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Libia, lettera di Di Maio: “O l’Italia fa squadra o sarà in un angolo senza via d’uscita”

Sulla questione Libia il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha scritto che l’Italia “dopo qualche silenzio di troppo, oggi abbia ancora molto da dire” ma “deve solo ritrovare fiducia in se stessa, abbandonare i colori delle proprie bandierine politiche e giocare da squadra. Solo a quel punto riusciremo a misurare realmente il nostro valore nel mondo”.
A cura di Annalisa Cangemi
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"Credo sia giunto il momento di guardare avanti e pianificare, poiché il bivio in questione proietta una scelta chiarissima davanti a noi: o iniziamo a fare squadra, oppure ci relegheremo in un angolo senza via d'uscita". In una lettera pubblicata oggi su ‘la Repubblica', il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha scritto che "dopo anni di immobilismo e difficoltà del sistema Italia", il bivio in questione non è mettere in discussione "lo straordinario lavoro dei nostri tecnici, del corpo diplomatico, del personale militare e dei nostri apparati di intelligence" ma semmai "la capacità mostrata dalla politica nel saper integrare e mettere a sistema queste qualità e competenze".

Tanto più all'indomani di eventi che "rischiano di cambiare irrimediabilmente il destino della regione mediorientale" e che "sono il segno tangibile di un caos in cui incidono variabili articolate e complesse, in una cornice peraltro in cui l'onda lunga delle Primavere arabe ha ancora un peso determinante".

Secondo il titolare della Farnesina "non è infatti accettabile che in merito ai focolai di questi giorni, qualcuno tenti di polarizzare il dibattito pubblico intorno al dualismo emotivo della paura e, dunque, della violenza" e, nel merito, "La riflessione deve inevitabilmente essere più profonda". Per Di Maio "non ci sono parti in causa per cui tifare", bensì "alleanze, come quella Atlantica, che contribuiscono a tracciare la strada da seguire" nella volontà "di porsi come mediatori e facilitatori di un dialogo che, soprattutto in Libia, non deve e non può restare ancorato al palo" perché per il nostro Paese "la Libia, prima di ogni cosa, è un tema di sicurezza nazionale".

Ed è pertanto questa convinzione che ha spinto il ministro degli Esteri italiano "a intraprendere un'azione di ricongiungimento delle posizioni di tutti i partner europei, con la consapevolezza che il processo di Berlino sia una tappa fondamentale, ma anche che sia una tappa da calendarizzare al più presto". Dunque, si tratta di un primo passo "su cui non bisogna entusiasmarsi, ma che non bisogna sottovalutare perché ha riaperto una strada che fino a ieri sembrava chiusa". Dopo aver elencato tutto quel che il governo sta facendo per risolvere il caso Libia Di Maio scrive che "c'è chi continua a dire che siamo arrivati con ritardo, che i tempi sono stretti, che ormai non c'è più nulla da fare".

"Posso condividere le prime due valutazioni, non la terza" scrive risoluto il ministro, perché prima di tutto in qualità di titolare del dicastero della Farnesina ma "anche da cittadino di questo Paese" dice di aver "dei doveri cui adempiere, indipendentemente dalle critiche e dagli attacchi gratuiti che quotidianamente mi si rivolgono". Di Maio si dice convinto che l'Italia "dopo qualche silenzio di troppo, oggi abbia ancora molto da dire" ma "deve solo ritrovare fiducia in se stessa, abbandonare i colori delle proprie bandierine politiche e giocare, come ho già detto, da squadra". "Solo a quel punto riusciremo a misurare realmente il nostro valore nel mondo", conclude il ministro degli Esteri.

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