampone, entrambi strumenti tramite cui si può ottenere il Green Pass.
A cura di Annalisa Girardi
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Il Green Pass si può ottenere sia dopo aver fatto il vaccino, sia presentando un tampone negativo. Non deve però passare il messaggio che i due casi siano uguali e che in entrambi la persona sia da considerarsi protetta. Lo ribadisce il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, rispondendo a una domanda di Fanpage.it durante la consueta conferenza stampa del venerdì. "Dobbiamo distinguere: il Green Pass è uno strumento che ha l'obiettivo di facilitare alcune attività garantendo una minore trasmissione. Il vaccino ci fa sviluppare degli anticorpi che, se incontriamo il virus, riduce moltissimo la possibilità di contrarre il virus e ancora di più quella di sviluppare la malattia grave. Il tampone non è nulla di tutto ciò, è un test che va a cercare in quel momento la presenza o meno del virus. Non protegge da niente", ha detto.

E ancora: "Il tampone ci dice solo se quella persona che ha fatto il test alberga o no il virus. Ma potrebbe contrarre il virus qualche ora dopo. Si assume che, visto il tempo di incubazione, la possibilità di trasmissione sia bassa. Ma la persona non è protetta. Sono concetti completamente diversi, non c'è equivalenza. Il Green Pass mette insieme questi strumenti per garantire maggiori libertà", ha aggiunto, ricordando che comunque con la variante Delta il tempo di incubazione è minore.

Non si è parlato solamente di tamponi e Green Pass. Abbiamo chiesto agli esperti anche a proposito della terza dose che, dopo il parere positivo dell'Aifa, sarebbe in arrivo per i soggetti più fragili. Il direttore alla Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, ha spiegato che bisogna considerare due diversi intenti dietro la volontà di somministrare la terza dose. "Da un lato una dose aggiuntiva può servirci per completare un ciclo vaccinale primario, come ad esempio per un immunodepresso. Oppure può rappresentare un vero e proprio richiamo. Siccome quasi tutti i vaccini provocano una risposta immune che nel tempo si riduce, si cerca un booster".

Per poi precisare: "I dati al momento ci dicono che la protezione nei confronti dell'infezione tende a diminuire nel tempo, mentre nei confronti della malattia resta alta. L'altro problema è dato dalla variante Delta: la risposta vaccinale è comunque buona, ci difende dalla malattia grave, ma alcune volte può non difendere dall'infezione". Rezza ha quindi ricordato che l'Aifa ha dato parere favorevole alla dose aggiuntiva per persone trapiantate o immunocompromesse, che sono quelle che di solito sviluppano una risposta minore. In questo caso allora, ha spiegato, si ragiona più su un completamento del ciclo vaccinale. "Queste saranno le prime persone. Poi, in base alla situazione epidemiologica e alle evidenze che si vanno accumulando, è possibile che per altre categorie si apra a una ri-vaccinazione, a un richiamo. Penso agli ultra ottantenni, per proteggerli, o agli operatori sanitari, più esposti".

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