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Libera lancia Confiscati Bene 2.0, il portale per monitorare i patrimoni sottratti alle mafie

È stato presentato oggi a Roma il primo portale in Italia sviluppato per la raccolta aperta di dati sui beni sequestrati alle organizzazioni criminali. I patrimoni, destinati a essere riutilizzati per fini sociali, in questo modo possono essere monitorati e valorizzati. Il progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione di Libera con OnData e Fondazione Tim.
A cura di Chiara Caraboni
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Si chiama Confiscati Bene 2.0 il primo portale pensato e creato per la promozione del riutilizzo dei beni confiscati alle mafie. Un progetto tutto italiano che si pone l'obiettivo di monitorare i patrimoni sottratti e sostenerne la valorizzazione. Presentato oggi a Roma, il progetto ha potuto materializzarsi grazie al lavoro dell’Associazione Libera in collaborazione con OnData e Fondazione Tim.

Il sito si ramifica in tre sezioni principali, che vanno a interpellare le tre fasce di interlocutori interessati e utili al monitoraggio dei beni: i cittadini, i gestori dei beni confiscati e la pubblica amministrazione. Per esempio, nella parte dedicata ai cittadini, si dà modo di partecipare attivamente grazie alla possibilità di comunicare eventi e notizie, si possono fare domande direttamente al comune e si può visitare un glossario che raccoglie tutte le terminologie più specifiche.

Gli obiettivi principali sono due: creare una raccolta di open data e generare delle comunità che abbiano il fine di occuparsi, interessarsi e operare sui beni confiscati per agevolare il loro riutilizzo per scopi sociali. Il tutto tramite il monitoraggio civico, il racconto di pratiche istituzionali e la promozione di progettualità degli enti gestori. Un lavoro fondato su "un approccio sistemico e di ampia scala: cerchiamo di intervenire in modelli di cambiamento che riescano in qualche modo a coprire tutto il territorio nazionale", ha infatti spiegato Loredana Grimaldi, direttore generale di Fondazione Tim. "Quello che noi abbiamo visto in questo progetto è il potenziale molto forte di andare a cambiare le regole del gioco, in territori che sono estremamente delicati e critici e di farlo partendo dalla partecipazione attiva dei cittadini con un modello di economia civica che oramai è imprescindibile per sanare tutti gli aspetti critici del nostro contesto", ha poi concluso. Questi, uniti al principio di trasparenza, hanno spinto le associazioni a creare un portale che raccoglie e presenta dati in forma open, aperta, quindi fruibili e aggiornati per promuovere il riutilizzo sociale dei beni sottratti alle organizzazioni criminali. Sia per quanto riguarda il patrimonio di per sé, che per la destinazione.

E questo è importante soprattutto se si guarda il contesto storico che sta attraversando l’Italia: con il decreto sicurezza di Matteo Salvini, infatti, si introduce la possibilità di vendita dei beni confiscati in caso di mancato riutilizzo. Questo consentirebbe alle organizzazioni, tramite vie traverse e prestanomi, di ricomprare ciò che era stato precedentemente confiscato. “Non basterebbe a contrastare questa possibilità l’informativa antimafia, servirebbero continue indagini ah hoc su ogni ipotetico destinatario. Si sottovalutano la forze mafiose”, ha infatti spiegato Franca Imbergamo, sostituto Procuratore della direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo. “La sfida più grande infatti è proprio fronteggiare la forza mafiosa sul bene, perché la sua confisca e il suo riutilizzo all’interno della società viene interpretato dalle organizzazioni come una sconfitta enorme”, ha detto la magistrata.

Riuscire a creare una rete informativa a riguardo è fondamentale, e lo ha sottolineato anche Giampiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio sulla legalità e la sicurezza della regione Lazio: “Il cambiamento noi lo abbiamo visto dopo la confisca di quattro ville del clan dei Casamonica. Il quartiere era spaesato e impaurito, convinto che ‘ci avrebbero fatto sparire’. Noi abbiamo continuato a lavorare, nonostante la forza intimidatoria. Un bando è stato vinto da genitori di ragazzi autistici e sarà un polo autistico. Con il crescere della consapevolezza i cittadini ora hanno meno paura di prendere in gestione i beni confiscati”, ha spiegato durante la conferenza stampa.

Oltre all’importanza delle testimonianze dirette degli addetti ai lavori, è importante capire anche perché è rilevante il ruolo dei dati: la disponibilità delle informazioni infatti permette di far comprendere la portata del fenomeno. “Una delle cose negative è che non sempre c’è un riutilizzo dei beni confiscati, è il motivo per cui un open data interattivo sarà sicuramente utile”, ha spiegato Stefano Caponi, responsabile informatico dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Insomma, utilizzare i dati per riutilizzare i beni. “È fondamentale mantenere una connessione tra i dati e le realtà istituzionali, mettendo a disposizione della collettività dati trasparenti e aggiornati”, ha commentato Simona De Luca, referente OpenCoesionem NUVAP e Dipartimento per le politiche di Coesione. “È un collegamento tra dati e storie”, ha detto invece Andrea Barruso, presidente dell’Associazione OnData.

Grazie alla legge 109 del 1996, tutti i beni confiscati alle organizzazioni criminali, ovvero beni mobili, immobili e aziendali, una volta sottratti vengono ridestanti all’utilizzo per fini sociali, mettendoli nelle mani di soggetti come associazioni, cooperative, comuni, province e regioni in grado di restituirli alla cittadinanza tramite servizi, attività di promozione sociale e lavoro. Sono 14.874 gli immobili confiscati In Italia che possono essere riutilizzati, e il 72% è destinato ai comuni.

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