L’assurda giustificazione di Vannacci dopo l’insulto sessista a Carola Rackete: “Gambe pelose sono una scelta”

Roberto Vannacci ha attaccato Carola Rackete, sua ormai ex collega all'Europarlamento con un classico esempio di cosiddetto body shaming – la derisione nei confronti di qualcuno per il suo aspetto fisico. Poi, sui social, si è difeso con un ragionamento traballante: "Se una signora mette deliberatamente in pubblica evidenza un decolleté prorompente" è perché "ne va particolarmente fiera e apprezza chi lo ripropone", quindi "se la stessa signora mette deliberatamente e pubblicamente in evidenza delle gambe pelose" è "una scelta" e sottolinearlo non "dovrebbe apparire sessista".
Le dimissioni di Rackete e il body shaming di Vannacci
La vicenda è nata dalle dimissioni di Rackete, attivista tedesca classe 1988, nota in Italia per essere stata capitana della Sea Watch e una delle persone-simbolo che la destra ha attaccato nella lotta alle persone migranti e all'immigrazione. Rackete, eletta con Die Linke nel gruppo The Left, ha dichiarato di voler "contribuire al rinnovo della sinistra", che era il suo "obiettivo" fin dall'inizio, vedendo "il mandato in modo collettivo". La sostituirà un collega di Die Linke, mentre la 37enne continuerà nel suo attivismo soprattutto per la crisi climatica.
La notizia ha attirato anche gli attacchi della destra. E non è mancato l'intervento di Vannacci, eletto al Parlamento europeo con la Lega, inizialmente da indipendente (poi è diventato un tesserato del partito). Sui propri profili social, Vannacci ha commentato: "Non ci mancherai! Ora speriamo che anche Ilaria Salis e Mimmo Lucano seguano l'esempio". Il riferimento era ai due eurodeputati eletti con Sinistra italiana.
A sollevare polemiche, però, è stata soprattutto l'immagine che Vannacci ha condiviso: in alto un titolo di giornale sulle dimissioni di Rackete, e subito sotto una foto delle gambe dell'europarlamentare. Un evidente riferimento al fatto che le gambe in questione non fossero depilate, e dunque fossero visibili dei peli.
Naturalmente è passato poco tempo prima che il post venisse accusato di body shaming e sessismo. D'altra parte, è difficile immaginare che l'eurodeputato leghista avrebbe condiviso una foto di peli delle gambe se a dimettersi fosse stato un collega uomo. L'intenzione era chiara, e rientrava perfettamente nella definizione di body shaming: offendere o deridere qualcuno per il suo aspetto fisico.
La giustificazione di Vannacci che non sta in piedi
Eppure, nonostante l'ovvio intento del suo post, Vannacci si è apparentemente risentito delle critiche. Invece di rivendicare l'immagine condivisa, si è nascosto dietro una giustificazione del tutto campata per aria: "Se una signora mette deliberatamente in pubblica evidenza un decolleté prorompente vuol dire che ne va particolarmente fiera e apprezza chi lo ripropone o lo ritrae altrettanto pubblicamente", ha scritto. Un'idea che parte già fallata, perché è evidente che non tutte le donne che indossano un abito scollato lo fanno con l'obiettivo di essere fotografate, o tantomeno di vedere quelle foto "riproposte o ritratte" online.
Ma Vannacci ha continuato la sua analogia surreale: "Se la stessa signora mette deliberatamente e pubblicamente in evidenza delle gambe pelose, mi spiega perché il ragionamento si dovrebbe invertire e la riproposizione di tale particolare estetico dovrebbe apparire sessista?". Proprio perché "si tratta di una scelta deliberata della signora, e non di una casualità sfortunata o di una circostanza accidentale, ne sto rispettando la volontà". Un ragionamento sostanzialmente privo di senso, con cui il generale ha finto di provare a nascondere quello che nei fatti è un insulto sessista.