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Caso dossieraggi e dati rubati

L’inchiesta su hacker e dati rubati scuote la politica, da La Russa al Pd: “Attacco alla democrazia”

L’inchiesta in corso a Milano sulla società Equalize Srl ha mostrato come venivano raccolte informazioni private su molte persone, incluse le più alte cariche dello Stato. Il mondo politico ha denunciato i rischi per la democrazia di una pratica simile, e le opposizioni hanno chiesto che il governo intervenga. Un’intercettazione ha anche chiamato in causa la senatrice di FI Licia Ronzulli.
A cura di Luca Pons
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Tiene banco l'inchiesta della Procura di Milano sul caso di Equalize Srl, società di sicurezza investigazioni accusata di essere al centro di un sistema di "dossieraggio abusivo", come hanno scritto i pm. Secondo l'accusa, l'azienda raccoglieva dati e informazioni private su personalità note e non solo, accedendo in modo illegale – anche con il sostegno di hacker – alle banche dati della polizia e ad altre fonti riservate.

Tra i nomi finiti nel mirino c'erano anche quelle di personalità politiche di rilievo: dall'ex premier Matteo Renzi al presidente del Senato Ignazio La Russa, fino anche a un indirizzo mail assegnato a Sergio Mattarella. Nelle ultime ore, le reazioni del mondo politico sono state dure. E hanno chiamato in causa anche alcuni esponenti del centrodestra, tra cui la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli, che (a quanto emerge da un'intercettazione tra il manager Enrico Pazzali e un suo collaboratore) avrebbe richiesto all'azienda un dossier su una persona. Cosa che Ronzulli ha smentito.

Le reazioni del governo Meloni e del centrodestra

Già ieri, sui social, il ministro della Difesa Guido Crosetto (molto vicino a un altro caso di presunti dossieraggi e comunque di accesso illegale a banche dati pubbliche) ha scritto che sarebbe importante "sapere se esiste un filo rosso" tra le varie indagini emerse negli scorsi mesi, parlando di un "vaso di Pandora" che si sarebbe aperto e di casi che sarebbero solo "la punta dell'iceberg di un malcostume diffusissimo".

Poi ha garantito: "Occorre, ed il governo si sta muovendo in tal senso, rendere impossibile l'utilizzo delle banche dati per scopi che non siano quelli autorizzati dalla legge". E ha chiesto al Parlamento di portare avanti "una riflessione su come vada affrontato, normato ed indagato questo tema", che può "gravemente minare la convivenza democratica".

Il presidente del Senato Ignazio La Russa – finito al centro dei presunti dossieraggi – ha parlato a sua volta dell'impatto sulla democrazia: "L'unica cosa che mi premerebbe sapere è chi possa aver commissionato il dossieraggio contro la mia famiglia", ha detto al Corriere della Sera. È "gravissimo dal punto di vista istituzionale", e soprattutto "per una questione di democrazia".

Poi ha attaccato "certo tipo di inchieste, di trasmissioni televisive" che "costruiscono tesi e teorie, storie che a volte si basano sul nulla, ma contro le quali non c'è diritto di difesa". Invece il ministro degli Esteri Antonio Tajani, leader di Forza Italia, è intervenuto sul caso spingendo sulla necessità di "impedire che ci siano potenze straniere che usino questa attività".

Il caso della senatrice Ronzulli

Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde e deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, ha chiesto che la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli venga "immediatamente ascoltata dalla commissione Antimafia". Infatti dalle intercettazioni è emerso un dialogo in cui Enrico Pazzali, manager che coordinava le operazioni, avrebbe detto a un collaboratore parlando di un dossier da preparare: "Mi arriva dalla Ronzulli".

Insomma, secondo gli inquirenti Pazzali avrebbe svelato "l’identità della persona che ha richiesto le informazioni". La senatrice avrebbe chiesto un report diventando di fatto la ‘mandante' di un dossieraggio. Versione che Ronzulli ha smentito, dicendo che non si è mai rivolta a Pazzali, non era affatto a conoscenza del sistema e anzi è potenzialmente "parte lesa" nella vicenda.

Bonelli ha anche definito il caso nel suo complesso "lo scandalo più imponente della storia della Repubblica" e un "vero e proprio attentato alla democrazia". Uno scandalo in cui "esponenti di destra spiavano altri esponenti di destra e non solo. Il centro di dossieraggio era sotto la gestione della società Equalize, guidata da Enrico Pazzali, nominato al vertice della Fiera di Milano dal presidente della Regione Lombardia, il leghista Attilio Fontana".

Pd e Renzi chiamano in causa il governo

Anche da parte delle opposizioni c'è stata una reazione decisa alle indagini. Il Partito democratico, con una nota congiunta dei suoi capigruppo alla Camera (Chiara Braga) e al Senato (Francesco Boccia), ha parlato di un quadro "inquietante", e detto che il "sistema di sicurezza del Paese" fa "acqua da tutte le parti" e "viene usato dalla destra al governo per pericolosi dossieraggi e faide interne".

I dem hanno affermato che il governo Meloni "assiste inerme a una guerra intestina tra gruppi di potere giocata sulla pelle della democrazia italiana". E hanno chiesto che Giorgia Meloni "venga con urgenza in Parlamento" per spiegare "come sia possibile che sia stato violato" il sistema di banche dati della polizia e cosa voglia fare ora l'esecutivo "per chiudere questa grave falla".

Anche su Matteo Renzi sarebbero state cercate informazioni da parte di Equalize Srl. Nella sua newsletter, il leader di Italia viva ha commentato "l’incredibile, costante, continuo, imbarazzante spionaggio" che si vive in Italia. E ha annunciato: "Mi costituisco parte civile. Chiedo i danni a tutti. Passerò i prossimi anni nei tribunali".

Più in generale, anche Renzi si è rivolto al governo chiedendo di prendersi la "responsabilità politica" di quanto avvenuto: "La Meloni fa la vittima un giorno sì e un giorno no. Ma da due anni la nostra presidente del Consiglio è a Palazzo Chigi. Le chiedo: ehi, Giorgia, ma cosa sta facendo l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale? Non sarà che le persone che sono state nominate alla guida dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale non sono all’altezza?". Il riferimento è a "un prefetto di lungo corso che si chiama Bruno Frattasi", il "direttore della Cybersecurity nazionale", che non è "un esperto del settore" ma "un testimonial del partito di maggioranza".

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